Afghanistan, il mondo è complice dei talebani lapidatori di donne

Ora c’è l’indignazione espansa. Si grida al “medioevo fondamentalista”. Si scrivono articolesse furiose anche da parte di coloro che dopo la fuga dell’Occidente, dopo venti anni di una guerra sanguinosa quanto fallimentare, hanno cancellato l'Afghanistan

Afghanistan, il mondo è complice dei talebani lapidatori di donne
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

30 Marzo 2024 - 15.49


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Ora c’è l’indignazione espansa. Si grida al “medioevo fondamentalista”. Si scrivono articolesse furiose anche da parte di coloro che dopo la fuga dell’Occidente, dopo venti anni di una guerra sanguinosa quanto fallimentare, hanno cancellato dai radar mediatici l’Afghanistan. Così, e ne meniamo vanto, non è stato per Globalist. Che sull’inferno talebano ha sempre continuato a informare, a denunciare.

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Un regime misogino

Scrive Monica Coviello per Vanity Fair: “Per le donne afghane sono tornati i giorni bui del dominio dei talebani negli anni Novanta. Il leader supremo dei talebani, Hibatullah Akhundzada, ha annunciato che l’organizzazione fondamentalista inizierà a far rispettare la sua interpretazione della legge della sharia in Afghanistan, reintroducendo la fustigazione pubblica e la lapidazione delle donne per adulterio. Lo ha detto a Radio Television Afghanistan, emittente controllata dai talebani: «Fustigheremo le donne adultere, le lapideremo a morte in pubblico. Tutto questo è contro la vostra democrazia, ma continueremo a farlo. Entrambi diciamo che difendiamo i diritti umani: noi lo facciamo come rappresentanti di Dio e voi come rappresentanti del diavolo. L’opera dei talebani non si è conclusa con la presa di Kabul, è appena iniziata».

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Secondo Safia Arefi, avvocato a capo dell’organizzazione afghana per i diritti umani Women’s Window of Hope, un annuncio simile è stato possibile solo dal silenzio della comunità internazionale. «Con questo messaggio del leader talebano è iniziato un nuovo capitolo di punizioni private, e le donne afghane stanno sperimentando una profonda solitudine», ha spiegato al Guardian. «Nessuno è al loro fianco per salvarle dalle punizioni dei talebani. La comunità internazionale ha scelto di rimanere in silenzio di fronte a queste violazioni dei diritti delle donne».

Da quando hanno preso il potere, nell’agosto 2021, i talebani hanno sciolto la costituzione dell’Afghanistan sostenuta dall’Occidente e abolito i codici penali esistenti, sostituendoli con la loro interpretazione rigida e fondamentalista della legge della sharia. Hanno anche messo al bando le donne avvocati e giudici, prendendo di mira molte di loro per il lavoro che hanno svolto prima del loro ritorno.

«Il denaro che i talebani ricevono dalla comunità internazionale come aiuto umanitario non fa altro che alimentare i loro progetti contro le donne», ha spiegato al Telegraph Tala, ex funzionaria pubblica di Kabul. «Come donna, non mi sento sicura e protetta in Afghanistan. Ogni mattina inizia con una raffica di avvisi e ordini che impongono restrizioni e regole stringenti alle donne, privandole anche delle gioie più piccole e spegnendo la speranza per un futuro migliore. Noi donne viviamo in prigione, una prigione che i talebani rendono ogni giorno sempre più piccola».

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Solo lo scorso anno, secondo Afghan Witness, un gruppo di ricerca che monitora i diritti umani in Afghanistan, i giudici nominati dai talebani hanno ordinato 417 fustigazionied esecuzioni pubbliche. Di questi, 57 a danno di donne”.

 Un milione e 100.000 donne escluse dall’istruzione secondaria, 1095 civili uccisi, il 43% degli organi di stampa chiusi, 2374 giornaliste estromesse dal loro lavoro: sono i numeri agghiaccianti dell’Afganistan di oggi, un Paese dove dal 15 agosto 2021, data in cui i talebani hanno ripreso il potere, è iniziata una nuova fase di violenze, che vede i diritti umani sotto attacco su tutti i fronti.

