Gaza, Yaqeen e i figli di Alaa: vite di bambini spezzate dalla guerra
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Gaza, Yaqeen e i figli di Alaa: vite di bambini spezzate dalla guerra

Le storie dei bambini e di due famiglie distrutte dalle combe israeliane

Gaza, Yaqeen e i figli di Alaa: vite di bambini spezzate dalla guerra
Yaqeen Hammad 11 anni morta a Gaza sotto le bombe
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30 Maggio 2025 - 20.18


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La polvere si alza ancora, mista al fumo acre degli incendi, mentre il suono delle sirene si confonde con il pianto di chi resta. In questa striscia di terra martoriata, dove la guerra sembra non conoscere pause, due famiglie hanno vissuto, in un solo pomeriggio, l’orrore che segna un’intera generazione. È il 23 maggio, un giorno che per molti a Gaza è solo un altro capitolo di una tragedia senza fine. Ma per la famiglia Al-Najjar e per quella di Yaqeen Hammad, quel giorno ha spezzato ogni speranza, lasciando solo dolore e vuoti incolmabili.

A Khan Younis, nel sud di Gaza, il dottor Alaa al-Najjar, pediatra dell’ospedale Nasser, riceve una notizia che nessun genitore dovrebbe mai ascoltare. Sette dei suoi dieci figli sono stati uccisi in un attacco aereo israeliano. I loro corpi, straziati, arrivano in ospedale, mentre altri due restano intrappolati sotto le macerie della loro casa distrutta.

Alaa, che ha dedicato la vita a curare i bambini degli altri, si ritrova a piangere i suoi, in un corridoio d’ospedale che conosce fin troppo bene. “Nove dei miei figli, nove pezzi del mio cuore”, sussurra, mentre parenti e colleghi cercano invano di consolarlo. La sua unica figlia sopravvissuta, una bimba di pochi anni, è ora l’ultimo frammento di una famiglia devastata. L’attacco, secondo l’esercito israeliano, avrebbe colpito un’area considerata “zona di guerra pericolosa” a Khan Younis, ma le indagini sui civili colpiti sono ancora in corso, come dichiarato al Guardian. Nessuna risposta, però, potrà restituire ad Alaa ciò che ha perso.

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A poche miglia di distanza, in un campo di sfollati ad Al-Baraka, un’altra tragedia si consuma. Yaqeen Hammad, 11 anni, conosciuta come la più giovane influencer di Gaza, sta annaffiando un piccolo angolo di verde, un gesto di cura e resistenza in un luogo dove la vita sembra impossibile. Le sue giornate sono fatte di sorrisi coraggiosi, di video condivisi sui social per portare un po’ di luce ai bambini della sua terra. “Voglio che dimentichino la guerra, anche solo per un momento”, diceva nei suoi post, seguiti da decine di migliaia di persone. Ma quel pomeriggio, un’ondata di attacchi aerei israeliani colpisce la casa dove vive con la sua famiglia. Il suo corpo, dilaniato, viene estratto dalle macerie. Suo cugino Eyad, 16 anni, sopravvive, ma è gravemente ferito e ora lotta per la vita in un ospedale al collasso. Hussein Hassan, padre di Eyad e zio di Yaqeen, paramedico della Mezzaluna Rossa, si ritrova a vegliare il figlio, mentre piange la nipote. “Yaqeen non era solo un numero”, dice con voce rotta. “Era una storia, una vita, un sogno spezzato. Come tanti bambini di Gaza”.

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Queste due storie, distanti pochi chilometri, si intrecciano nel dolore di una terra dove i più giovani pagano il prezzo più alto. Secondo il ministero della salute di Gaza, dal 7 ottobre 2023, quando l’offensiva israeliana è iniziata in risposta agli attacchi di Hamas, oltre 54.000 palestinesi sono stati uccisi, di cui 16.503 bambini. A questo si aggiunge la fame, che morde con la stessa ferocia delle bombe. L’Onu denuncia che 71.000 bambini sotto i cinque anni rischiano la malnutrizione acuta entro il prossimo marzo, mentre l’embargo israeliano, in corso da quasi tre mesi, strangola l’arrivo di aiuti umanitari. Ventinove tra bambini e anziani sono morti di stenti in sole 48 ore la settimana scorsa, secondo il ministro della salute palestinese.

In mezzo a questo inferno, c’è chi chiede aiuto al mondo. Ali al-Najjar, zio di uno dei bambini feriti, ha implorato il governo italiano di salvare il piccolo Adam, bisognoso di cure che Gaza non può più offrire. L’Italia ha risposto: il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha annunciato che il Paese è pronto ad accogliere Adam per le cure necessarie. Un barlume di speranza, fragile come le tende dei campi profughi, in un contesto dove la morte sembra avere l’ultima parola.

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E poi c’è Ward Khalil, una bambina di sei anni, che tre giorni dopo queste tragedie ha perso la madre e due fratelli in un altro attacco, su una scuola a Gaza City. Le immagini di Ward, silhouette contro le fiamme, mentre fugge dal rogo della scuola Fahmi al-Jarjawi, hanno fatto il giro del mondo. In un’intervista ad Al Jazeera, con una compostezza che spezza il cuore, ha raccontato l’orrore vissuto. “Non so dove andare ora”, ha detto, stringendo un peluche ormai sporco di cenere.

Gaza è un cimitero di infanzie. Le storie di Alaa, Yaqeen, Eyad e Ward non sono eccezioni, ma frammenti di una realtà quotidiana. Qui, i bambini non muoiono solo sotto le bombe, ma anche di fame, di malattie, di disperazione. Ogni giorno, le famiglie si raccolgono attorno a corpi che non hanno più nomi, solo numeri. Ma dietro ogni numero c’è un volto, un sogno, una voce che il mondo non può permettersi di ignorare.

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