Chi è il generale Dvornikov, boia della Siria mandato in Ucraina per esportare i suoi metodi brutali

È di fondamentale importanza saperne di più sull’uomo che lo “Zar” ha posto alla guida delle armate russe al posto dei generali defenestrati: il generale Alexander Dvornikov.

Chi è il generale Dvornikov, boia della Siria mandato in Ucraina per esportare i suoi metodi brutali
Dvornikov
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

12 Aprile 2022 - 14.13


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Il boia bussa sempre due volte. Per comprendere appieno ciò che ha in mente Vladimir Putin per la nuova fase della guerra in Ucraina, è di fondamentale importanza saperne di più sull’uomo che lo “Zar” ha posto alla guida delle armate russe al posto dei generali defenestrati: il generale Alexander Dvornikov.

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Il “salvatore” del macellaio di Damasco

A tratteggiare il ritratto più documentato sul boia in questione, è Yossi Melman, tra le firme più autorevoli del giornalismo israeliano quanto a cose di guerra.

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Scrive Melman su Haaretz: “Il rito di passaggio del gen. Alexander Dvornikov è stato un affare sanguinoso.Un attacco missilistico russo venerdì scorso ha ucciso più di 50 civili e ne ha feriti circa 300 in una stazione ferroviaria a Kramatorsk, Ucraina orientale. I funzionari statunitensi, tra cui il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, hanno indicato il generale sessantenne come il nuovo comandante supremo delle forze russe nel teatro di guerra ucraino. Lo hanno accusato di aver organizzato l’attacco, che ha usato gli stessi metodi militari brutali che ha impiegato in Siria durante la guerra civile.

Un ex alto funzionario militare israeliano, che ha studiato da vicino la strategia e le tattiche del generale russo in Siria, dice che Dvornikov ha mostrato determinazione e una certa sofisticazione militare nell’arena siriana. Tuttavia, ha anche dimostrato di essere un prodotto tipico della macchina invecchiata, rigida e burocratica dell’esercito russo.

“Non sono sicuro che sarà il salvatore della vacillante campagna russa in Ucraina”, dice il funzionario. Alexander (alias Aleksander) Vladimirovich Dvornikov è nato a Ussuriysk nell’agosto 1961, entrando nell’esercito sovietico all’età di 17 anni. La sua prima esperienza militare come giovane ufficiale di medio livello è stata plasmata dai traumatici anni del “crepuscolo” tra il crollo dell’Unione Sovietica alla fine degli anni ’80 e la nascita della Federazione Russa nei primi anni ’90. Dopo aver servito in unità in Estremo Oriente, si è laureato alla prestigiosa Accademia Militare Frunze.

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Ha poi servito e avanzato nelle forze di terra, comandando formazioni mobili corazzate e carri armati. Ha avuto poca esperienza di combattimento reale fino a quando, nel settembre 2015, è stato inviato a guidare le forze russe e salvare il regime assediato del presidente siriano Bashar Assad. l contingente russo era relativamente piccolo – non più di qualche migliaio di persone, ma Dvornikov lo adattò abilmente all’arena siriana.

Secondo l’ufficiale israeliano, la strategia del generale era basata sull’uso della superiorità aerea russa per bombardare indiscriminatamente i centri urbani. L’obiettivo era quello di causare più danni possibili, e di terrorizzare i civili e seminare la paura tra i gruppi ribelli. Dvornikov e i suoi subordinati anziani non esitavano a prendere di mira ospedali, scuole e siti umanitari. Dvornikov assegnò anche ufficiali di collegamento e consiglieri russi per addestrare le milizie siriane, iraniane, Hezbollah e sciite filo-iraniane, e per scatenarle in battaglie brutali e atroci. Ha anche inviato i mercenari del famigerato Gruppo Wagner. Questi metodi combinati avrebbero portato alla fine alla vittoria di Assad.

Allo stesso tempo, osserva l’alto funzionario militare israeliano, il generale russo e il suo staff di alto livello sono stati abbastanza ragionevoli da non sforzare le limitate capacità della Russia, impegnandosi in inutili scontri con l’aviazione israeliana e l’esercito turco.

