Cadaveri ammucchiati, milioni di sfollati, rischio colera: inferno Sudan
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Cadaveri ammucchiati, milioni di sfollati, rischio colera: inferno Sudan

Cadaveri abbandonati nelle strade. Rischio epidemie. . Milioni di persone costrette alla fuga. Stupri di massa. Bambini uccisi. Apocalisse Sudan

Cadaveri ammucchiati, milioni di sfollati, rischio colera: inferno Sudan
Profughi dal Sudan
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

9 Agosto 2023 - 20.15


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Cadaveri abbandonati nelle strade. Rischio epidemie. . Milioni di persone costrette alla fuga. Stupri di massa. Bambini uccisi. Apocalisse Sudan

Esodo biblico

“Le persone costrette alla fuga, a causa della crisi in Sudan, sono oltre 4 milioni, e l’Unhcr, l’Agenzia dell’Onu per i Rifugiati esprime profonda preoccupazione per l’aggravarsi delle condizioni sanitarie in tutto il Paese, inclusi campi rifugiati, i centri di transito nei paesi limitrofi, i valichi di frontiera dove arrivano le persone in fuga.

La situazione in Sudan, dove sono presenti i team dell’Unhcr, si è fatta insostenibile poiché le necessità superano di gran lunga ciò che è umanamente possibile offrire con le risorse a disposizione. Nello stato del White Nile, la mancanza di medicinali essenziali, di personale e di rifornimenti sta compromettendo gravemente i servizi sanitari e di distribuzione del cibo in tutti e 10 i campi rifugiati, dove dall’inizio del conflitto, sono arrivate più di 144.000 persone provenienti da Khartoum, unendosi alle migliaia di rifugiati dal Sud Sudan e alle comunità locali che accedono agli stessi ambulatori medici. I servizi di sostegno alla salute mentale e psicologica sono praticamente inesistenti.

Molte famiglie sono in viaggio ormai da settimane, con pochissimo cibo o medicinali, con un aumento dei tassi di malnutrizione, dei focolai di malattie e decessi correlati. Tra il 15 maggio e il 17 luglio sono morte più di 300 persone, soprattutto bambini al di sotto dei 5 anni, a causa del morbillo e della malnutrizione. Se i finanziamenti ai programmi sanitari salvavita continueranno a ritardare, questo numero sarà destinato probabilmente a salire.

L’Oms riferisce che la qualità dell’assistenza sanitaria in tutto il Paese è seriamente compromessa, a causa degli attacchi al personale sanitario e la carenza cronica dello stesso. Un’analisi fatta dai team dell’Unhcr nel White Nile evidenzia che, ogni medico, giornalmente, si occupa di almeno 70 pazienti al giorno, oltre il limite raccomandato, chiara dimostrazione del fatto che la capacità di prestazione di servizi è giunta al limite. Le interruzioni nelle catene dell’approvvigionamento hanno comportato una carenza di medicinali e di altri rifornimenti per centinaia di migliaia di persone che ne hanno disperatamente bisogno.

Si prevedono, inoltre, altri casi di colera e malaria nei prossimi mesi, a causa delle alluvioni provocate dalle piogge continue e dall’inadeguatezza dei servizi igienici.

Oltre il confine la situazione è comunque drammatica. Lo stato di salute e di nutrizione delle persone in arrivo dal Sudan è peggiorato drasticamente dall’inizio del conflitto in aprile, e continua ad aggravarsi. La mancanza di fondi ostacola gravemente la risposta in Sud Sudan, dove 57 bambini perlopiù sotto i 5 anni sono morti di morbillo e malnutrizione a Renk. Di questi, 15 sono morti nell’ultima settimana.

Analogamente, in Ciad solo 17 ambulatori mobili sono operativi in 15 località lungo il confine e nei campi rifugiati, dove le persone continuano ad arrivare. Finora tra i feriti sono arrivati oltre 2.400 rifugiati e persone che fanno ritorno nel Paese d’origine, bisognosi di cure mediche urgenti, a giugno circa 130 persone amesse negli ambulatori al giorno.

