Niger, dal golpe alla guerra totale: il Sahel esplode
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Niger, dal golpe alla guerra totale: il Sahel esplode

Niger, dal colpo di Stato alla guerra totale. Una guerra internazionalizzata, destinata a investire l’intero Sahel

Niger, dal golpe alla guerra totale: il Sahel esplode
Il generale Abdourahmane Tiani, nuovo capo di stato del Niger dopo il colpo di stato
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

5 Agosto 2023 - 18.08


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Niger, dal colpo di Stato alla guerra totale. Una guerra internazionalizzata, destinata a investire l’intero Sahel

Dal golpe alla guerra totale

Gli occhi sono puntati su tutta la regione del Sahel controllata anche da diverse milizie armate di matrice jihadista come Boko Haram, Iswap e i Fulani, a cui potrebbe affiancarsi il gruppo dei mercenari Wagner che, per bocca dello stesso Prigozhin, si è detto disponibile a intervenire a favore dei golpisti. Ipotesi condivisa dallo stesso Bazoum ha lanciato un appello agli alleati per una sua liberazione sul Washington Post.

Il primo vertice dell’Ecowas (Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale) a Niamey per favorire un ripristino dell’ordine costituzionale è fallito. L’organizzazione formata da 15 paesi africani (Mali sospeso nel 2021 e Burkina Faso nel 2022 entrambi a causa di colpi di Stato), ha minacciato un’azione militare in caso di mancato rispetto dell’ultimatum che scade domenica. Ritirati gli ambasciatori nigerini da Francia, Stati Uniti, Nigeria e Togo. Ecowas e gli alleati occidentali tra cui Francia e Stati Uniti, vogliono il rientro incondizionato del presidente Bazoum democraticamente eletto nel 2021. Francia e Stati Uniti contano rispettivamente 1.100 e 1.500 soldati nel Paese. 

I capi di stato maggiore dei paesi dell’Ecowas, Comunità Economica degli Stati dell’Africa occidentale in prima fila nella crisi innescata dal colpo di stato in Niger, hanno “definito” i contorni di un “possibile intervento militare” nel paese del Sahel, lo ha dichiarato il Commissario per gli affari politici e la sicurezza del blocco regionale, Abdel-Fatau Musah che tra gli applausi dei ministri della Difesa presenti alla riunione di ieri, ha spiegato:

”C’è una ferrea determinazione da parte dei nostri capi di stato e di governo per porre fine a tutto ciò e fare del Niger un esempio per assicurarsi che mai più permetteremo l’interruzione del processo democratico in consolidamento nella nostra regione. Questa è la determinazione.” E ha aggiunto: ”l’Ecowas non dirà ai golpisti quando e dove colpiremo. Questa è una decisione operativa che deve essere presa dai capi di stato che saranno come i comandanti in capo di questa operazione’.

”Dobbiamo fare in modo che le decisioni prese qui oggi non siano semplici retoriche, ma si trasformino in azioni concrete sul campo. A tal fine, invito ciascuno Stato membro ad assumersi la responsabilità delle misure concordate e ad adoperarsi diligentemente per attuarle al fine di trovare soluzioni alla situazione nella Repubblica del Niger”, ha detto il capo di staff della Difesa della Nigeria, Christopher Musa.

Parigi sostiene “fermamente” gli sforzi dell’Ecowas 

La Francia ha affermato di sostenere “con fermezza e determinazione” gli sforzi dell’Ecowas per far fallire il tentativo di golpe in Niger, alla vigilia della fine dell’ultimatum di questo blocco dell’Africa occidentale, che si dichiara pronto a intervenire militarmente. “Sono in gioco il futuro del Niger e la stabilità dell’intera regione”, ha dichiarato il ministero degli esteri francese in un comunicato.  

