Uzi Baram è memoria storica d’Israele. Per il suo alto profilo politico e per essere stato testimone diretto e partecipe di alcuni momenti che hanno fatto la storia d’Israele. Baram, che fu tra i più stretti collaboratori e amico fidato di Yitzhak Rabin, non è uso a interviste o ad uscite pubbliche. Non è un malato di esposizione mediatica. Quando rompe il suo tradizionale riserbo è perché qualcosa di tragicamente eccezionale sta accadendo. E negli ultimi tempi Baram ha dovuto forzare più volte la sua ritrosia a comparire in pubblica, anche se in forma virtuale, con i suoi scritti.
Scrive Baram su Haaretz
La base di Netanyahu non basta a salvarlo
La carriera di Benjamin Netanyahu è stata caratterizzata da litigi con i suoi avversari e, a volte, anche con i suoi sostenitori. Ma c’è stato un episodio che gli ha fatto prendere una nuova direzione.
Nel 1997, infatti, ha firmato l’accordo di Hebron con i palestinesi e il suo partito, il Likud, è sceso a soli 19 seggi alla Knesset nelle elezioni successive, togliendogli il potere. Quando Netanyahu è tornato in politica, era determinato a non deludere mai più i suoi sostenitori. Si è prefissato un obiettivo che si è rivelato alla sua portata: influenzare la coscienza degli israeliani e, di conseguenza, accrescere la fedeltà alla sua leadership.
Oggi è evidente che tutti coloro che nutrono ambizioni nel Likud cercano di conquistare quella stessa base anonima e indefinita. Questo elettorato, che non coincide con quello del Likud, punisce severamente chiunque si ribelli all’autorità di Netanyahu.
Gideon Sa’ar è stato pesantemente diffamato da questa base quando ha lasciato il Likud. Alcune di queste diffamazioni erano decisamente volgari. Ma quando Netanyahu lo ha richiamato in governo, le diffamazioni sono cessate. E chiunque osi sfidare il potere assoluto del leader, come Yoav Gallant o Yuli Edelstein, è destinato a un trattamento simile.
Netanyahu può incitare la sua base, ma probabilmente non può controllarne il carattere. Ovviamente, la sua base non gli chiede di rendere conto dei danni causati a Israele quando i ministri Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir hanno fatto commenti sulla pulizia etnica di Gaza in vista del loro reinsediamento con “eroici” coloni ebrei. Inoltre, la base non chiede a Netanyahu come intenda affrontare le ambizioni europee di creare uno Stato palestinese.
Ma Netanyahu deve spiegare alla sua base perché ha permesso l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza. A questo scopo, e solo a questo scopo, ha tenuto una conferenza stampa che avrebbe reso orgoglioso anche il dittatore rumeno Nicolae Ceausescu.
Quando si mettono insieme tutte le variabili, la conclusione è che la base del Likud non assomiglia più ai precedenti leader del partito come Ze’ev Jabotinsky e Menachem Begin. Piuttosto che a Jabotinsky e Begin, assomiglia a Smotrich e Ben-Gvir, i distruttori dell’Israele democratico.
Netanyahu sta guidando questa distruzione? Ultimamente sembra proprio di sì. La sua scandalosa nomina di David Zini a direttore dei servizi di sicurezza dello Shin Bet non è stata solo un modo per mandare al diavolo la Corte Suprema e il procuratore generale, ma anche un modo per screditare i principi democratici. Quel dito era in realtà rivolto a tutti i valori democratici, la cui distruzione segnerebbe la fine della storia di Israele così come la conosciamo.
La base di Netanyahu vuole Zini? In realtà non sa nulla di lui. Non le importa che sia un discepolo del rabbino Zvi Yisrael Thau, uno dei più importanti oppositori della democrazia tra i rabbini sionisti ultraortodossi. Quello che la sua base vede è che Netanyahu ha legittimato Zini, proprio come ha fatto con Ben-Gvir.
E contro chi è furiosa la base? Yair Golan, il capo del partito di sinistra Democratici. Non solo perché ha sottolineato che a Gaza vengono uccisi innocenti, ma anche perché ha fornito un aiuto determinante ai nemici antisemiti di lunga data di Israele.
Il giornalista di destra Amit Segal ha affermato che Golan sarà il protagonista della prossima campagna elettorale di Netanyahu. In altre parole, Segal capisce che la base ha il potere di far eleggere Netanyahu a 12-16 seggi in Parlamento, come ha già fatto in passato. Ma per mantenere il potere, Netanyahu ha bisogno di molto di più.
Conosco alcuni elettori di lunga data del Likud. Ridono della figura grottesca fatta dalla deputata Tally Gotliv e prendono in giro la lista del Likud in Parlamento. Non sono membri del partito, ma tradizionalmente lo hanno sempre votato. Ma stavolta stanno pensando di cambiare schieramento.
Di conseguenza, la missione più importante dell’opposizione è quella di lasciare Netanyahu con la sua base eccessivamente devota, offrendo agli altri elettori del Likud alternative che preservino lo Stato democratico ebraico di Israele e contribuiscano così a sostituire Netanyahu. È su questo che l’opposizione sarà giudicata”, conclude Baram.
Un giudizio da cui dipende il futuro d’Israele.
Perché questo leader dell’opposizione sta facendo arrabbiare il primo governo israeliano kahanista
Di chi si tratta lo spiega con grande chiarezza di argomentazioni, sempre sul quotidiano progressista di Tel Aviv, Dmitry Shumsky.