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Entro un anno dal dispiegamento, il regime di Assad è stato stabilizzato e Dvornikov è tornato in trionfo in Russia con decorazioni e lodi dal presidente Vladimir Putin. È stato onorato per i suoi servizi nel 2016 come “eroe della Federazione Russa”.

In seguito, ha servito principalmente nella regione del Donbas, nell’Ucraina orientale e meridionale – zone che sono state occupate dalla Russia dalla sua invasione nella primavera del 2014.

Nuova direzione

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Nominando Dvornikov, Putin ha involontariamente ammesso il fallimento della sua campagna militare iniziale in Ucraina. La mancanza di un comando coeso è parzialmente responsabile dell’incapacità della Russia di conquistare la capitale, Kiev. Era uno dei tre o quattro comandanti incaricati dell’invasione che si sono trovati ad agire senza una chiara gerarchia militare. La decisione di Putin può indicare la direzione in cui vuole portare la guerra.

In altre parole, Putin ha abbandonato la sua speranza di conquistare, in stile guerra lampo, l’intera Ucraina. Ora è pronto ad accontentarsi di tagliare grandi porzioni del paese che confinano con la Russia, soprattutto a est e a sud, al fine di stabilire corridoi territoriali.

Putin crede e spera che il suo generale di punta ripeterà i suoi successi in Siria. Ma il funzionario israeliano nota che le differenze tattiche che possono sfidare l’esperienza di Dvornikov: A differenza della Siria, non può basare la sua campagna sulla superiorità aerea; né può contare su proxy significativi sul campo di battaglia.

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Tuttavia, le esperienze della Siria e del Donbas possono portare Dvornikov a concludere che una campagna prolungata di logoramento contro i civili, presa dal playbook siriano – utilizzando una vasta potenza di fuoco di missili, razzi, proiettili di artiglieria e bombardamenti aerei – può nel tempo raggiungere gli obiettivi di Putin, anche senza una tecnologia militare molto avanzata come quella di cui dispongono l’Occidente e Israele”.

Così Melman.

Battaglia finale in Donbass

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Per cogliere la portata strategica della battaglia del Donbass, ci vengono in soccorso due importanti contributo.

Il primo è di Pietro Batacchi, direttore di Rid (Rivista italiana difesa), tra i più seri analisti militari italiani.

Scrive Batacchi: “E’ iniziata ormai la decisiva battaglia del Donbass. Alcune unità russe ritirate dal nord, e ricostituite/rigenerate, hanno raggiunto il fronte del Donbass, anche se il grosso resta ancora in Bielorussia e nelle aree russe di Bryansk e Kursk. Si parla soprattutto di reparti della 4ª Divisione Carri e della 90ª Divisione Carri, mentre il grosso convoglio avvistato ieri a circa 100 km a nord di Izyum e 90 km a est di Kharkiv dovrebbe essere costituito in gran parte da elementi della 76ª Divisione di Assalto Aereo. Detto ciò, ci vorrà probabilmente ancora una settimana/10 giorni prima che Mosca riesca a ridistribuire in maniera consistente le proprie forze nel Donbass e a Kharkiv senza per questo indebolire i presidi nelle aree in Russia e Bielorussia che confinano con gli oblast di Kiev, Sumy e Cernihiv sgombrati, ormai da una decina di giorni, “fissando” il maggior numero di truppe ucraine possibile.

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La pressione nel Donbass è tuttavia aumentata già da almeno un paio di giorni, soprattutto sottoforma di attacchi aerei e di artiglieria. L’obbiettivo delle forze russe in questo momento è “alleggerire” le difesa ucraine nel Donbass – apprestamenti estremamente ben organizzati, difesi e rinforzati da capisaldi con bunker e opere in cemento, difficilmente sfondabili da attacchi frontali – cercare di interdire il riposizionamento delle forze ucraine e le linee di comunicazione (in particolare l’autostrada M03 e la linea ferroviaria che da Kiev raggiungono Slaviansk e Kramatorsk), e colpire depositi di carburante e i siti di stoccaggio degli aiuti occidentali.