Insieme ai partner sanitari e alle autorità governative, l’UNHCR sta facendo il possibile per aumentare la capacità di risposta. Le agenzie umanitarie hanno inviato altro personale e volontari nei campi, nei punti di confine e nei centri di transito, per ampliare le attività di screening per la malnutrizione e altri servizi. I team forniscono anche kit medici, sempre più vaccinazioni contro il morbillo per i bambini e rimettono in funzione strutture esistenti, oltre a costruirne di nuove. Inoltre stiamo facendo tutto il possibile per ricollocare rapidamente le persone che arrivano dai punti di frontiera ai centri di transito, per evitare situazioni di sovraffollamento e rallentare la diffusione di malattie mortali. Tuttavia, abbiamo bisogno di un maggior sostegno da parte dei donatori per continuare a salvare vite.

Dall’inizio del conflitto, più di 4 milioni di persone sono state costrette a fuggire dal Sudan verso i paesi vicini. Tra questi, quasi 700.000 sono rifugiati e richiedenti asilo fuggiti verso i Paesi limitrofi, e 195.000 Sud Sudanesi costretti a fare ritorno nel loro Paese. In Sudan ci sono più di 3 milioni di sfollati interni, tra cui 187.000 rifugiati che già risiedevano nel Paese all’inizio della crisi.

C’è un disperato bisogno di fondi per sostenere i servizi sanitari e altri aiuti salvavita. Dei 566 milioni di dollari Usa richiesti dall’Unchr e dagli altri partner per il Regional Refugee Response Plan (Rrrp), che fornisce assistenza nei paesi confinanti con il Sudan, è stato ricevuto solo il 29%. La risposta inter-agenzia all’interno del Sudan è finanziata solo per il 24%”.

L’allarme di Save the Children

“Gli scontri in Sudan stanno devastando un’intera popolazione. Da quando è scoppiato il conflitto ad aprile, almeno 2.435 minori sono stati uccisi o feriti.

Con gli scontri che nelle ultime settimane si sono intensificati nelle strade della città di Khartoum migliaia di cadaveri sono stati abbandonati e sono in stato di decomposizione. Inoltre, gli obitori risulterebbero al collasso a causa di interruzioni di corrente e insufficiente capacità di conservare i corpi, esponendo così famiglie e bambini a un rischio crescente di epidemie e malattie.

Scontri in Sudan: cadaveri abbandonati e rischio di epidemie

Un’orribile combinazione fra numero crescente di cadaveri, gravi carenze idriche, scarsi servizi igienico-sanitari e mancanza di possibilità per il trattamento dell’acqua sta facendo salire il timore di un’epidemia di colera a Khartoum.

La capitale del Sudan, devastata dalla guerra, ha subito intermittenti blackout elettrici e l’interruzione delle comunicazioni. La conseguenza diretta di questa prolungata mancanza di energia elettrica, è che gli obitori della città sono rimasti a lungo senza refrigerazione, portando così alla decomposizione dei corpi a causa del caldo. Questa situazione espone la popolazione della città al rischio di gravi epidemie.

Continuiamo a ricevere notizie devastanti dal Sudan, dopo più di 100 giorni di scontri: da quando è scoppiata la guerra 132 bambini sono stati uccisi o feriti in North Kordofan.

Il 18 luglio un bambino è stato ucciso da un bombardamento e l’11 luglio diversi bambini senzatetto sono stati feriti da proiettili vaganti durante gli scontri avvenuti in un mercato nell’area di Omdurman, a Khartoum. Il 25 e il 27 giugno, due minori sono stati uccisi e altri due feriti in bombardamenti di artiglieria in tutta la città, secondo l’Armed Conflict Location & Event Data Project (Acled).