Amnesty International, ogni giorno al fianco della popolazione, chiede alla comunità internazionale tutto il sostegno possibile per difendere il diritto delle donne e degli uomini dell’Afganistan a vivere in libertà, dignità e uguaglianza e rilancia un appello a sostenere questa lotta, anche attraverso uno strumento di solidarietà concreta come il lascito solidale.

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“I talebani, nel corso di questi due anni, hanno progressivamente smantellato le istituzioni fondamentali per la tutela dei diritti umani e represso la libertà di espressione e di associazione, il diritto a un giusto processo e altri diritti fondamentali. In particolare, hanno soppresso i diritti essenziali delle donne e delle ragazze. Si sono verificati arresti arbitrari, torture, rapimenti e omicidi di giornalisti, atleti, artisti, attivisti, difensori dei diritti umani, accademici, membri di minoranze religiose ed etniche” spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. “In questo scenario, è fondamentale che tutti prendano parte alla lotta di migliaia di donne e di uomini che stanno rischiando la vita per costruire un futuro di diritti e libertà. Certamente il lascito solidale è una formidabile leva verso questo cambiamento”.

Attraverso la campagna ‘Chi lotterà al tuo posto quando non ci sarai più?’ Amnesty International ricorda che il lascito solidale è uno straordinario strumento di solidarietà che consente all’organizzazione di lottare ogni giorno al fianco delle donne e degli uomini dell’Afganistan. Si può scegliere di lasciare una somma di denaro, un bene immobile oppure mobile. Si tratta di un gesto non vincolante, che può essere ripensato e modificato in qualsiasi momento, si legge in una nota di Amnesty”.

La denuncia è del 27 ottobre 2023. Sei mesi dopo, la situazione è ulteriormente peggiorata.

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L’ultima puntata dello scontro tra talebani e donne afghane si consuma tra spazzole, belletti e smalti per le unghie. Ieri a Kabul le forze dell’ordine hanno disperso con gli idranti e diversi colpi in aria una manifestazione di una cinquantina di donne he protestavano contro la decisione del governo di chiudere parrucchieri e saloni di bellezza, ennesimo giro di vite che mira ad escludere la popolazione femminile dalla vita pubblicadel paese. In quasi due anni dal loro ritorno al potere, dopo la catastrofica smobilitazione della missione internazionale a guida Usa, gli ex studenti coranici hanno escluso le studentesse dalle scuole superiori e dalle università, impedito loro di frequentare aree pubbliche, luna park e palestre e ordinato di coprirsi integralmente in pubblico. Un ritorno al passato che ha rapidamente fugato ogni speranza sul fatto che l’emirato 2.0’ costituito nel 2021 non avrebbe assunto le caratteristiche di quello che aveva governato il paese nei suoi anni più bui. Oggi, l’ultima ordinanza impone alle donne di chiudere anche parrucchieri e centri di bellezza – a volte l’unica fonte di reddito per le famiglie – mettendo fuori legge una delle poche opportunità rimaste per socializzare lontano da casa. “Lavoro, cibo, libertà”, recitava un cartello brandito da una delle manifestanti che hanno coraggiosamente sfilato in Butcher Street, nel centro della capitale, prima di essere disperse.

Guerra all’eyeliner?