In questo, i Russi sembrano aver migliorato un po’ l’intelligence sul terreno: il tempo ha permesso di infiltrare “sabotatori” e unità di forze speciali e del GRU in profondità (a dimostrazione che un certo tipo di guerra non era attesa dagli Alti Comandi di Mosca…), ma in quest’area del Paese i Russi possono sfruttare pure l’alta percentuale di Russofoni.

Con la manovra, poi, cercheranno probabilmente di tagliare fuori le forze ucraine in Donbass, in particolare nel “triangolo” Sloviansk, Kramatorsk, Severedonetsk. Allo stesso tempo, l’altro obbiettivo strategico è completare la conquista di Mariupol, da dove passa l’autostrada M14 Odessa-Rostov: in questo momento le ultime 2 sacche di resistenza ucraine in città sono il porto, anche se da qualche ore le forze russe e filo-russe ne hanno annunciato la completa cattura, e le acciaierie AzovStal.

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Si tratta di uno scenario molto difficile e congestionato, per la ricchezza degli appostamenti difensivi e degli ostacoli che può porre, e pieno di trappole esplosive di ogni genere: non a a caso i Russi stanno impiegando in maniera sostenuta attacchi aerei e artiglieria; da segnalare l’impiego dei mortai pesanti semoventi da 240 mm 2S4 Tyulpan (che sparano proietti da 130 kg caricati con 32 kg di alto esplosivo) e dei veicoli cingolati per lo sminamento UR-77 Meteorit”.

Fin qui il direttore di Rid

I due obiettivi di Mosca

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Altro contributo di particolare rilevanza viene da Il Post.

“La decisione di concentrarsi sul Donbass – rimarca un documentato report –  era stata presa dal governo russo dopo le sconfitte militari  subite in particolare nel nord dell’Ucraina, nelle regioni di Kiev e Chernihiv, che avevano spinto la Russia a ordinare il ritiro delle proprie truppe. Sia la Russia che l’Ucraina stanno mandando soldati e armi verso il Donbass, dove si prevede verrà combattuta una guerra diversa da quella che si è vista finora, che almeno in parte ha visto prevalere inaspettatamente gli ucraini (in parte perché nel sud e nell’est la Russia è riuscita a guadagnare terreno): diversi analisti sostengono che in questa nuova fase a partire avvantaggiati saranno i russi, e che sarà difficile per l’Ucraina resistere, a meno che non cambino un po’ di cose.

Attualmente il Donbass è controllato un pezzo della Russia e un pezzo dell’Ucraina.

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Le forze russe controllano anzitutto le due repubbliche autoproclamate di Luhansk e Donetsk, cioè quei territori dove nel 2014 gruppi ribelli separatisti e filorussi iniziarono una guerra contro i soldati ucraini e, appoggiati dal governo di Mosca, dichiararono la loro autonomia. Questi territori non corrispondono però alle regioni geografiche di Donetsk e Luhansk (entrambe fanno parte del Donbass), su cui la Russia dall’inizio della guerra ha ulteriormente esteso il suo controllo, senza però riuscire a conquistarle per intero. Per prenderne il controllo totale, la Russia sembra stia dando priorità a due obiettivi.

Il primo è completare la conquista di Mariupol, città meridionale ormai assediata e bombardata intensamente da settimane, il cui controllo permetterebbe alla Russia di collegare senza interruzioni le due repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk con la Crimea, penisola che i russi annessero nel 2014.

Non sembra che Mariupol abbia possibilità di resistere all’assalto russo: nelle ultime ore le forze russe sono riuscite a dividere il centro dalla costa, infliggendo un colpo duro alla resistenza ucraina. La caduta della città sembra ormai questione di giorni.

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L’altra priorità militare della Russia è congiungere le forze russe che si stanno spostando nella città di Izyum, da poco conquistata dai russi, con quelle che si trovano nell’autoproclamata repubblica di Luhansk. L’idea russa sembra essere quella di avanzare verso sud da Izyum, conquistare Sloviansk e poi arrivare nei territori dell’autoproclamata repubblica di Luhansk, sotto il controllo dei russi. In questo modo la Russia riuscirebbe anche a isolare le unità ucraine a est di questa linea, che rimarrebbero isolate e circondate dai russi.

