55 Ong italiane: Israele sta chiudendo ogni spazio agli aiuti umanitari e a chi prova a gestirli
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55 Ong italiane: Israele sta chiudendo ogni spazio agli aiuti umanitari e a chi prova a gestirli

55 organizzazioni, tra cui Oxfam, che operano in Israele e nei Territori palestinesi occupati lanciano un appello urgente alla comunità internazionale per contrastare le nuove regole imposte da Israele, relative alla registrazione delle Ong internazionali.

55 Ong italiane: Israele sta chiudendo ogni spazio agli aiuti umanitari e a chi prova a gestirli
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

6 Maggio 2025 - 20.17


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55 organizzazioni, tra cui Oxfam, che operano in Israele e nei Territori palestinesi occupati lanciano un appello urgente alla comunità internazionale per contrastare le nuove regole imposte da Israele, relative alla registrazione delle Ong internazionali.

“Tali norme – rimarca l’appello – sono basate su criteri vaghi, discrezionali e politicizzati ed inoltre mirano:

  • ad affermare il controllo del Governo israeliano sulle operazioni umanitarie o sui programmi di sviluppo e di peacebuilding indipendenti; 
  • a mettere a tacere la denuncia delle violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani;
  • rafforzare ulteriormente il controllo israeliano e l’annessione de facto dei Territori palestinesi occupati.

Per oltre un anno e mezzo, le organizzazioni umanitarie hanno continuato a operare nonostante le inedite limitazioni imposte, garantendo a milioni di persone l’accesso agli aiuti alimentari, all’acqua pulita, all’assistenza sanitaria e legale, all’istruzione in tutti Territori Occupati Palestinesi. Le nuove regole di registrazione minacciano ora di bloccare questo lavoro essenziale, rischiando di creare un pericoloso precedente.

In base alle nuove disposizioni, le Ong già operanti in Israele possono subire infatti la cancellazione della propria registrazione, mentre nuovi richiedenti rischiano di essere respinti sulla base di criteri arbitrari o valutazioni puramente politiche: si può essere accusati, per esempio, di aver espresso una posizione volta a “delegittimare Israele” o aver denunciato violazioni del diritto internazionale.

 Fattori di esclusione possono essere anche il sostegno negli ultimi 7 anni a campagne di boicottaggio verso Israele (anche se intraprese a titolo personale da dipendenti partner, membri del consiglio di amministrazione o fondatori) o il mancato rispetto di requisiti di rendicontazione esaustivi.

 Considerando la difesa dei diritti umani e umanitari come potenziale minaccia per lo Stato, le autorità israeliane possono dunque impedire alle organizzazioni umanitarie di agire secondo il proprio mandato, solo per aver denunciato le condizioni di vita sul campo, costringendole di fatto a scegliere tra portare aiuti alla popolazione colpita o difenderne i diritti denunciando la loro violazione.

Le Ong sono inoltre tenute a presentare a Israele, al momento della richiesta di registrazione, elenchi completi del personale e altre informazioni sensibili sulle loro famiglie. Un elemento che desta gravi preoccupazioni per la tutela della sicurezza degli operatori umanitari e sanitari, spesso bersagli di attacchi, minacce e detenzioni.

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 Queste nuove regole arrivano dopo mesi di violenze e restrizioni, mai riscontrate dalle agenzie umanitarie: 

  • blocco di aiuti essenziali o ritardi ingiustificati a causa di restrizioni burocratiche arbitrarie, ostacoli logistici, assedio totale posto su Gaza;
  • uccisione di oltre 400 operatori umanitari nella Striscia, detenzione di tantissimi altri e attacco ripetuto a strutture o convogli umanitari contrassegnati e notificati;
  • approvazione di leggi volte a limitare le operazioni dell’Unrwa, il principale fornitore di servizi essenziali per i palestinesi;
  • approvazione di una legge che, imponendo una tassa fino all’80% sui finanziamenti governativi esteri alle Ong israeliane, sottrae risorse essenziali per fornire assistenza legale alle comunità che devono affrontare sfollamenti, demolizioni o violenze dei coloni;
  • sospensione dei visti di lavoro per il personale internazionale e revoca dei permessi di accesso a Gerusalemme per i palestinesi residenti in Cisgiordania, con gravi limitazioni per le operazioni umanitarie;
  • il subordinare la registrazione delle Ong all’allineamento politico e ideologico con il Governo israeliano, minando così la neutralità, l’imparzialità e l’indipendenza degli attori umanitari.

Secondo il diritto umanitario internazionale, le potenze occupanti sono obbligate a facilitare un’assistenza umanitaria imparziale e a garantire il benessere della popolazione protetta. Qualsiasi tentativo di condizionare l’accesso umanitario all’allineamento politico o di penalizzare le organizzazioni per l’adempimento del loro mandato rischia quindi di violare questi principi.

La Corte internazionale di giustizia (CIG) ha ordinato a Israele di consentire la consegna senza ostacoli degli aiuti umanitari a Gaza in tre ordini di misure provvisorie giuridicamente vincolanti nel 2024. Tuttavia, queste nuove regole ampliano e istituzionalizzano le barriere esistenti agli aiuti.

