Alina e Andriy, la foto simbolo di una guerra atroce

Quando questa guerra, quando questo impensabile orrore del nostro tempo sarà una pagina di storia, chiusa, avremo l'immagine simbolo di quel che è accaduto: una foto.         

Alina e Andriy, la foto simbolo di una guerra atroce
Guerra in Ucraina
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

14 Luglio 2023 - 19.03


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Se la lotta alla mafia è una guerra, alla guerra si può ben applicare un principio che ci suggerì Giovanni Falcone. Lui parlava della guerra alla mafia, noi parafrasando le sue parole le applichiamo tout court alla guerra: “La guerra è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione, e avrà quindi anche una fine”.     

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Quando questa guerra, quando questo impensabile orrore del nostro tempo sarà una pagina di storia, chiusa, avremo l’immagine simbolo di quel che è accaduto: una foto.         

Come spesso accade, dalle atomiche sul Giappone, dal Vietnam in poi, arrivando ai nostri giorni, Medio Oriente, Iraq, Siria, dopo essere passati dai Balcani, saltando da una ferita all’altra, sono le foto a fissare il momento disturbante, ripeto, quello che ferisce, che distribuisce ad ognuno di noi una cicatrice invisibile, da portarci per il resto della vita, da trasmettere, monito, ai nostri figli, ai nostri nipoti. Perché non accada più, saranno le parole che accompagneranno il nostro racconto, anche se poi la stupidità dell’uomo non farà nulla per fermare il ripetersi dell’orrore.     

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    La foto simbolo di questa guerra, quella iniziata una notte di febbraio – era il 2022 –  mi si è stampata addosso da quando l’ho vista per la prima volta su Instagram, pubblicata da Libération. E con questa foto ci faccio i conti da due giorni.     

 La foto è la storia di due coppie, quella fotografata e quella che da quell’inizio della guerra ha smesso di fotografare matrimoni, ad Odessa, per raccontare uomini, donne e bambini attraversati dalla lama tagliente e devastante che è la guerra. I fotografi di matrimoni in codice si firmano @libkos.               

   

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    La coppia teneramente abbracciata, a letto, è un pugno allo stomaco violento, emoziona, sconvolge, ma riesce a trasmettere anche l’idea di una quiete che comunque, prima o poi, arriva dopo la tempesta. Spiazza il sorriso di lei che abbraccia quel che resta del suo uomo. Le federe dei cuscini a fiori sono per un letto dove si fa l’amore. E in effetti, Alina che abbraccia quel che la guerra gli ha restituito di suo marito, con un incredibile e dolce sorriso stampato in viso, è l’amore che fa. Gli occhi chiusi, sogna quel che ha sempre sognato di fare con il suo uomo. Tornano le note della musica che lui le dedicava. Si, perché prima che scoppiasse la guerra, prima dell’invasione, lui era un musicista ed è pensabile una casa con lei che accompagna con un movimento delle braccia, del corpo, della gonna, lui che suona per lei.

Nella foto, forse Alina pensa ad uno di quei giorni felici mentre stringe il corpo di Andriy. Lui ha gli occhi cuciti e cicatrici nere sulle guance e sul naso. Gli mancano le braccia, ha perso l’udito. Andriy è stato ridotto così da un bombardamento russo. Il giorno dell’invasione, smessa la musica, era partito volontario: 47esima Brigata, guidava un’unità di ricognizione aerea. L’immagine fissata da Kostianyin e Vlada Liberov, fotografi di matrimonio ad Odessa, è straordinaria, sa trovare nel volto di lei, nell’abbraccio di lei, negli occhi chiusi e sognanti di lei, una speranza che a noi sembra impossibile. A volte, si sa, per sperare bisogna attraversare la disperazione. E Alina e Andriy per incredibile che possa apparire ora pensano con speranza al futuro. Intanto la speranza che questa orribile e folle guerra finisca. Poi la speranza che lui possa tornare a vedere, seppure con l’innesto di una retina artificiale, con l’aiuto di un occhio bionico. Tornare a vedere per rispondere al sorriso di Alina.

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