Negli ultimi giorni sono stati rimpatriati centinaia di francesi con voli di Stato organizzati dal Quai d’Orsay e con altri voli organizzati dalle cancellerie europee. Il rimpatrio è avvenuto su base volontaria. L’Eliseo ha da subito bloccato gli aiuti al Paese, appena ricevuta la notizia del putsch che ha destituito il presidente Bazoum il 26 luglio scorso.

Usa sospendono programmi aiuto, avanti quelli umanitari

Gli Stati Uniti sospendono alcuni programmi di aiuto al governo del Niger. Lo ha annunciato il Segretario di Stato Anthony Blinken. “Il governo degli Stati Uniti sta mettendo in pausa alcuni programmi di assistenza straniera a beneficio del governo del Niger”, ha spiegato. Tuttavia, ha aggiunto, “gli aiuti umanitari e alimentari ‘salvavita’ continueranno”.

Il dialogo come unica arma 

Ne scrive su Avvenire Giulio Albanese, che dell’Africa è un profondo conoscitore: Il Niger è un rompicapo politicodiplomatico. Anzitutto perché la comunità internazionale – dalla Ue all’Onu, dall’Unione Africana alla Comunità economica dei Paesi dell’Africa Occidentale (Ecowas-Cedeao)- si è stretta, com’era prevedibile, attorno al deposto presidente Mohamed Bazoum. Dall’altra, una parte consistente del popolo nigerino manifesta apertamente un forte sentimento anti-francese, sostenendo la giunta militare del generale Abdourahmane Tchiani. Come se non bastasse, i protagonisti dei colpi di stato avvenuti a cavallo tra il 2020 e il 2022 in Mali e Burkina Faso, hanno fatto sapere che qualsiasi intervento militare contro il Niger equivarrebbe a una dichiarazione di guerra contro i loro rispettivi Paesi, già pronti ad adottare misure d’intervento in appoggio alla giunta insediata a Niamey. Nel frattempo, il fallimento della missione diplomatica dell’Ecowas non fa ben sperare.

Il governo di Mosca, da parte sua, ha assunto una posizione moderata auspicando una soluzione negoziale per la risoluzione della crisi. Una presa di posizione, questa, che comunque va assunta col beneficio d’inventario in quanto proprio nel vicino Mali è dislocato un contingente di mercenari della Wagner alcuni dei quali, stando a fonti della società civile, sarebbero già da alcuni giorni in territorio nigerino. Ed è bene rammentare che l’intera macroregione saheliana è infestata di formazioni jihadiste che già da diversi anni seminano morte e distruzione.
Motivo per cui la Francia aveva allestito, in funzione antiterroristica, l’operazione Barkhane a cui si era aggiunta successivamente quella denominata Takuba, delle forze speciali europee. Il problema di fondo è che a questo punto, avendo la Francia perso del tutto la propria influenza non solo in Mali e Burkina Faso, ma ora anche in Niger, si trova senza un orizzonte chiaro, né militare né politico, e una via d’uscita onorevole. Tra jihadisti, golpisti e mercenari russi, neanche in Niger potrà più esserci spazio per l’influenza della vecchia potenza coloniale.

La posta in gioco è alta se si considera che la Ue in questi anni ha sostenuto l’intervento armato francese contro le formazioni islamiste, offrendole anche un sostegno militare multinazionale. Non solo: Bruxelles finora ha ritenuto il Niger come un vero e proprio baluardo per contrastare i flussi migratori dall’Africa Subsahariana verso il Mediterraneo. Per inciso, è bene precisare che i nigerini sebbene vedano passare sul proprio territorio i migranti più svariati dell’Africa Subsahariana, sono gli unici che non possono partire vista la tremenda condizione di povertà in cui versa il loro Paese. E dire che gli abitanti del Niger potrebbero essere più ricchi di quelli del Canton Ticino se potessero accedere ai benefici delle attività estrattive. 

