Tunisia: i pogrom di migranti scatenati dall'autocrate Saied sostenuto dall'Italia
Top

Tunisia: i pogrom di migranti scatenati dall'autocrate Saied sostenuto dall'Italia

Il presidente Kais Saied ha usato toni duri verso l'immigrazione irregolare, soffiando di fatto su un fuoco mai sopito

Tunisia: i pogrom di migranti scatenati dall'autocrate Saied sostenuto dall'Italia
Preroll

Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

6 Luglio 2023 - 18.46


ATF

Tunisia, la caccia ai migranti si trasforma in pogrom. Il centro del quale è a Sfax.

Caccia ai migranti

Scrive Tommaso Coluzzi su fanpage.it: “Non si ferma l’ondata di violenze in Tunisia, a Sfax, dove continuano gli scontri tra la popolazione residente e i migranti subsahariani. Per la terza notte consecutiva la tensione è stata altissima, con pneumatici bruciati, strade bloccate e sassaiole tra gruppi rivali. I tunisini chiedono alle autorità di espellere dal Paese i migranti irregolari, arrivati dall’Africa subsahariana per provare a raggiungere l’Europa via mare. La polizia locale è dovuta intervenire più volte per provare a sedare gli scontri, al momento senza successo.

Gli scontri sono cominciati dopo l’uccisione di un uomo tunisino di quarant’anni, accoltellato da un gruppo di migranti. Il Procuratore di Sfax ha disposto la custodia cautelare per tre persone provenienti dal Camerun, mentre un altro indagato è attualmente in fuga. Dopo i funerali dell’uomo, però, è scoppiata la rivolta e si è alzato il livello della violenza nella periferia della città tunisina, diventata negli anni un punto di riferimento per i migranti che vogliono provare la traversata di fortuna. In tanti arrivano lì e aspettano anni prima di riuscire a tentare il viaggio, rimanendo relegati ai margini della società.

Il presidente Kais Saied ha usato toni duri verso l’immigrazione irregolare, soffiando di fatto su un fuoco mai sopito: “La Tunisia non accetta che chi non rispetta le sue leggi risieda sul suo territorio, né che sia Paese di transito o terra di reinsediamento per i cittadini di alcuni Paesi africani”, ha detto il presidente, senza provare a usare toni distensivi. Negli ultimi giorni sono stati fermati almeno 300 migranti subsahariani.

“In Tunisia, dopo una perquisizione in una casa a Sfax, 48 persone sono state arrestate, e 20, tra loro, sono state espulse in Libia dai militari tunisini – fa sapere l’ong Alarm Phone – Ora si trovano nella regione di confine e chiedono urgentemente aiuto: sono stati minacciati da uomini armati, denaro e cibo sono stati portati via, i loro telefoni cellulari sono stati distrutti”. Tra loro “ci sono sei donne e una ragazza (di 16 anni), due donne sono incinte, una di loro ha bisogno di cure mediche”. E attacca: “Queste pratiche di deportazione e violenza perpetrate dalle autorità tunisine sulle comunità migranti sono documentate da tempo. Questo evento è un’altra prova che la Tunisia non può essere considerata un Paese sicuro”.

Rimarca Daniela Fassini per Avvenire: “C’è una questione etnica di fondo. Quella che il presidente tunisino Kais Saied vuole allontanare a tutti i costi e che l’accordo con l’Europa rischia invece di riportare alla ribalta con grande forza. I tunisini non vogliono i subsahariani. Lo stanno dimostrando da diversi giorni, a Sfax, dove le tensioni fra cittadini e migranti originari dei Paesi dell’Africa subsahariana sono sfociate in guerriglia vera e propria con già due vittime. L’ultima, un cittadino tunisino di 41 anni accoltellato a morte lunedì scorso da un gruppo di migranti subsahariani.

