La guerra del gas, l'Europa e lo spettro di rimanere senza energia
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La guerra del gas, l'Europa e lo spettro di rimanere senza energia

Da mercoledì mattina, 27 aprile, la Russia ha chiuso  i rubinetti delle condutture che portano il suo gas e Polonia e Bulgaria. 

La guerra del gas, l'Europa e lo spettro di rimanere senza energia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

28 Aprile 2022 - 14.53


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Annunciata da tempo, da ieri è realtà. È scoppiata la guerra del gas. Il Cremlino inizia una nuova escalation, stavolta non sul campo di battaglia ma sul fronte energetico. 

Da mercoledì mattina, 27 aprile, la Russia ha chiuso  i rubinetti delle condutture che portano il suo gas e Polonia e Bulgaria. 

Gazprom ha informato, 24 ore prima, le aziende energetiche dei due Paesi che le consegne sarebbero state sospese. E così è stato. 

Schizzano i prezzi

La notizia ha fatto letteralmente schizzare il prezzo del gas naturale in Europa, che al Ttf, l’hub olandese di riferimento, è tornato per la prima volta da diverse settimane ben oltre la soglia dei 100 euro per megawattora e aumenta fino al 17%. Per poi ripiegare solo a fine giornata al +7% a 99,18 euro. 

Attualmente il 55% delle importazioni di gas della Polonia proviene dalla Russia, ma Varsavia ha già adottato diverse misure per ridurre la propria dipendenza, tra cui l’espansione di un terminal aSwinoujscie, nel nord-ovest della Polonia, e la costruzione di un nuovo gasdotto dalla Norvegia. La ministra del Clima e dell’ambiente polacca Anna Moskwa ha reagito con un tweet di rassicurazione ai cittadini: “Abbiamo le riserve e le fonti di approvvigionamento necessarie per proteggere la nostra sicurezza: da anni siamo effettivamente indipendenti dalla Russia”. 

Resta da vedere se si tratta di un messaggio trasversale alle grandi capitali oppure Mosca – per cui la Ue è comunque il maggiore acquirente di gas – intende alzare ulteriormente la tensione coinvolgendo via via altri Paesi europei, con un evidente rischio boomerang sull’afflusso di valuta estera da convertire poi in quella nazionale per sostenerne il corso. 

E resta da capire come reagiranno le altre cancellerie europee e Bruxelles. Solo quattro giorni fa la Commissione europea aveva informato le aziende del Vecchio continente che possono continuare a effettuare in euro o in i dollari perché la parte finale dell’iter, quella che prevede la conversione nella valuta di Mosca, “è interamente nelle mani delle autorità russe”.

Anche la Bulgaria nel mirino

Se Varsavia rischia la canna del gas, Sofia non se la passa  meglio. La Russia ha sospeso la fornitura di gas alla Bulgaria per le stesse ragioni della Polonia. Lo ha reso noto il ministero dell’Energia della Bulgaria, affermando che Gazpromha informato Bulgargaz che interromperà la fornitura di gas dal 27 aprile”. 

La decisione segue il rifiuto della Bulgaria di pagare il gas in rubli. Sofia afferma di avere pienamente adempiuto ai propri obblighi di pagamento del gas e dopo un’analisi della società statale Bulgargaz e della Bulgarian Energy Holding, è emerso che la nuova procedura di pagamento in due fasi proposta dalla parte russa non è conforme al contratto valido fino a fine anno e comporta rischi significativi per la parte bulgara, incluso effettuare pagamenti senza ricevere gas dalla parte russa”.

La risposta di Bruxelles

È l’ennesimo tentativo della Russia di utilizzare il gas come strumento di ricatto” e “questo è ingiustificato e inaccettabile”, commenta a caldo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

“Siamo preparati per questo scenario e stiamo delineando la nostra risposta coordinata dell’Ue. Gli europei – ha aggiunto – possono confidare che restiamo uniti e solidali con gli Stati membri colpiti”.

“Gli Stati membri hanno messo in atto piani di emergenza proprio per questo scenario e abbiamo lavorato con loro in coordinamento e solidarietà- ha spiegato ancora von der Leyen – Continueremo inoltre a collaborare con partner internazionali per garantire flussi alternativi” e “con i leader europei e mondiali per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico in Europa”, ha concluso la presidente.

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Nel corso della giornata di ieri altri leader europei hanno condannato la decisione russa. “È chiaro che al momento il gas naturale è usato come un’arma politica ed economica nella guerra in corso”, ha commentato il ministro dell’energia bulgaro Alexander Nikolov. Il primo ministro polacco ha parlato di “imperialismo del gas”. Entrambi i Paesi colpiti possono fare a meno del gas russo, hanno spiegato i rispettivi governi. Mentre il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha insistito che la Russia rimane un fornitore affidabile e che non sta ricattando i Paesi europei.

Corsa ai rimedi

Ma le rassicurazioni di Peskov non rassicurano neanche un po’ i destinatari. Le capitali europee si stanno preparando per ogni evenienza, nei limiti del possibile vista la fortissima dipendenza di Paesi come Germania e Italia dal gas russo. Il ministro tedesco dell’Economia e del Clima della Germania Robert Habeck, che si trova in visita ufficiale proprio a Varsavia, ha fatto sapere che il suo Paese è “molto vicino all’indipendenza dal petrolio russo”. 

