È atterrata a Sharm el-Sheikh stamattina per la Cop27 Sanaa Seif, la sorella più giovane dell’attivista egiziano Alaa Abdel Fattah, che dopo oltre 6 mesi di sciopero della fame in carcere consumando solo 100 calorie al giorno ha deciso di intensificare la protesta questa settimana e ieri, in coincidenza con il primo giorno di summit sul clima, ha iniziato anche lo sciopero della sete. «Sono qui per fare del mio meglio per provare a portare luce sul caso di mio fratello e per salvarlo», ha detto Seif al suo arrivo.
Domenica Alaa «ha preso l’ultimo bicchiere d’acqua, quindi è questione di ore. Sono molto preoccupata. Sono qui anche per fare pressione sui leader mondiali che verranno», ha aggiunto Sanaa Seif, che è arrivata con un volo da Londra passando per Istanbul. Alaa Abdel Fattah, principale attivista egiziano per i diritti e icona della rivolta di piazza Tahrir, ha anche cittadinanza britannica e nelle ultime settimane la sorella Seif, anche lei con cittadinanza britannica, ha tenuto un sit-in davanti alla sede del Ministero degli Esteri britannico nell’ambito di una campagna di sensibilizzazione per spingere il Regno Unito a intervenire sul caso del fratello.
Ieri la famiglia di Alaa Abdel Fattah ha pubblicato una lettera ricevuta dal primo ministro britannico Rishi Sunak, che parteciperà alla Cop27, in cui si legge che il summit globale sarà un’opportunità per sollevare il caso di Abdel Fattah «con la leadership egiziana». Sunak «continuerà a sottolineare al Presidente (Al-Sisi ndr.) l’importanza che attribuiamo alla rapida risoluzione del caso di Alaa e alla fine del suo inaccettabile trattamento», si legge ancora. L’ufficio del primo ministro ha confermato il contenuto della lettera. È atteso che Sanaa Seif intervenga sulla situazione dei diritti umani in Egitto a margine della Cop27 insieme alla segretaria generale di Amnesty International, Agnes Callamard.
Seif, anche lei difensora dei diritti, incarcerata per un anno con l’accusa di aver diffuso notizie false e insultato un ufficiale di polizia, si concentrerà sul caso di suo fratello e di altri attivisti incarcerati. Callamard ieri dal Cairo ha lanciato un appello dicendo che i Sharm El Sheikh rischiano di essere macchiati dalla morte del principale attivista egiziano per i diritti, Alaa appunto, se le autorità egiziane non lo rilasceranno entro pochi giorni.
Il governo – ha detto Callamard – ha non più di 72 ore per salvare la vita del dissidente in carcere, che ha anche la cittadinanza britannica. Alaa Abdel-Fattah proviene da una famiglia di noti attivisti egiziani ed è salito alla ribalta con le rivolte pro-democrazia che nel 2011 hanno attraversato il Medioriente e in Egitto hanno rovesciato il presidente di lunga data Hosni Mubarak. L’attivista ora 40enne ha trascorso la maggior parte dell’ultimo decennio dietro le sbarre e la sua detenzione è diventata un simbolo del ritorno dell’Egitto a un governo autocratico. Ad aprile la famiglia di Abdel Fattah ha annunciato che ha ottenuto la cittadinanza britannica grazie alla madre, Laila Soueif, docente di matematica all’Università del Cairo e nata a Londra. La famiglia ha criticato i leader del Regno Unito per non aver insistito di più per ottenere una visita consolare per Abdel-Fattah nella struttura di detenzione.