Le organizzazioni firmatarie dell’appello chiedono quindi agli Stati, tra cui l’Italia, ai donatori e alla comunità internazionale di:

  • utilizzare tutti i mezzi possibili per proteggere le operazioni umanitarie da misure che ne compromettano la neutralità, l’indipendenza e l’attuazione, compresi i requisiti relativi all’elenco del personale, i controlli politici e le vaghe clausole di revoca.
  • intraprendere azioni politiche e diplomatiche concrete, al di là delle dichiarazioni di intenti, per garantire un accesso umanitario senza ostacoli;
  • sostenere le Ong e le organizzazioni della società civile palestinese e israeliana legalmente, a livello diplomatico e in termini di flessibilità dei finanziamenti, per contribuire a mitigare i rischi legali, finanziari e di reputazione. 
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Le organizzazioni firmatarie sottolineano inoltre che l’impegno nel processo di registrazione per poter continuare a realizzare operazioni umanitarie essenziali per la popolazione, non deve essere interpretato come un’approvazione di queste misure. Tutte rimangono impegnate nella fornitura di aiuti umanitari, in progetti e attività per lo sviluppo e la costruzione della pace che siano indipendenti, imparziali e basati sulle necessità, in piena conformità con il diritto internazionale e i principi umanitari che ne derivano.

Le organizzazioni firmatarie sono pronte a confrontarsi con le autorità israeliane sui processi amministrativi, ma non possono accettare misure che penalizzano il lavoro umanitario o espongono il personale a ritorsioni. Queste misure non solo compromettono la risposta nei Territori Occupati Palestinesi, ma costituiscono anche un pericoloso precedente per la realizzazione di operazioni umanitarie in tutto il mondo”.

 Fermate Israele: Chiediamo alle istituzioni nazionali ed europee di rompere il silenzio e ogni complicità̀

Al Presidente della Repubblica

Al Presidente della Commissione Europea

Al Governo italiano

Al Parlamento italiano ed europeo

“Se ancora ha un senso essere una democrazia.
Se ancora pensiamo che i diritti umani esistono e debbano essere garantiti ad ogni donna ed ogni uomo.
Se ancora crediamo che il diritto alla vita e alla propria terra valga per tutti i popoli, nessuno escluso.

Allora, non ci sono dubbi: va fermata l’azione criminale, di pulizia etnica, di punizione collettiva del governo israeliano nei confronti della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania!
Va impedito il piano di annessione della Striscia di Gaza ad Israele e va impedita l’espulsione dei palestinesi dalla loro terra.

Dal 2 marzo l’esercito israeliano sta impedendo l’accesso di cibo, acqua, elettricità̀, cure sanitarie ad una popolazione stremata, senza più̀ un rifugio sicuro, costretta a spostarsi in una Striscia di Gaza ridotta in macerie e concentrata sempre di più̀ in un fazzoletto di terra. Analogamente il governo israeliano con il sostegno dei coloni e dell’esercito di occupazione sta confiscando terre, uccidendo civili, cancellando coltivazioni, distruggendo strade ed abitazioni.

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Chiediamo alle istituzioni nazionali ed europee di rompere il silenzio e ogni complicità̀ assumendo finalmente una forte iniziativa per il cessate il fuoco, per l’apertura immediata di tutti i valichi per fare arrivare aiuti alla popolazione civile attraverso le agenzie umanitarie internazionali, per la liberazione di ostaggi e prigionieri e per la convocazione di una conferenza di pace con mandato Onu.

Chiediamo che siano prese immediate iniziative concrete di carattere politico, diplomatico ed economico, come:

  • il riconoscimento da parte dell’Italia dello Stato di Palestina
  • la convocazione dell’ambasciatore israeliano alla Farnesina al quale comunicare la richiesta d’immediata cessazione dei bombardamenti e del blocco degli aiuti a Gaza e per porre fine alle uccisioni e alle violenze in Cisgiordania
  • la sospensione della cooperazione militare, l’acquisto e la vendita di armamenti con e da Israele
  • la sospensione dell’accordo di partenariato Ue/Israele
  • il rispetto e l’applicazione delle sentenze della Corte Internazionale di Giustizia per violazione della Convenzione contro il genocidio e quelle della Corte Penale Internazionale rispetto ai responsabili di crimini di guerra e contro l’umanità̀
  • restituire piena agibilità̀ all’agenzie Onu a Gaza e in tutti i territori palestinesi occupati, ritirando la legge israeliana che mette al bando l’Unrwa (l’Agenzia per i rifugiati Palestinesi) e ripristinando i fondi per la cooperazione e per gli aiuti umanitari per Gaza e per la Cisgiordania
  • opporsi ad ogni piano di deportazione della popolazione palestinese fuori dalla loro terra e chiedere il ritiro dell’esercito israeliano dai territori palestinesi”.

Questa è la lettera aperta di Rete Italiana Pace e Disarmo. Fermate Israele. Un imperativo morale, con la Palestina nel cuore.

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