Il pubblico ministero della seconda città della Tunisia ha emesso un ordine di custodia cautelare nei confronti di 33 subsahariani irregolari. Lunedì scorso 34 migranti irregolari sono stati arrestati dopo gli scontri tra i residenti e un gruppo di subsahariani, accusati di soggiorno irregolare sul territorio tunisino. Altri 23 migranti irregolari sono stati posti in stato di in fermo di polizia il giorno prima ancora per soggiorno irregolare, oltre a quattro tunisini accusati invece di aver ospitato presso edifici di loro proprietà persone in situazione irregolare. 

In diversi quartieri di Sfax (la città da cui partono tutti i barchini alla volta dell’Europa e dell’Italia, ndr) centinaia di residenti si sono radunati per le strade durante la notte chiedendo l’immediata partenza di tutti i migranti irregolari. Nei video che circolano sui social media, si possono vedere agenti di polizia che inseguono decine di migranti dalle loro case tra gli applausi dei residenti, prima di caricarli sulle auto della sicurezza. Altri hanno mostrato migranti a terra, mani sulla testa, circondati da residenti con bastoni in attesa dell’arrivo della polizia. 

Ma non è tutto, perché, come denunciano diverse Ong, c’è anche il respingimento di uomini, donne e bambini in pieno deserto, senza acqua né cibo, come si vede in un video che Avvenire ha potuto visionare ma che abbiamo deciso di non riproporre perché alcuni migranti sono riconoscibili.

«In Tunisia, dopo una perquisizione in una casa a Sfax, 48 persone sono state arrestate, e 20, tra loro, sono state espulse in Libia dai militari tunisini – denuncia la Ong Alarm Phone –. Ora si trovano nella regione di confine e chiedono urgentemente aiuto: sono stati minacciati da uomini armati, denaro e cibo sono stati portati via, i loro telefoni cellulari sono stati distrutti». Con loro ci sono sei donne e una ragazza (di 16 anni), due donne sono incinte, una di loro ha bisogno di cure mediche. «Queste pratiche di deportazione e violenza perpetrate dalle autorità tunisine sulle comunità migranti sono documentate da tempo! Questo evento è un’altra prova che la Tunisia non può essere considerata un paese sicuro», conclude Alarm Phone.

Sullo sfondo c’è anche la prospettiva della firma di un memorandum d’intesa tra Bruxelles e Tunisi che prevede stanziamenti per 900 milioni di euro per frenare le partenze.

«Nella trattativa con l’Italia e l’Europa, l’ambiguità di fondo è che la Tunisia di Saied non vuole diventare l’entità che subappalta la gestione dei migranti» spiega Riccardo Fabiani, direttore Nord Africa per International crisis group. La grave situazione economica nel Paese nordafricano ha creato uno stato di instabilità e insicurezza per tutti. In particolare per i migranti che qui si erano trasferiti anni fa o quelli che fuggono dall’Inferno libico per imbarcarsi dalle coste tunisine verso l’Europa. Ma razzismo e ghettizzazione nei loro confronti sono romai diventate all’ordine del giorno. E i militari di Saied non fanno nulla per fermare le violenze. 

«La situazione è molto complessa, non c’è una soluzione facile – ammette l’analista – perché la Tunisia ha bisogno di soldi ma dall’altra parte Saied con questo accordo teme che si voglia arrivare alla sostituzione etnica della popolazione tunisina cioè con quella dei migranti e si fa sempre più forte la tentazione di rifiutare questo aiuto per rafforzare il nazionalismo e sovranismo. La Tunisia, cioè, non vuole gestire i migranti subsahariani per conto dell’Europa, come invece sta facendo la Turchia». Come se ne esce? L’importante, sottolinea Fabiani «è continuare a dialogare e cercare soluzioni condivise con la Tunisia». L’Europa e l’Italia però devono anche mandare dei «messaggi chiave». «Non si devono accettare determinati eccessi da parte del governo tunisino: sia che si tratti di violenze contro i migranti subsahariani, sia che si tratti della situazione interna nel Paese».

Anche l’Osservatorio tunisino per la Difesa della Civiltà dello Stato mette in guardia sull’accordo “dubbio”. L’Ong esorta inoltre l’Ue ad evitare di approfittare della crisi finanziaria ed economica del Paese e di usarla come pretesto per risolvere la crisi migratoria a scapito della sovranità e della sicurezza della Tunisia.

