Nel cuore della notte, una nuova ondata di attacchi israeliani ha colpito duramente la Striscia di Gaza, provocando la morte di almeno 125 palestinesi nel giro di poche ore. Fonti mediche sul campo parlano di numerosi bambini tra le vittime. Solo un’ora prima, il bilancio ufficiale era fermo a 101. Il drammatico incremento conferma la crescente intensità della campagna militare israeliana, che continua a colpire aree densamente popolate e ad aggravare una crisi umanitaria già estrema.
L’ospedale indonesiano nel mirino
Nel nord di Gaza, l’ospedale indonesiano è stato nuovamente bersaglio di attacchi intensificati sin dalle prime ore del giorno. Lo ha riferito il Ministero della Salute di Gaza in un comunicato su Telegram, denunciando una situazione di caos e panico tra pazienti, feriti e personale sanitario.
“La situazione ha ostacolato gravemente la possibilità di fornire cure d’emergenza”, si legge nella nota, che riporta anche il ferimento di due pazienti mentre tentavano di fuggire dalla struttura. Il ministero denuncia inoltre che l’assedio israeliano rende impossibile il trasferimento dei feriti verso l’ospedale, mentre i bombardamenti continuano.
Sempre secondo il Ministero della Salute, l’offensiva israeliana rappresenta una “campagna sistematica” contro le strutture ospedaliere della Striscia. Nelle scorse ore, l’ospedale europeo di Khan Younis è stato dichiarato fuori servizio dopo essere stato colpito.
Al-Mawasi, la trappola mortale dei rifugiati
Da Gaza City, il giornalista Hani Mahmoud descrive al-Mawasi — località a ovest di Khan Younis — come una “scatola della morte”. L’area, indicata ufficialmente come zona sicura dall’esercito israeliano, si è trasformata in un luogo di sterminio per famiglie sfollate e traumatizzate da oltre un anno e mezzo di guerra.
“Stanno morendo intere famiglie, più generazioni cancellate in un solo istante”, racconta Mahmoud. Solo nelle ultime ore, 36 persone sono state uccise in quella zona, dove avevano cercato riparo.
Nonostante l’assenza di reali condizioni di sicurezza, molte famiglie continuano a spostarsi verso al-Mawasi, fidandosi delle indicazioni israeliane. Tuttavia, i fatti documentati dimostrano che spesso la morte arriva poco dopo il loro arrivo, alimentando il sospetto che l’apparente “zona sicura” sia diventata invece un’area di esecuzione a cielo aperto.
Una crisi umanitaria senza via d’uscita
A quasi venti mesi dall’inizio dell’offensiva, la popolazione di Gaza appare stremata, senza vie di fuga né garanzie di protezione. Le infrastrutture sanitarie sono sotto assedio, i centri abitati devastati, i rifugi trasformati in trappole letali. Ogni appello alla protezione dei civili sembra svanire nel rumore costante delle esplosioni.
Non è più solo una guerra: è una spirale di annientamento, dove i confini tra obiettivo militare e popolazione civile appaiono sempre più sfumati.