La guerra di Gaza, le bombe, la fame dei palestinesi e il giornalismo embedded
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La guerra di Gaza, le bombe, la fame dei palestinesi e il giornalismo embedded

Vent’anni fa, con la seconda guerra del Golfo, era stato istituzionalizzato il giornalismo embedded che in Ucraina è diventato l’unica modalità per avere l’accredito, con Israele l’asservimento è completo. 

La guerra di Gaza, le bombe, la fame dei palestinesi e il giornalismo embedded
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Giuliana Sgrena Modifica articolo

20 Novembre 2023 - 23.00


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Quella notte gli Usa avrebbero bombardato l’hotel Rashid perché gli americani ritenevano che nei rifugi sotterranei si nascondessero i figli di Saddam. La notizia del Pentagono ci era arrivata da un giornalista del New York Times che era venuto apposta al Rashid per informarci. 

Gli americani si stavano avvicinando a Baghdad preceduti da massicci bombardamenti che colpivano soprattutto la zona dei ministeri dove si trovava per l’appunto anche il famoso hotel dei giornalisti, ma la maggior parte – centinaia – si era già trasferita sull’altra sponda del Tigri, al Palestine hotel. Eravamo rimasti in pochi, una decina, per «resistere» all’occupazione americana del Rashid, ma di fronte alla minaccia di bombardamento anche noi alla fine ci eravamo ritirati. 

Quella notte l’hotel sarebbe stato colpito solo di striscio, ma naturalmente i figli di Saddam erano da tutt’altra parte.

Questo ricordo mi è riaffiorato guardando le notizie sulla striscia di Gaza. 

Il caso è quello dell’ospedale al Shifa, ripetutamente bombardato, impossibilitato ad assistere i feriti e a dare rifugio a chi non ha più un tetto, ma l’interesse dei giornalisti istigati da Israele, che sostiene che l’ospedale era il quartier generale li Hamas, è concentrato solo sul ritrovamento di qualche kalashnikov, l’individuazione di tunnel e la cattura di qualche «comandante». 

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E ultimamente anche su un video dove un ostaggio ferito sarebbe stato portato all’ospedale, e dove se no essendo ferito! La caccia ad Hamas giustifica qualsiasi crimine di guerra, purtroppo anche per chi fa informazione. Naturalmente l’impossibilità di essere sul campo rappresenta un limite enorme alla possibilità di informare. Solo qualche giornalista «privilegiato» può entrare a bordo dei carri armati dell’occupante per raccontare l’avanzata di Israele nella striscia. I giornalisti palestinesi, gli unici ad informarci dal campo stanno pagando il prezzo più alto mai pagato in una guerra. 

Dall’8 ottobre Gaza vive l’isolamento totale imposto da Israele dopo l’attacco terroristico di Hamas: alla popolazione palestinese non arrivano più i beni di prima necessità, manca l’acqua, il carburante, le medicine, etc. ma i dibattiti che riempiono i tg e i talk show, dove tutti i giornalisti sono diventati esperti di Medioriente, non si chiedono mai quanto potrà ancora sopravvivere una popolazione sfinita sotto i bombardamenti. Non mancano invece i briefing dei vari generali israeliani. 

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Vent’anni fa, con la seconda guerra del Golfo, era stato istituzionalizzato il giornalismo embedded che in Ucraina è diventato l’unica modalità per avere l’accredito, con Israele l’asservimento è completo. 

Mentre la gente muore si discute su chi governerà Gaza dopo l’eliminazione di Hamas, senza chiedersi chi e che cosa sostituirà Hamas. Chi governerà un cumulo di macerie? Si cercherà ancora una volta di ricattare i palestinesi con pochi spiccioli che arriveranno se e come Israele vorrà? C’è da scommettere che sulle spoglie dei palestinesi si scanneranno coloro che oggi chiudono gli occhi di fronte a un massacro, complice la disinformazione. 

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