Finora, infatti, il monopolio del business dell’uranio è stato gestito dal monopolista francese Orano, (la leggendaria ex Areva); per non parlare di quello aurifero, appannaggio di potentati più o meno occulti. E proprio a proposito degli affari sporchi c’è da considerare che il Niger è uno snodo cruciale per il traffico della cocaina sudamericana. Occorre poi rilevare che sebbene il Mali e il Burkina Faso siano solidali con la giunta nigerina, essi hanno assunto due linee di condotta diverse. Mentre il Mali ha accolto a braccia aperte la Wagner, non ha fatto lo stesso la giunta burkinabé. La sensazione è che il generale Tchiani propenda per la linea d’azione maliana.

La situazione è molto complessa e preoccupa anche gli Stati Uniti che, come gli altri attori occidentali, in Niger hanno interessi e contingenti militari. Nessuno ha una sfera di cristallo tra le mani ma l’Europa, se vuole ricoprire un ruolo decisivo deve promuovere il dialogo, costi quel che costi, mettendo al primo posto l’agenda dei diritti umani, unitamente a quella dello sviluppo e non i propri interessi economici come ha sempre fatto la Francia in questi anni.”

La guerra dell’uranio

Di grande interesse è un report di Umberto Mazzantini per greenreport.it.

Scrive tra l’altro Mazzantini: “Mentre, dopo il golpe militare del 26 luglio che ha defenestrato il presidente Mohamed Bazoum, la Francia e altri Paesi occidentali (Italia compresa) hanno l’evacuazione dei loro immigrati in Niger, gruppo nucleare statale francese Orano (ex Areva) ha annunciato che intende continuare le sue attività operative in loco e che una decina di dipendenti stranieri potrebbero essere interessati all’evacuazione, ma ricorda che «Il 99% dei dipendenti sono nigerini» e che «La presenza di espatriati non condiziona la continuità delle attività».

E forse la spiegazione di quel che sta succedendo in Niger sta tutta qui: Orano gestisce diversi giacimenti di uranio nel nord-ovest del Paese e il Niger, anche se dal 2021 non è più il principale fornitore di uranio della Francia e dell’Europa (superato dal Kazakistan), rappresenta ancora quasi un quarto delle importazioni europee di questo combustibile, indispensabile per il funzionamento delle centrali nucleari francesi. E’ per questo probabilmente che i Paesi occidentali non trattano il golpe in Niger come un “normale” colpo di Stato in un Paese africano.

Orano è presente in Niger con 3 filiali Somair, Cominak e Imouraren e spiega che «Dal 1971, Somair sfrutta diversi depositi di uranio nel nord-ovest del Niger. Attivi dal 1978, i depositi Cominak hanno cessato ogni attività il 31 marzo 2021. Un terzo del sito di Imouraren, uno dei più grandi depositi al mondo, sarà messo in funzione non appena le condizioni di mercato lo consentiranno».  Il sito è mantenuto in riserva perché attualmente il prezzo dell’uranio difficilmente giustifica gli investimenti. Nel frattempo, Orano sta esplorando nuove tecniche di estrazione. Nel 2021, in Niger c’è stata una produzione di 2.186 tonnellate di uranio per le 2 miniere in funzione. Per la miniera di Somair il contenuto medio è di 1,8 kg di uranio per tonnellata di minerale estratto. E le miniere di uranio sono un grosso problema ecologico, sociale e sanitario che invece il colosso minerario-nucleare statale francese presenta così: «Da più di 50 anni Orano, attraverso le sue controllate, sviluppa il potenziale uranico del Paese sfruttando giacimenti situati nel nord-ovest del Paese nella regione desertica dell’Aïr. Dagli anni ’70, l’attività industriale generata dallo sfruttamento di questi giacimenti è stata una risorsa importante per lo sviluppo economico, sociale e sociale della regione».

