Gaza, il segretario dell'Onu Guterres preoccupato per il 'massacro annunciato' da Netanyahu

Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha espresso profonda preoccupazione per il piano militare israeliano che, secondo fonti ufficiali, prevede un’espansione delle operazioni nella Striscia di Gaza

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5 Maggio 2025 - 21.35


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Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha espresso profonda preoccupazione per il piano militare israeliano che, secondo fonti ufficiali, prevede un’espansione delle operazioni nella Striscia di Gaza, con l’obiettivo di assumerne il controllo totale. Il portavoce dell’ONU, Farhan Haq, ha riferito che Guterres considera tale strategia “allarmante” per le sue potenziali conseguenze umanitarie e geopolitiche, in un contesto già segnato da una crisi senza precedenti nella regione.

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Il piano, approvato all’unanimità dal gabinetto israeliano nella notte tra il 4 e il 5 maggio 2025, secondo quanto riportato da Euronews e Associated Press, mira a intensificare l’occupazione militare di Gaza, con il controllo di circa il 50% del territorio già in mano alle forze israeliane (IDF) dopo la violazione del cessate il fuoco con Hamas a metà marzo 2025. La strategia include il trasferimento forzato della popolazione palestinese verso sud, in una “zona umanitaria” costiera, e l’esclusione di Hamas dalla distribuzione degli aiuti umanitari, che verrebbero affidati a compagnie private. Inoltre, il piano prevede attacchi mirati contro i miliziani palestinesi e il mantenimento a tempo indeterminato dei territori occupati.

Contesto umanitario e violazioni del diritto internazionale

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La preoccupazione di Guterres si inserisce in un quadro drammatico: dal marzo 2025, Israele ha imposto un blocco totale agli aiuti umanitari, impedendo l’ingresso di cibo, acqua, carburante e medicinali nella Striscia. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità e il Programma Alimentare Mondiale, l’80% della popolazione di Gaza dipende da cucine di carità, con un aumento allarmante della malnutrizione infantile e delle malattie legate alle condizioni igienico-sanitarie. L’ONU ha denunciato che tali restrizioni, combinate con ordini di evacuazione che hanno costretto il 70% della popolazione in “zone rosse” o aree di sfollamento, potrebbero configurare violazioni gravi del diritto internazionale, incluso il trasferimento forzato di civili, considerato un crimine ai sensi dello Statuto di Roma.

Human Rights Watch e altre organizzazioni per i diritti umani hanno definito queste azioni come “deliberate” e “sistematiche”, chiedendo sanzioni mirate contro Israele e la sospensione della vendita di armi. Una commissione speciale dell’ONU ha recentemente accusato Israele di condurre operazioni compatibili con il genocidio, citando bombardamenti indiscriminati e l’uso della fame come arma di guerra. La Corte Internazionale di Giustizia, già nel gennaio 2025, aveva ordinato a Israele di prevenire atti di genocidio e garantire l’accesso agli aiuti, un ordine che, secondo gli osservatori, non è stato pienamente rispettato.

La posizione di Netanyahu e le critiche internazionali

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Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha difeso il piano come necessario per “sconfiggere Hamas” e “liberare gli ostaggi” ancora trattenuti nella Striscia, obiettivi dichiarati sin dall’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Tuttavia, la strategia di escalation militare, sostenuta dall’ala di estrema destra del suo governo, sembra trascurare le implicazioni umanitarie e le condanne internazionali. L’approvazione del piano coincide con il richiamo di decine di migliaia di riservisti da parte dell’IDF, segnalando una preparazione per un’offensiva su larga scala.

Pur rispettando le legittime preoccupazioni di sicurezza di Israele, è difficile non rilevare un approccio che appare sproporzionato e scarsamente attento alle conseguenze per i civili. La decisione di proseguire con un’occupazione militare di lungo termine, ignorando le richieste di cessate il fuoco e di accesso agli aiuti, rischia di esacerbare una crisi umanitaria già definita “un inferno sulla terra” dal presidente della Croce Rossa. Inoltre, il sostegno di Netanyahu al controverso piano di “emigrazione volontaria” dei palestinesi, appoggiato da figure come il ministro Itamar Ben-Gvir, ha suscitato accuse di “pulizia etnica” da parte del segretario generale Guterres e di altri leader mondiali.

Un appello alla moderazione

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La comunità internazionale, inclusi alleati storici di Israele come gli Stati Uniti, si trova in una posizione delicata. Sebbene il presidente Donald Trump abbia prospettato un coinvolgimento nella ricostruzione di Gaza, la sua amministrazione ha escluso finanziamenti diretti, delegando la gestione a partner regionali. Nel frattempo, l’ONU e le agenzie umanitarie continuano a chiedere un accesso immediato agli aiuti e una de-escalation militare, sottolineando che “gli aiuti non sono negoziabili”.

In questo contesto, pur riconoscendo le sfide di sicurezza affrontate da Israele, appare imprescindibile un cambio di rotta da parte del governo Netanyahu. Una strategia che privilegi il dialogo, il rispetto del diritto internazionale e la protezione dei civili potrebbe non solo attenuare la crisi umanitaria, ma anche preservare la credibilità di Israele sulla scena globale. L’allarme di Guterres non è un’accusa, ma un monito: ignorarlo rischia di condurre a conseguenze irreversibili per tutte le parti coinvolte.

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