Orban prepara una legge per mettere al bando media indipendenti e le Ong
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Orban prepara una legge per mettere al bando media indipendenti e le Ong

Il parlamento ungherese sta esaminando un disegno di legge che conferirebbe alle autorità ampi poteri per monitorare, penalizzare e persino vietare le organizzazioni considerate una minaccia alla sovranità nazionale.

Orban prepara una legge per mettere al bando media indipendenti e le Ong
Proteste anti-Orban in Ungheria
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14 Maggio 2025 - 20.38


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Il parlamento ungherese sta esaminando un disegno di legge che conferirebbe alle autorità ampi poteri per monitorare, penalizzare e persino vietare le organizzazioni considerate una minaccia alla sovranità nazionale. Secondo le forze di opposizione, la proposta potrebbe consentire al governo di Viktor Orbán di chiudere tutte le testate indipendenti e le ONG impegnate nella vita pubblica.

La legge, presentata martedì sera da un deputato del partito Fidesz, di orientamento populista e di destra, mira a espandere i poteri dell’Ufficio per la protezione della sovranità, un organo statale già al centro di polemiche.

Il testo consentirebbe all’ufficio di raccomandare l’inserimento in una lista nera delle organizzazioni accusate di “minacciare la sovranità dell’Ungheria tramite finanziamenti stranieri volti a influenzare la vita pubblica”. La definizione di “minaccia” è estremamente ampia e include atti come minare l’identità costituzionale dell’Ungheria, la sua cultura cristiana o mettere in discussione la centralità del matrimonio, della famiglia e dei sessi biologici.

La legge, che Fidesz dovrebbe approvare grazie alla sua maggioranza di due terzi in parlamento, segue un discorso tenuto da Orbán a febbraio, in cui prometteva di eliminare le organizzazioni finanziate dall’estero, dichiarando che “devono essere spazzate via, rese legalmente impossibili”.

Il disegno di legge prevede anche che le autorità possano accedere a conti bancari, documenti e dispositivi elettronici delle organizzazioni inserite nella lista nera. Queste verrebbero escluse dalla possibilità di ricevere donazioni tramite la quota dell’imposta sul reddito dei cittadini – fonte vitale per molte ONG – e dovrebbero ottenere un’autorizzazione speciale per ricevere fondi dall’estero. I donatori, inoltre, dovrebbero dichiarare ufficialmente che il denaro non proviene da fonti straniere.

In caso di utilizzo di fondi esteri ritenuti lesivi della sovranità nazionale, le organizzazioni potrebbero essere multate fino a 25 volte l’ammontare ricevuto. Il mancato pagamento entro 15 giorni, o il reiterarsi delle violazioni, potrebbe portare alla loro chiusura forzata.

Zoltán Kovács, portavoce del governo, ha giustificato la proposta con la presunta necessità di contrastare l’influenza politica esercitata da soggetti finanziati dall’estero. “Le indagini e le rivelazioni pubbliche degli ultimi anni hanno mostrato che milioni di dollari, provenienti soprattutto da entità americane e con sede a Bruxelles, sono stati convogliati verso gruppi civici e media ungheresi con agende ideologiche chiare”, ha scritto sui social.

Secondo il sito di informazione Telex, tra i fondi sotto accusa vi sarebbero anche quelli legati all’Unione Europea.

Le reazioni dell’opposizione non si sono fatte attendere. “Con questa proposta potrebbero chiudere ogni media indipendente e ogni ONG che si occupa di affari pubblici”, ha dichiarato Márton Tompos, leader del partito d’opposizione Momentum.

Dal ritorno al potere nel 2010, Orbán ha sistematicamente preso di mira le ONG e i media indipendenti, arrivando a controllare circa l’80% del panorama informativo nazionale. Nel 2017 fu varata una legge che imponeva alle ONG con oltre 24.000 euro di finanziamenti esteri di registrarsi presso i tribunali e dichiarare tale status nelle proprie pubblicazioni. Una norma giudicata discriminatoria dalla Corte di giustizia dell’UE nel 2020, che Amnesty International definì “un attacco calcolato e spietato alla società civile”.

Nel 2023 il governo ha ulteriormente rafforzato i controlli creando l’Ufficio per la protezione della sovranità, incaricato di indagare su organizzazioni e media ritenuti influenzati dall’estero. L’istituzione ha suscitato subito paragoni con la legge russa sugli “agenti stranieri”.

Mercoledì questi paragoni sono tornati con forza. “È il copione russo”, ha scritto sui social il sindaco di Budapest Gergely Karácsony. Il parlamentare indipendente Ákos Hadházy ha parlato di un’ulteriore tappa della “putinizzazione” dell’Ungheria.

Hadházy ha legato il disegno di legge a una strategia di potere a lungo termine di Fidesz, già evidente nel recente divieto delle manifestazioni pubbliche legate alla comunità LGBTQ+. “Lo diciamo da settimane: la cosiddetta legge ‘anti-Pride’ era solo l’inizio, il primo passo per rendere illegali stampa indipendente e ONG, e forse anche partiti e politici”.

“Chi ha pensato finora che Fidesz non avrebbe osato spingersi oltre, è ora che si svegli.”

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