Escalation di violenza

Ricostruisce da Tunisi Matteo Garavoglia per Il Manifesto: “La mattina del 2 luglio un gruppo di venti migranti e richiedenti asilo è stato espulso verso il confine a sud della Tunisia da militari e agenti delle forze di sicurezza: 6 donne (di cui due incinta e prossime al parto), una minore di 16 anni e 13 uomini. Numeri che nascondono storie di vario genere ma che non si possono raccontare in quanto i telefoni sono stati sequestrati e rotti. Arrestati l’1 luglio in un’abitazione a 35 chilometri da Sfax insieme ad altre 28 persone, la polizia avrebbe poi diviso il gruppo in due. Una vicenda che richiama da vicino quanto già successo nell’agosto del 2019 con diversi casi di respingimenti collettivi verso l’Algeria e la Libia. C’è di più. Nella giornata di ieri sono aumentate le segnalazioni di altri arresti di massa, almeno 200 persone, in alcune zone di Sfax dopo gli episodi della notte. Fatti salire su alcuni bus in direzione di Ben Gardane, al confine sud, più di cento sarebbero state trattenute in un posto di polizia nella località di Skhira, al centro della Tunisia tra Sfax e Gabes. Il manifesto ha potuto verificare la localizzazione dei fermati e ha parlato con un cittadino di origine ivoriana prima che il suo telefono risultasse irraggiungibile: «Al momento siamo più di 100 persone che sono state trattenute», è il racconto. «Abitavamo tutte nello stesso stabilimento a Sfax, nella notte alcuni tunisini hanno incendiato le nostre abitazioni e cominciato a lanciare pietre. Abbiamo chiamato la polizia e ci hanno fatto salire su dei bus verso la Libia. Da questa mattina non abbiamo acqua né cibo. Siamo fermi a Skhira sorvegliati dalla polizia. Non ci hanno detto niente. Ci sono anche dei bambini. So che altre 120 persone si trovano a Ben Gardane».

In un momento in cui le trattative tra Unione europea e Tunisia si fanno sempre più fitte per aiutare il piccolo Stato nordafricano ad aumentare il controllo sulle sue frontiere marittime e terrestri, nell’immaginario della società civile tunisina risuonano ancora le parole dell’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio sulla Tunisia come paese sicuro, pronunciate nel 2019. Da allora sono passati quattro anni, il piccolo Stato nordafricano sta fallendo economicamente e le violenze aumentano. Resta una domanda che gli attori sociali attivi nel paese continuano a farsi: di che paese sicuro si tratta?”.

Espulsioni di massa

Il deputato tunisino Moez Barkallah ha indicato, in una dichiarazione all’agenzia Tap, che 1.200 migranti subsahariani sono stati espulsi, da fine giugno ad oggi, a partire dalla città di Sfax verso le regioni di confine in Libia e Algeria che supportano questo tipo di operazioni. Secondo il deputato i migranti vengono rimpatriati a gruppi di 200 e ogni giorno partono da Sfax quattro navette per trasportare i clandestini alle frontiere, aggiungendo “di augurarsi che entro la fine della settimana possano venire così espulsi dai tre ai quattromila migranti”.Lo stesso deputato in un’altra dichiarazione alla radio locale Mosaique Fm ha detto che i “migranti rimpatriati sono stati consegnati alla polizia di frontiera in Algeria e Libia”.La Tunisia ha avuto difficoltà a controllare la situazione a Sfax, data la mancanza di mezzi logistici e l’assenza di un piano strategico per far fronte al flusso di migranti irregolari”, ha sottolineato. In questo stesso contesto, il deputato ha indicato che molti migranti si sono recati spontaneamente alla stazione di Sfax, per recarsi a Tunisi e che ciò ha causato disagi al livello del traffico ferroviario. Barkallah ha anche chiesto la nomina di un governatore a Sfax il prima possibile.

Native

Articoli correlati