Nei primi due giorni di maggio, sei studenti del Swarthmore College, in Pennsylvania, sono stati sospesi in via cautelare per aver partecipato alla creazione di un accampamento sul campus a sostegno della Palestina. Secondo quanto dichiarato il 2 maggio dal gruppo Students for Justice in Palestine (SJP) dell’ateneo, le sospensioni sono avvenute senza un giusto processo, e agli studenti è stato ordinato di lasciare il campus immediatamente.
Tra gli studenti sospesi, quattro sono persone di colore e tre provengono da famiglie a basso reddito e di prima generazione universitaria. Secondo SJP, questo rappresenta “una tendenza preoccupante da parte di Swarthmore a colpire i manifestanti più vulnerabili sulla base di discriminazioni razziali”. Gli studenti colpiti dal provvedimento non possono partecipare ad eventi accademici né mettere piede nel campus.
In un comunicato del 1° maggio rivolto alla comunità universitaria, la presidente di Swarthmore, Valerie Smith, ha affermato che i manifestanti avevano danneggiato alcune proprietà del campus. “Se continueranno a non disperdersi e a violare le regole dell’università e la legge,” ha dichiarato Smith, “saremo costretti a intensificare la nostra risposta, valutando tutte le azioni necessarie per porre fine all’accampamento”.
Smith ha aggiunto che SJP ha utilizzato i social media per invitare attivisti esterni a unirsi alla protesta, e ha ignorato le richieste ripetute di sgomberare il prato di Trotter Lawn, dove è sorto l’accampamento. Gli studenti erano stati informati più volte, verbalmente e per iscritto, che stavano violando il codice di condotta e che la mancata rimozione dell’accampamento avrebbe portato a sospensioni immediate.
Il Swarthmore College è una delle 60 università statunitensi attualmente sotto indagine per presunti episodi di antisemitismo, secondo le direttive dell’amministrazione Trump. Il giro di vite sulle proteste pro-Palestina nelle università, inclusi provvedimenti disciplinari, arresti e sospensioni, risponde infatti a ordini diretti dell’ex presidente, intenzionato a mostrare tolleranza zero verso ogni forma di dissenso studentesco su Gaza. Molti atenei, compreso Swarthmore, temono di incorrere nelle rappresaglie politiche e legali dell’amministrazione Trump, comprese pressioni su finanziamenti e status fiscale.
Questa primavera, diversi campus universitari hanno assistito a un ritorno delle proteste pro-Palestina, in opposizione alla guerra di Israele su Gaza. Dallo scorso 7 ottobre, si stima che siano stati uccisi oltre 62.000 palestinesi e circa 1.100 israeliani. Tuttavia, rispetto all’anno precedente, le proteste sono state fortemente limitate da misure repressive e provvedimenti punitivi da parte delle autorità.
A fine aprile, nell’università di Yale, centinaia di studenti hanno partecipato a un accampamento durato pochi giorni. Il 22 aprile, 44 studenti sono stati arrestati, e alcuni sono ora sotto procedimento disciplinare. A Tulane University, invece, sette studenti rischiano la sospensione o l’espulsione per aver preso parte a una manifestazione fuori dal campus a sostegno dello studente pro-Palestina ed ex membro della Columbia University, Mahmoud Khalil.
Nonostante le sospensioni, i membri di SJP a Swarthmore hanno dichiarato di voler proseguire l’accampamento: “Questi provvedimenti non cambiano ciò per cui siamo qui: la memoria delle centinaia di migliaia di palestinesi uccisi e sfollati, che continuano a resistere di fronte a una violenza genocida”.
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