Lo scopo della nostra manifestazione era che loro riconsiderassero e revocassero la decisione di chiudere i saloni di bellezza perché si tratta delle nostre vite” racconta una manifestante ad al-Jazeera. “Ma oggi nessuno è venuto a parlarci, ad ascoltarci. Non ci hanno prestato attenzione e dopo un po’ ci hanno disperso con colpi in aria e cannoni ad acqua”. Secondo la camera di commercio afghana se la decisione non sarà ritirata, circa 60mila donne, molte delle quali unicafonte di reddito per le loro famiglie, rimarranno senza lavoro. Il Ministero per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio ha giustificato la decisione con il fatto che le somme “eccessive” spese nei saloni avrebbero causato difficoltà alle famiglie povere e che alcuni trattamenti non sarebbero in lineacon i precetti islamici: troppo trucco impedirebbe alle donne di effettuare le abluzioni adeguate alla preghiera, mentre l’extension delle ciglia e la colorazione dei capelli sarebbero in conflitto con l’obbligo di “modestia”. I saloni di bellezza erano rimasti chiusi nel paese tra il 1996 e il 2001 quando i talebani erano al potere. Poi si erano moltiplicati a Kabul e in altre città nei 20 anni in cui le forze guidate dagli Stati Uniti hanno di fatto occupato il paese. Dal ritorno dei talebani, nel 2021 erano rimasti aperti, ma le vetrine erano state coperte e le immagini delle donne fuori dai negozi erano state dipinte con spruzzi di vernice per nascondere i loro volti.

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Un’apartheid delle donne?

Il rispetto dei diritti delle donne era tra le condizioni poste dalla comunità internazionale nei negoziati coi Talebani per la ripresa degli aiuti umanitari. Eppure, un rapporto del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a firma di Richard Bennett, relatore speciale per l’Afghanistan, riferisce che la situazione delle donne e delle ragazze nel paese “è tra le peggiori al mondo”. Secondo il relatore, “la discriminazione grave, sistematica e istituzionalizzata contro le donne e le ragazze è al centro dell’ideologia e del governo dei talebani”, in linea con comportamenti tacciabili di veri e propri “crimini contro l’umanità” e “apartheid di genere”. Il leader talebano Haibatullah Akhundzada, che appare raramente in pubblico e governa per decreto dalla roccaforte talebana di Kandahar, ha detto il mese scorso che le donne afgane sono state salvate dalle “oppressioni tradizionali” grazie all’adozione del governo islamico e al ripristino del loro status di “esseri umani liberi e dignitosi”. Diversi governi della regione, dalla Turchia all’Arabia Saudita, tuttavia, hanno bollato le restrizioni imposte alle donne come “non conformi alla religione e ai principi dell’Islam”.

L’altra metà del cielo?

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Intanto, a quasi due anni dal ritiro degli Stati Uniti, per le donne e gli attivisti nel paese si sono verificati i più cupi tra gli scenari ipotizzabili. I talebani sono ancora saldamente al comando e nonostante le previsioni iniziali di una guerra civile, nessuna resistenza sostanziale si è manifestata finora a sfidare il loro potere. E se è vero che il paese è in preda ad una gravissima crisi umanitaria, la sua economia – fortemente dipendente dagli aiuti esterni – si è contratta ma non è ancora implosa. Allo stesso modo, mentre l’inflazione alimentare è in calo, in assenza di soluzioni a lungo termine in vista, il paese è preda di un lento ma inesorabile naufragio. Anche la comunità internazionale che si è cautamente impegnata, ma senza veramente impegnarsi in un confronto con il nuovo governo, temporeggia indecisa in una sorta di limbo. Intanto le restrizioni dei talebani stanno rendendo la vita dei cittadini sempre più difficile e scoraggiano ogni speranza per il futuro. Oggi l’Afghanistan è l’unico paese al mondo che impedisce l’accesso di ragazze e donne all’istruzione. “Si rischia di perdere un’intera generazione, poiché le donne istruite sono essenziali per lo sviluppo”, spiega l’Unesco. “L’Afghanistan – o qualsiasi altro paese – non può progredire se metà della sua popolazione non può avere un’istruzione e partecipare alla vita pubblica”. Il report Ispi è del luglio 2023.

Nessuno può dire “non sapevo”. La comunità internazionale ha lasciato sole le donne afghane. Il mondo è complice dei lapidatori. 

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