Tutti i nazionalisti, oppressori e oppressi, mangiano nella stessa mensa: quella dei cannibali
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Tutti i nazionalisti, oppressori e oppressi, mangiano nella stessa mensa: quella dei cannibali

Tutti i nazionalisti, grandi e piccoli, oppressori e oppressi, mangiano tutti nella stessa mensa.  È una mensa cannibale.

Tutti i nazionalisti, oppressori e oppressi, mangiano nella stessa mensa: quella dei cannibali
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Beatrice Sarzi Amade Modifica articolo

28 Maggio 2025 - 22.00


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Tutti i nazionalisti, grandi e piccoli, oppressori e oppressi, mangiano tutti nella stessa mensa. 

È una mensa cannibale.

La stanchezza, senza dubbio, mi rende sempre meno a mio agio e capace di essere indifferente a quella che considero “stupidità criminale”. 

L’altro ieri postavo una poesia di Brodsky, e ho ricevuto un commento: 

“Cara Beatrice”, drappeggia una santa indignazione contro la “grande cultura russa”, e Brodksy in particolare, nel 1991 ne scrisse un po’. Poesia violenta contro l’indipendenza dell’Ucraina. Una poesia che ha letto in pubblico, ma non è mai stata pubblicata. 

Beh, l’ha scritto. Avendo scritto questa poesia, è, così, diventato un lirico dell’Impero Russo, e della “Grande Russia”, presunto, suppongo, del regime che per primo lo perseguitò: vietato di pubblicare, rinchiuso, trattato con la forza contro la follia dissidente, buttato fuori di casa, rifiutato sempre dai genitori per raggiungerlo o persino rivederlo, e tentando di prenderlo dopo il premio Nobel (un premio anti-ucraino, anche se Brodsky lo ricevette quattro anni prima di scrivere la sua sfortunata poesia), ma senza successo, perché Brodsky non voleva più tornare in Russia. 

In breve, scrittore russo = scrittore dell’ impero.

È sempre lo stesso rancore. 

Tutti gli scrittori russi devono essere respinti, perché, dice la propaganda ucraina, in decine e decine di articoli, spettacoli, video, tutti gli scrittori russi, senza eccezione, sono o pervertiti, mostri, o fascisti.  Anche Tchekhov, non è vero, è fascista, o meglio, un rammollito, che non ha carattere empatico.

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In sostanza tutta la cultura russa deve essere rifiutata, perché fa schifo e soprattutto è imperiale.

Come se la cultura fosse responsabile di salvare l’umanità. 

Come se la cultura, ripeto e ripeto, non avesse mai salvato un paese. 

Come se Beethoven o Goethe avessero impedito a Hitler…

La guerra ti rende stupido. 

Il nazionalismo ti rende stupido. 

Ed è questa stupidità che m’interessa. Come se ci fosse un briciolo di pensiero imperiale – dico ode all’Impero – tra gli scrittori che amo (con l’eccezione, più che complessa, Dostoevskij).

Ma vorrei dire un’altra cosa. Oggi l’Ucraina, solo per colpa di Putin che ha scatenato questo orrore della guerra totale, è diventata un paese culturalmente monolingue. Si parla solo ucraino.

Questo è uno dei disastri della guerra.

Una delle principali componenti della cultura in Ucraina, lo yiddish, è stata debellata durante l’occupazione nazista, il 90% della popolazione ebraica è stata massacrata, massacrata, lo dico e lo ripeto, non solo dai tedeschi, ma anche dai nazionalisti ucraini dell’UPA,  e a noi devono ricordare bene i mostruosi pogrom (tra 100.000 e 150.000 morti) dei nazionalisti ucraini intorno a Petlioura tra il 1918 e il 1922 (vedi “Il libro dei Pogroms”, pubblicato da Calmann-Lévy). Comunque, non so, gli scrittori yiddish,  massacrati allora da Stalin, sono ucraini, o non ucraini? E quelli delle generazioni precedenti, Cholem Aleikheim, per esempio, è ucraino o no? Gran parte del suo lavoro è in Ucraina, e anche lui, è nato in Ucraina, e vi ha vissuto.

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Cosa sta succedendo oggi con i nomi delle strade, ad Odessa, ad esempio, di scrittori di lingua russa nati a Odessa, avendo localizzato la loro opera in questa città, come Isaac Babel, strade ribattezzate, quindi, perché questi scrittori sono russi e, comunque, perché non hanno mai chiesto la questione dell’indipendenza dell’Ucraina, che, più ci penso, e più mi indigna. 

E quanti scrittori ucraini, oggi, di lingua russa, hanno deciso di cambiare lingua, semplicemente perché è diventato impossibile scrivere in russo, o parlare russo su un palcoscenico, perché il russo è la lingua “della grande cultura russa”, ovvero, presumibilmente, la lingua di Putin e i suoi sbires.

Come se il russo non fosse, dal XVIII secolo (e molto prima) una delle lingue dell’Ucraina, per milioni e milioni di persone. Come se non continuasse ad essere, e non fosse solo la lingua degli ubriachi ma anche, ripeto, e ancora, ancora, la lingua delle vittime di questi ubriaconi. Come se fosse colpa della lingua stessa, della tortura sistematica, del disastro delle rovine, del fascismo trionfale che sfila a Mosca. Come se la lingua russa fosse, nella sua stessa natura, ontologicamente, fascista.

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Ma si, mi ripeto. 

E c’è un’altra cosa. 

Se l’ucraino diventa l’unica lingua della cultura ucraina: i nazionalisti ucraini danno ragione al nazionalista russo in capo Putin , lavorano per Putin, sono agenti, non pagati, odiatori, sono, davvero, utili idioti di Putin. Perché, Putin, è esattamente quello che sta spiegando per rivendicare l’annessione delle quattro cosiddette province “russofone” dell’Ucraina orientale (e non lamentiamoci del fatto che, ovviamente, anche l’ucraino si parla da sempre). 

Per lui basta il fatto che parlino soprattutto russo per proclamare che queste province non sono ucraine, ma russe. Tranne questi presunti russi, con tutte le loro forze, con l’energia della disperazione, stanno combattendo per non diventare russi. Ma qui, i commenti delle vittime ucraine della guerra di Putin che sostengono lo sradicamento della lingua russa nella cultura ucraina,  stanno facendo il gioco dei loro filler. 

Li stanno illustrando. E i pagliacci si sfregano le mani.

Tutti i nazionalisti, grandi e piccoli, oppressori e oppressi, mangiano tutti nella stessa mensa. 

È una mensa cannibale.

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