La miniera sotterranea di Cominak della Société des mines de l’Aïr (Somair), a 200 km dal confine algerino, ha cessato la produzione il 31 marzo 202, ma i lavori di bonifica del sito e il monitoraggio ambientale continueranno per almeno 12 anni.  Dall’inizio dell’attività mineraria, in Niger la Francia ha estratto in Niger quasi 140.000 tonnellate di uranio e, già prima del golpe, sul sito internet di Orano si leggeva quel che ora può sembrare un avvertimento: «Creare le condizioni e svolgere azioni per la continuità delle operazioni di estrazione dell’uranio nel nord del Niger è la pietra angolare delle reciproche relazioni tra Orano e lo Stato del Niger». Infatti, in Niger Areva/Orano è la Francia – ex potenza coloniale – e la Francia è Orano, che finora ha in gran parte determinato e condizionato la politica interna ed estera di un Paese ricco di risorse ma rimasto poverissimo.

Nel 2015 il Niger ha concesso alla compagnia canadese GoviEx i diritti per una miniera a Madaouela, a una decina di chilometri dal sito di Artlit, ma dopo 8 anni lavori non sono ancora iniziati. Nel 2007, anche la Cina ha anche ottenuto i diritti per sfruttare un giacimento di uranio, per poi cngelare il progetto di fronte a un mercato fiacco.

Emmanuel Grégoire, direttore di ricerca emerito all’Institut de recherche pour le développement (Ird), ha ricordato a Rfi che «La rinascita dell’interesse per l’energia atomica che abbiamo visto negli ultimi due anni ha ravvivato i produttori. Ma  

dobbiamo ricordarci che il Niger è un Paese senza sbocco sul mare. L’area operativa si trova in mezzo al deserto. Poi, si deve trasportare l’uranio in Benin, prima di spedirlo via nave in Europa: i costi di esercizio sono altissimi». Secondo la World Nuclear Association, il Niger ha prodotto poco più di 2.000 tonnellate di uranio rispetto alle 4.500 tonnellate di 10 anni prima. Nello stesso periodo, il peso del Paese sulla produzione mondiale è sceso dal 7,6% al 4%Intanto ilNiger ha sopperito alla crisi dell’uranio investendo in due nuovi settori: l’oro e gli idrocarburi. «L’Algeria ha contratti di prospezione al confine, ma per il momento la Cina è l’unico Paese a sfruttare le risorse petrolifere del Niger» sottolineaGrégoire. TotalEnergies, che garantiva la distribuzione della benzina in Niger, ha lasciato il Paese nel 2022. Le esportazioni di petrolio sono ancora modeste ma nel 2021 avevano raggiunto in valore quasi quanto le esportazioni di uranio. L’imminente messa in servizio di un oleodotto lungo quasi 2.000 km verso i porti del Benin dovrebbe rafforzare ulteriormente questo trend. Il problema è che il Benin ha chiuso le sue frontiere con il Niger per applicare le sanzioni della Cedeao – Ecowas.

I giacimenti sono per il momento sfruttati essenzialmente in modo tradizionale tramite gold panning. Ma con l’impennata del prezzo dell’oro dopo la pandemia di Covid-19, l’oro è diventato di gran lunga la principale fonte di reddito per il Niger. Tutto questo ha portato a un riequilibrio tra il Niger e i suoi partner commerciali: se nel 2016 la Francia era ancora il principale partner commerciale di Niamey, ora sono i Paesi del Golfo – e in particolare gli Emirati Arabi Uniti – e la Cina a occupare i primi due posti.

E così il golpe militare del Niger, a differenza di quelli più recenti in Burkina Faso, Mali e Guinea che hanno ricevuto una condanna di rito e qualche blanda sanzione spesso non applicata, è diventato una questione internazionale rilevante e la Comunità internazionale e la Communauté Économique des États de l’Afrique de l’Ouest –  Economic Community of West African States (Cedeao – Ecowas) minacciano addirittura un intervento armato e chiedono di ristabilire l’ordine democratico entro una settimana”.

Un ordine,  è la nostra chiosa finale, che difficilmente sarà ristabilito. In Niger e nel complesso del “Sahelistan”.

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