E forse è questo il motivo per cui il sesto pacchetto di sanzioni europee a Mosca, che dovrebbe comprendere proprio l’embargo sul petrolio, sembra destinato a slittare alla prossima settimana. Il vicecancelliere ha ipotizzato che possa bastare poco per trovare un’alternativa all’ultima raffineria tedesca che si rifornisce di petrolio russo, quella di Schwedt an der Oder:

“Spero solo pochi giorni”, ha detto Habeck dopo un incontro con la collega polacca Anna Moskwa. Nelle scorse settimane il numero due del governo Scholz aveva sostenuto che la Germania sarebbe stata autonoma dal petrolio di Mosca entro la fine dell’anno. Proprio la collaborazione con la Polonia sarà cruciale per raggiungere la definitiva indipendenza dal petrolio russo. Habeck ha spiegato che nelle otto settimane dall’inizio della guerra la quota del petrolio russo è scesa dal 35% al 12% dell’import complessivo tedesco.

Scenario inquietante

È quello tratteggiato da Il Post in un report molto dettagliato.

“Se il governo russo decidesse come rappresaglia di interrompere le forniture di gas, in risposta a un duro scontro politico o addirittura militare con l’Europa – rimarca il report –  le conseguenze sarebbero estremamente serie. Questo è un argomento spesso usato dai più scettici in Europa nei confronti di uno scontro con la Russia, che ha delle ragioni ma fino a un certo punto. Il sistema di scorte europeo è infatti piuttosto resiliente e, come ha scritto l’Economist, sarebbe in grado di sostenere un taglio alle forniture anche abbastanza prolungato. Ma la dipendenza dell’Europa dal gas russo è innegabile, e senza dubbio uno scontro sulle forniture energetiche causerebbe seri problemi.

L’Italia, poi, è particolarmente dipendente dal gas russo. Secondo i dati del ministero della Transizione ecologica, nel 2020 il 43,3 per cento del gas naturale importato dall’Italia proveniva dalla Russia, che è di gran lunga il primo fornitore di gas nel paese. Nelle forniture italiane hanno anche un grosso peso l’Algeria (22,8 per cento), la Norvegia e il Qatar (entrambi attorno al 10 per cento). Se la Russia decidesse di interrompere del tutto le forniture di gas, l’Italia perderebbe quasi la metà delle sue importazioni.

Nel 2020, in Italia, il gas naturale corrispondeva al 31 per cento del totale dell’energia consumata nel paese. È quasi tutto gas importato: la produzione interna corrisponde a meno del 10 per cento del totale.

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In Europa la situazione è più varia, ma la dipendenza dal gas russo è comunque notevole. Il grande paese più esposto è certamente la Germania, che importa dalla Russia circa la metà del suo gas, mentre in altri stati più piccoli, come l’Austria e la Slovacchia, la dipendenza è ancora maggiore.

La Francia è invece relativamente meno esposta, soprattutto grazie al suo ampio uso dell’energia nucleare. Questo non significa, tuttavia, che l’Europa sia irrimediabilmente sotto il ricatto energetico della Russia.

Anzitutto – continua Il Post – perché il ricatto funziona da entrambe le parti: come l’Europa ha bisogno del gas russo, la Russia ha bisogno delle enormi entrate che ottiene dalla sua vendita. Secondo l’Ocse, circa il 40 per cento del budget dello stato russo dipende dai ricavi delle esportazioni di gas e petrolio. 

È per questo che, benché l’Europa dipenda dal gas russo ormai da decenni, il paese non ha mai interrotto le sue forniture, nemmeno nei periodi più conflittuali della Guerra fredda.

In ogni caso, negli ultimi anni sia la Russia sia l’Europa si sono mosse per ridurre quanto possibile la loro duplice dipendenza.

L’Economist qualche giorno fa ha provato a raccogliere dati e analisi per cercare di capire cosa succederebbe se la Russia decidesse davvero di interrompere le sue forniture di gas per i prossimi tre mesi (con l’arrivo della primavera, la necessità di gas per scaldare gli edifici si riduce, e il suo valore come arma di ricatto si annulla). Il risultato è che, benché l’interruzione sarebbe un colpo duro sia per l’economia russa sia per quella europea, non sarebbe catastrofico per nessuna delle due.

Per Gazprom, la società di stato russa che gestisce l’estrazione e l’esportazione del gas naturale, interrompere le vendite di gas all’Europa significherebbe perdere tra i 203 e i 228 milioni di dollari al giorno: in tre mesi, le perdite ammonterebbero a 20 miliardi. È una somma enorme, che però sarebbe abbastanza facile da ripianare per la Russia, la cui banca centrale ha riserve per 600 miliardi di dollari.

Per Gazprom, tuttavia, interrompere le forniture costituirebbe anche un gravissimo problema di reputazione: anche a crisi terminata, diventerebbe molto più difficile stipulare nuovi contratti non soltanto con i paesi europei, ma anche con altri grossi paesi come la Cina, che potrebbero voler evitare di fare affari con un partner inaffidabile.