È fondamentale per la sopravvivenza dei minori e delle famiglie vedere la fine di questi combattimenti: l’unico modo per proteggere i minori dalla violenza e da altre violazioni dei loro diritti.

Il sistema sanitario in Sudan appeso a un filo

Degli 89 principali ospedali della capitale e delle regioni del Paese, 71 sono fuori servizio, mentre il resto funziona parzialmente. Alcune strutture sanitarie sono state occupate da gruppi armati, sottraendo cure salvavita a milioni di minori e alle loro famiglie. Ci sono stati almeno 53 attacchi contro le strutture di assistenza sanitaria, che hanno provocato 11 morti da aprile.

“L’impossibilità di dare degna sepoltura a chi è morto è un ulteriore elemento di sofferenza per le famiglie di Khartoum. Stiamo assistendo a una crisi sanitaria in atto, oltre allo sconforto, alla paura e al dolore. Laddove gli ospedali sono ancora aperti, sono sovraccarichi, il personale è stremato e mancano i rifornimenti” ha dichiarato il dottor Bashir Kamal Eldin Hamid, direttore per la salute e la nutrizione di Save the Children.

Chiediamo alle parti in conflitto di concordare un’immediata cessazione dei combattimenti in Sudan e trovare una soluzione pacifica al conflitto. Ogni bambino o bambina, indipendentemente da dove viva, merita di vivere una vita sicura, felice e sana, libera dalla violenza”.

La denuncia di Amnesty

Amnesty International ha diffuso nei giorni scorsi un nuovo rapporto “Death came to our home: War crimes and civilian suffering in Sudan” sui crimini di guerra commessi nel conflitto tra le Forze di supporto rapido (Fsr) e le Forze armate sudanesi (Fas), che sta devastando lo stato.
Il rapporto documenta massacri di civili a seguito di attacchi deliberati e indiscriminati portati a termine dalle parti in conflitto contro la popolazione civile e denuncia violenze sessuali contro donne e ragazze, attacchi mirati contro strutture civili, quali ospedali e chiese e vasti saccheggi.
Alcune di queste azioni – come gli attacchi contro i civili e quelli contro le strutture civili, lo stupro e altre forme di violenza sessuale e i saccheggi – costituiscono crimini di guerra. Il rapporto riguarda principalmente la capitale Khartoum e il Darfur occidentale.
“Ogni singolo giorno, mentre le Fsr e le Fas combattono per il controllo del territorio, la popolazione civile sudanese soffre orrori inimmaginabili”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

“I civili vengono uccisi all’interno delle loro abitazioni o mentre cercano disperatamente cibo, acqua e medicinali. Finiscono in mezzo al fuoco incrociato quando provano a fuggire e vengono intenzionalmente assassinati in attacchi mirati. Decine di donne e ragazze, alcune di soli 12 anni, sono state stuprate o sottoposte ad altre forme di violenza sessuale. Nessun luogo è sicuro”, ha sottolineato Callamard.

“La violenza dilagante nella regione del Darfur, dove le Fsr e le milizie loro alleate stanno portando morte e distruzione, fa venire in mente la campagna di terra bruciata dei decenni scorsi, in alcuni casi ad opera dei medesimi responsabili”, ha aggiunto Callamard.
“Le Fsr, le Fas e i gruppi armati affiliati alle une e alle altre, devono porre fine agli attacchi contro i civili e garantire percorsi sicuri in uscita per chi cerca salvezza. Occorrono misure urgenti per assicurare giustizia e riparazione per le vittime e le persone sopravvissute”, ha proseguito Callamard.

Dal 15 aprile 2023 le Fas  (dirette dal capo del Consiglio supremo del Sudan, il generale Abdel Fattah al-Burhan) e le Fsr (un gruppo paramilitare guidato dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, noto come Hemedti) si stanno scontrando per il controllo del Sudan. 

