In tv i giornalisti al soldo di Putin mentre chi dice la verità va in galera: storia di Maria Ponomarenko

Una corte di San Pietroburgo - come racconta un video che ha fatto il giro del mondo - ha condannato Maria Ponomarenko, giornalista di Rosnews per aver riportato su Telegram la notizia dei civili rifugiati all'interno del teatro di Mariupol

In tv i giornalisti al soldo di Putin mentre chi dice la verità va in galera: storia di Maria Ponomarenko
Maria Ponomarenko
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

28 Aprile 2022 - 14.30


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Ospitare giornalisti di regime più putiniani di Putin, che da ospiti fissi di trasmissioni televisive, del Servizio Pubblico e non, promuovono la linea dello zar Vladimir, è inaccettabile eticamente, uno schiaffo ai giornalisti che in Russia pagano con la vita o con la galera la difesa della libertà di opinione. 

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Mentre su Rai3, in prima serata, puntualmente si offre spazio ad una giornalista che è la voce del “Ministero della Guerra” di Mosca, a San Pietroburgo una coraggiosa giornalista è trascinata in manette davanti ai giudici di Putin. In Russia, in questi giorni, in queste ore, si fa sempre più serrato il controllo dell’informazione. 

Una corte di San Pietroburgo – come racconta un video che ha fatto il giro del mondo – ha condannato Maria Ponomarenko, giornalista di Rosnews (un networdk indipendente) per aver riportato su Telegram la notizia dei civili rifugiati all’interno del teatro di Mariupol bombardato dall’esercito russo. 

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La giornalista sarà tenuta in custodia cautelare fino al 22 giugno e rischia fino a 10 anni di carcere per la diffusione di quelle che il regime si ostina a considerare “fake news”. La Ponomarenko aveva coperto precedentemente anche le proteste a Novosibirsk e San Pietroburgo contro l’invasione russa dell’Ucraina. Nel mondo, si moltiplicano gli appelli per la sua liberazione. 

Il suo arresto, come sottolinea Novaya Gazeta, non è certo un caso isolato. Lo scorso 22 aprile la corte di Mosca ha arrestato l’attivista politico Vladimir Kara-Murza per diffusione di “false informazioni”, stessa sorte toccata, appena qualche giorno prima all’artista Sasha Skochilenko. L’accusa? Quella di aver rimpiazzato i cartellini con i prezzi di vari supermercati con informazioni sui civili uccisi nella guerra in Ucraina. 

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