Inoltre grandi e importanti progetti infrastrutturali, come il gasdotto Nord Stream 2, potrebbero considerarsi cancellati se davvero la Russia decidesse di colpire l’Europa tagliando il gas: il business di Gazprom in Europa e non solo sarebbe compromesso, forse definitivamente.

Per l’Europa, invece, l’interruzione delle forniture di gas russo non significherebbe trovarsi senza elettricità e riscaldamento da domani. Tutti i paesi, anche l’Italia, hanno significative scorte di gas, che si sono ridotte negli ultimi tempi ma che potrebbero comunque consentire di sopperire alle mancate importazioni russe per qualche mese (tra i due e i quattro, a seconda delle stime e a seconda della rigidità dell’inverno).

Inoltre, l’Europa potrebbe attivarsi piuttosto rapidamente per cercare forniture alternative. Una delle più probabili è il cosiddetto Gnl, cioè lo stesso prodotto compresso, raffreddato e reso liquido, che può essere trasportato via nave e non ha bisogno dei gasdotti. L’Europa ha un’ampia capacità largamente inutilizzata di rigassificatori (gli impianti che servono a riportare il Gnl allo stato gassoso per essere utilizzato come fonte energetica) che consentirebbero di ridurre in parte gli effetti del taglio delle forniture russe.

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Negli ultimi giorni il governo americano, consapevole della debolezza europea sul piano energetico, ha avviato un piano d’emergenza sostituire le importazioni di gas dalla Russia con Gnl proveniente dagli stessi Stati Uniti o da altri paesi come il Qatar e trasportato via nave, se ce ne fosse bisogno. Per ora tuttavia questo piano è piuttosto vago, e serve soprattutto a rassicurare i leader europei sul fatto che non saranno lasciati soli a sostenere le conseguenze di un’eventuale rappresaglia energetica della Russia.

Per l’Europa, dunque, il problema non sarebbe tanto di forniture quanto di prezzi: sostituire parte delle importazioni di gas russo è fattibile, con molti sforzi, ma l’aumento dei costi sarebbe significativo – e questo avverrebbe in un momento in cui il mercato è già in crisi, e i prezzi dell’energia sono ai massimi da anni. Ciò comporterebbe, probabilmente, la necessità di sostegni pubblici molto più ingenti di quelli già messi in atto dai governi”. Così Il Post.

Che il gas sia un’arma nella guerra russa in Ucraina è ormai certo. E che l’Europa, che sta combattendo a colpi di sanzioni contro Mosca a di forniture militari a Kiev, sia il bersaglio di Putin dopo l’Ucraina è altrettanto reale.

Annota Violetta Silvestri su Money.it: “I mercati azionari europei scambiano deboli e i prezzi del gas in Europa sono in aumento, da quando i trader hanno calcolato il rischio che altri Paesi vengano colpiti successivamente dallo stop nelle forniture, alimentando le preoccupazioni per un ulteriore aumento dell’inflazione.

I futures olandesi di riferimento del gas sono saliti del 24% a 127,50 euro per megawattora stamane, il livello più alto dal 1 aprile.

Non solo Europa: i prezzi globali del gas verso l’impennata

Qualsiasi mossa di Mosca contro il gas diretto all’Europa avrà ripercussioni molto più ampie.

Gli importatori di gas naturale liquefatto in Asia, per esempio, si stanno preparando a prezzi spot più elevati poiché la mossa della Russia di tagliare alcune forniture all’Europa è pronta a rafforzare ulteriormente il mercato globale.

Si prevede che i tassi spot del Gnl dell’Asia settentrionale aumenteranno anche per i timori che l’Europa si riverserà su questo mercato. L’invasione russa sta esacerbando una crisi energetica mondiale, portando i prezzi del Gnl e del carbone a livelli record e aumentando i timori di inflazione.

L’Europa sta già ritirando la maggior parte della fornitura di gas naturale liquefatto di riserva dagli Stati Uniti e da altri esportatori vicini. Tuttavia, i terminali di importazione di Gnl europei stanno operando vicino alla capacità massima, il che potrebbe limitare la quantità di approvvigionamento spot in più che le utility della regione possono acquistare.

Inoltre, l’allarme Covid in Cina sta frenando la domanda del dragone, mentre acquirenti giapponesi della Corea del Sud sembrano riluttanti in acquisti maggiori per i prezzi troppo elevati.

Ad ogni modo – conclude  Silvestri – è caos gas. Per l’Europa e per il mercato mondiale”.

Un caos che rischia di aggravarsi con il protrarsi della guerra. Ma questo non interessa affatto Washington. Anzi, la chiusura da parte russa dei rubinetti del gas all’Europa, è vista di buon occhio dall’altra sponda dell’Atlantico. Per ragioni di carattere geopolitico e militare, ed anche, e per certi versi soprattutto, perché l’America è pronta a sostituire la Russa come erogatrice di gas all’Europa. A prezzi quattro volte superiori. Alla faccia del buon alleato.

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