Data la dimensione dei combattimenti e l’organizzazione delle due parti, ai sensi delle Convenzioni di Ginevra quello in corso è un conflitto armato non internazionale. Ai combattimenti, dunque, si applicano tanto il diritto internazionale umanitario, il cui scopo è proteggere i civili, quando il diritto internazionale dei diritti umani. Determinate violazioni delle loro norme costituiscono crimini di guerra, dei quali singoli soldati e comandanti possono essere chiamati a rispondere sul piano giudiziario.

Civili uccisi nel fuoco incrociatoUomini, donne, bambine e bambini sono finiti nel fuoco incrociato di entrambe le parti che spesso hanno usato armi esplosive con effetti devastanti su vaste aree e lanciato frequenti attacchi contro zone densamente popolate.


I combattimenti a Kalakla, quartiere meridionale di Khartoum, sono iniziati il 20 aprile.
“Mia figlia e i miei figli sono usciti di corsa da casa all’inizio degli scontri. I miei due figli minori [Hassan e Ibrahim, di sei e otto anni] e mio nipote [Koko, di sette anni] erano troppo piccoli per correre velocemente. Non so chi personalmente li abbia uccisi. La guerra li ha uccisi”, ha dichiarato Kodi Abbas, un insegnante di 55 anni.

“Quella mattina ci siamo svegliati all’inferno. Si sentivano spari ed esplosioni ovunque, senza sosta. Ero preoccupato per mia figlia Ala’, che era andata a lavoro in ospedale. Poi è rientrata, ma pochi minuti dopo un proiettile è entrato dalla finestra del salotto, ha colpito mia moglie al volto e Ala’ al petto, uccidendola all’istante. Un solo proiettile ha distrutto la nostra famiglia nel giro di pochi secondi. Ala’ avrebbe dovuto essere al sicuro e invece la morte ci è entrata dentro casa”, ha raccontato Fawzi al-Mardi, padre di Ala’, dottoressa di 26 anni, uccisa il 15 aprile nel quartiere di Hay al-Manara a Omdurman. Molti civili hanno riferito ad Amnesty International di essere rimasti feriti o che i loro parenti sono stati uccisi mentre cercavano riparo. Il 6 giugno, i dormitori femminili dell’Università di El Geneina, nel Darfur occidentale, sono stati raggiunti ripetutamente da colpi di mortaio. Sono rimaste ferite decine di persone che si erano rifugiate lì a causa dei combattimenti nei dintorni.

Uccisioni deliberate di civiliNumerosi civili sono stati deliberatamente uccisi e feriti in attacchi mirati che, secondo le persone sopravvissute e altri testimoni sono stati generalmente portati da termine dalle Fsr.
Il 13 maggio gli uomini delle Fsr sono entrati nel complesso della chiesa copta di Mar Girgis (San Giorgio), nel quartiere di Bahri a Khartoum. Hanno ucciso cinque religiosi e trafugato danaro e una croce d’oro. Il 14 maggio, Adam Zakaria Is’haq, un medico e difensore dei diritti umani di 38 anni, è stato ucciso insieme a 13 pazienti nella clinica di emergenza Markaz Inqadh al-Tibbi, nel quartiere di Jamarik a El Geneina. Secondo due colleghi di Is’haq, gli assassini facevano parte di una milizia armata araba. Uno di loro lo ha ricordato così:
“Il dottor Adam curava persone malate in una piccola clinica dato che il principale ospedale di El Geneina era stato distrutto alla fine di aprile dalla stessa milizia armata e dalle Fsr. Gli hanno sparato al petto. Aveva una moglie e due figli di quattro e sei anni”.

Attacchi basati su motivi etnici nel Darfur occidentaleVia via che nel Darfur occidentale la tensione aumentava, molte persone di etnia masalit sono fuggite nel Ciad orientale e da lì hanno raccontato ad Amnesty International ciò di cui sono state testimoni.