Annota Shumsky: “Dovrebbe essere chiaro a chiunque abbia ascoltato l’intervista di Yair Golan, il capo del partito democratico, alla radio Kan Bet martedì scorso, in cui ha affermato che “un paese sano non fa la guerra ai civili, non uccide bambini per divertimento e non si prefigge l’obiettivo di cacciare la popolazione”, che le sue parole erano rivolte all’attuale leadership del Paese, non ai soldati delle Forze di Difesa Israeliane.
Infatti, il nostro primo governo kahanista sta deliberatamente e maliziosamente facendo la guerra ai civili nella Striscia di Gaza, incluso l’uccisione di decine di migliaia di bambini, per alimentare la sete di vendetta della sua base. Allo stesso modo, cerca effettivamente di espellere la popolazione civile di Gaza, o almeno di spingerla nel sud della Striscia, in modo da poter rinnovare lì la sua impresa messianica di insediamento. Tutto questo avviene a spese della vita degli ostaggi.
Per raggiungere questi obiettivi criminali, il nostro primo governo kahanista sta utilizzando l’Idf. Attraverso il capo di stato maggiore Eyal Zamir, che sembra un uomo onesto ma che sta dimostrando una cieca lealtà al governo, per quanto criminale esso sia, ha ordinato ai soldati e ai piloti dell’Idf di condurre operazioni il cui obiettivo dichiarato è porre fine al governo di Hamas e proteggere la sicurezza di Israele, ma il cui vero obiettivo è portare a termine la “redenzione della terra”. Questa strada è disseminata di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
È importante sottolineare che gli obiettivi kahanisti del governo non solo non contribuiscono in alcun modo alla vittoria militare su Hamas, ma sortiscono addirittura l’effetto contrario. Garantire che il kahanismo e il messianismo guadagnino terreno a Gaza richiederebbe infatti la presenza permanente di elementi jihadisti attivi sul territorio, che fornirebbero la giustificazione definitiva per il proseguimento della jihad ebraica.
In altre parole, i soldati dell’Idf sono attualmente impegnati in una guerra oscena e suicida, in cui al danno si aggiunge la beffa. L’uccisione indiscriminata di civili e la loro espulsione vengono portate avanti con cinico impegno per raggiungere un altro obiettivo kahanista: lasciare al potere i frammenti del nostro “braccio destro”, Hamas, apparentemente confinato in una zona limitata del sud di Gaza.
Eppure, quando Yair Golan si è alzato e ha rivelato pubblicamente il significato della visione genocida kahanista sostenuta dai leader del nostro attuale governo di jihad ebraico, questi ultimi hanno immediatamente utilizzato i “soldati dell’Idf” come scudo umano contro le critiche di Golan, nel chiaro tentativo di dipingerle come un attacco all’esercito.
Ci sono ragioni profonde per cui sia la coalizione di governo che l’“opposizione” si sono affrettate ad attribuire a Golan una falsa accusa e a descriverlo come qualcuno che ha messo in dubbio le motivazioni morali dell’esercito. Dopo tutto, il consenso di cui gode Golan tra l’opinione pubblica in questi giorni deriva dal fatto che è qualcuno che vive in prima persona l’esperienza della sicurezza israeliana.
Golan, che ha dimostrato un eroismo ammirevole il 7 ottobre 2023 quando ha indossato l’uniforme e si è diretto a sud per salvare dei civili dal massacro, non nasconde il suo amore per l’Idf. Di conseguenza, viene talvolta accusato di “militarismo” dalla sinistra.
Per questo motivo, sia la destra che il centro vedono in Golan una vera minaccia elettorale. Di conseguenza, sarebbero sicuramente felici di “spogliarlo del suo grado”, come ha dichiarato in modo spregevole il ministro della Giustizia Yariv Levin, un tipo che non si vergogna di commentare questioni di sicurezza nonostante la sua responsabilità indiretta, ma evidente, per il massacro del 7 ottobre.
Golan ha quindi fatto bene a convocare una conferenza stampa e a smentire le calunnie. E farebbe bene a continuare a sottolineare correttamente le atrocità del nostro primo governo kahanista, ribadendo costantemente ciò che dovrebbe essere ovvio ma che, nell’era della post-verità, sembra necessario spiegare più e più volte: non è l’Idf, ma questo governo malvagio che ha la responsabilità esclusiva della politica di guerra contro i civili, dell’uccisione di bambini e dell’espulsione della popolazione di Gaza.
Questa vicenda danneggerà Golan e il suo partito democratico? A lungo termine, Golan potrebbe persino trarne vantaggio. Nessuno può togliergli la sua credibilità in materia di sicurezza (compreso il nostro attuale incompetente ministro della Difesa, Israel Katz, che ha pateticamente “ordinato” all’Idf di non contattare Golan per il servizio di riserva e gli ha vietato di entrare nelle basi militari e di indossare l’uniforme). Tuttavia, più Golan chiarirà la portata della distruzione morale e della sicurezza causata dalla politica kahanista del governo, maggiori saranno le sue possibilità di conquistare la fiducia di un segmento più ampio di israeliani”, conclude Shumsky.
E allora non ci resta che dire: Forza Golan, prova a sconfiggere Netanyahu e la cricca fascista al governo. Lo sappiamo, è una impresa da far tremare le vene dei polsi, ma da ex generale sai che certe battaglie, le battaglie di una vita, vanno combattute. La “diserzione” non è ammessa.