Negli ultimi giorni i russi non hanno fatto progressi significativi nelle regioni di Donetsk e Luhansk, ma hanno continuato a mandare rinforzi. Le immagini satellitari scattate l’8 aprile dalla società statunitense Maxar Technologies hanno mostrato per esempio una colonna di centinaia di mezzi militari russi nella regione di Kharkiv, al nord dell’Ucraina, diretta verso Izyum. Il governo russo sta inoltre offrendo incentivi specifici alle truppe ritirate delle zone del nord per tornare a combattere nel Donbass.

In generale, la Russia sembra partire notevolmente avvantaggiata nel Donbass, soprattutto perché qui non sembrano esserci le condizioni che hanno indebolito i russi e favorito la resistenza durante le prime settimane di guerra.

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Nel Donbass, sostengono numerosi esperti, si combatteranno probabilmente battaglie molto più convenzionali, con un impiego massiccio di carri armati, artiglieria e aerei da guerra in territori piatti e brulli, dove sarà molto più difficile per gli ucraini organizzare imboscate e agguati e neutralizzare la notevole superiorità militare russa.

Le linee di rifornimento, la cui difesa era stata uno dei problemi più grossi er i russi nell’offensiva alla regione di Kiev, saranno inoltre più corte, e sarà più facile difenderle. Dmytro Kuleba, ministro degli Esteri ucraino, ha detto che la battaglia per il Donbass «ricorderà la Seconda guerra mondiale, con le sue grandi operazioni e manovre, il coinvolgimento di migliaia di carri armati, mezzi corazzati, aerei e artiglieria».

È per questa ragione che l’Ucraina ha iniziato a chiedere alla Nato l’invio di armi pesanti, finora escluse dagli aiuti militari a favore di altre tipologie di armamenti, come i missili anticarro Javelin e gli antiaerei Stinger. Ad oggi solo la Repubblica Ceca ha dato carri armati all’Ucraina. È possibile che l’esito della battaglia per il Donbass dipenderà in parte dal tipo di armi che l’Ucraina riuscirà a farsi mandare dall’Occidente, sia quelle che l’esercito ucraino sa già usare sia quelle che richiedono una fase di addestramento (negli Stati Uniti si sta discutendo anche di questo secondo tipo.

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Le forze russe possono contare inoltre su una maggiore cooperazione delle autorità locali ucraine di alcune città del Donbass, dove la vicinanza con la Russia è tradizionalmente più forte rispetto alle aree settentrionali del paese. Nella regione di Luhansk, per esempio, quattro sindaci, tra cui quello di Rubizhne (sul fronte di guerra), hanno iniziato a collaborare con l’esercito russo. La Russia sembra anche poter superare un altro problema che aveva condizionato le sconfitte delle prime settimane di guerra, cioè le ridotte comunicazioni e lo scarso coordinamento tra i comandanti responsabili delle singole offensive militari. Ora è stato nominato un capo di tutte le operazioni, il generale Aleksandr Dvornikov, a capo delle forze meridionali responsabili delle operazioni in Donbass.

Il giornalista Yaroslav Trofimov ha scritto sul Wall Street Journal che diversi funzionari occidentali e ucraini dicono che i tempi della prossima grande offensiva militare saranno di fatto decisi dai russi. Sarà quindi la Russia a valutare se attaccare immediatamente o aspettare qualche settimana in modo da riorganizzarsi e spostare tutti i mezzi e i soldati di cui ritiene avrà bisogno. Non è chiaro nemmeno se il governo russo sia intenzionato a fermarsi al controllo del Donbass o se vorrà riprovare a conquistare tutta l’Ucraina, inclusa Kiev”, conclude Il Post.

E a guidare la battaglia del Donbass, Putin ha chiamato il generale che ha spianato la Siria. E il suo popolo.

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