La zona di El Geneina è stata attaccata pesantemente da milizie armate arabe appoggiate da combattenti delle Fsr.
Il 28 maggio gli scontri tra le Fsr, le milizie loro alleate e i gruppi armati masalit hanno interessato la città di Misterei, a sudovest di El Geneina. In un solo giorno sono state sepolte 58 persone. In una famiglia sono stati uccisi cinque fratelli.


“Sei uomini delle Fsr hanno fatto irruzione alle 8 di mattina nella nostra abitazione. Si sono diretti nella stanza in cui c’erano mio marito e i suoi quattro fratelli e li hanno uccisi. Poi sono entrati nella stanza in cui ero con i miei figli e altre 12 persone, tra donne e bambini. Ci hanno presi a bastonate e a scudisciate, ci hanno chiesto dove fossero le armi e ci hanno rubato i telefoni”, ha dichiarato Zeinab Ibrahim Abdelkarim, moglie di uno dei cinque fratelli, Al-Haj Mohamed Abu Bakr.


Il diritto internazionale vieta gli attacchi deliberati contro i civili così come gli attacchi che non fanno distinzione tra civili e combattenti e tra obiettivi civili e militari.

Violenza sessuale

Innumerevoli donne e ragazze, anche di soli 12 anni, sono state sottoposte a violenza sessuale, stupri compresi, da uomini delle parti in conflitto. Alcune di loro sono state trattenute per giorni in condizioni di schiavitù sessuale.


Nella maggior parte dei casi documentati dal rapporto di Amnesty International, i responsabili sono membri delle Fsr e delle milizie arabe loro alleate. Lo stupro, la schiavitù sessuale e altre forme di violenza sessuale durante un conflitto armato sono crimini di guerra.


Una donna di 25 anni di El Geneina ha raccontato che il 22 giugno tre miliziani arabi in abiti civili hanno fatto irruzione negli uffici dell’anagrafe, nel quartiere di al-Jamarik, dove lavorava, e l’hanno stuprata: “Non c’è alcun luogo sicuro a El Geneina. Avevo lasciato casa perché c’erano sparatorie ovunque e questi criminali mi hanno stuprata. Ora temo di essere incinta. Non potrei sopportarlo”, ha dichiarato.
Ventiquattro donne e ragazze sono state rapite da membri delle Fsr e portate in un albergo, dove sono state trattenute per parecchi giorni in condizione di schiavitù sessuale. Molte di loro non hanno poi mai avuto accesso a cure mediche e a servizi di sostegno psicologico.


Numerose strutture sanitarie e umanitarie sono state danneggiate o distrutte in tutto il Sudan, privando la popolazione di cibo e medicinali e peggiorando una già grave situazione. La maggior parte dei casi di saccheggio chiama in causa membri delle Fsr. Gli attacchi intenzionali contro personale umanitario od obiettivi umanitari, così come quelli contro strutture mediche e sanitarie, sono crimini di guerra.

Amnesty International sta sollecitando il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ad agire rapidamente per estendere all’intero Sudan l’embargo sulle armi attualmente vigente per il Darfur e ad assicurare che sia applicato.
“La comunità internazionale dovrebbe aumentare significativamente il sostegno umanitario. Gli stati confinanti dovrebbero garantire l’apertura dei confini ai civili sudanesi in cerca di salvezza. Gli stati che hanno una certa influenza sulle due parti in conflitto dovrebbero usarla per chiedere la fine delle violazioni dei diritti umani. Infine, il Consiglio Onu dei diritti umani dovrebbe dare seguito alle richieste dell’Autorità intergovernativa sullo sviluppo e istituire un meccanismo indipendente d’indagine e di accertamento delle responsabilità per monitorare la situazione e raccogliere e conservare prove delle violazioni dei diritti umani in Sudan”, ha concluso Callamard.

Sudan, per non dimenticare.

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