Una conferenza prevista a New York questo mese, che i sostenitori della causa palestinese speravano potesse spingere i governi occidentali a riconoscere lo Stato di Palestina, ha ridimensionato le proprie ambizioni. Secondo fonti diplomatiche, l’obiettivo ora sarà quello di concordare alcuni passaggi verso il riconoscimento, piuttosto che arrivare a una dichiarazione congiunta immediata.
Il cambio di rotta dell’incontro – in programma dal 17 al 20 giugno – rappresenta un arretramento rispetto all’idea iniziale di una dichiarazione collettiva di riconoscimento dello Stato palestinese da parte di un ampio gruppo di Paesi, inclusi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu come Francia e Regno Unito.
Il presidente francese Emmanuel Macron, co-promotore dell’iniziativa insieme all’Arabia Saudita, ha definito il riconoscimento della Palestina “un dovere morale e una necessità politica”. Tuttavia, funzionari francesi hanno rassicurato in questi giorni i loro omologhi israeliani: la conferenza non sarà il momento in cui si procederà al riconoscimento formale.
Tale riconoscimento viene ora considerato un traguardo da raggiungere attraverso una serie di misure preliminari, tra cui un cessate il fuoco permanente a Gaza, il rilascio degli ostaggi israeliani, la riforma dell’Autorità Palestinese, la ricostruzione economica e la fine definitiva del controllo di Hamas sulla Striscia di Gaza.
Francia e Arabia Saudita hanno istituito otto gruppi di lavoro incaricati di elaborare i presupposti per una soluzione a due Stati. Inoltre, Macron ospiterà a Parigi una conferenza della società civile sotto l’egida del Forum per la Pace, immediatamente prima dell’evento di New York.
Il Regno Unito coordina il gruppo di lavoro sull’aiuto umanitario, mentre altri team si occupano della ricostruzione, della sostenibilità economica di uno Stato palestinese, del rispetto del diritto internazionale, della costruzione di una narrazione di pace e della pianificazione di un “giorno della pace” che immagini i benefici di una soluzione pacifica per entrambe le parti.
Israele e Stati Uniti hanno partecipato ad alcuni incontri preparatori, ma senza prendere la parola, alimentando le ipotesi di un possibile boicottaggio dell’evento.
Israele continua a opporsi fermamente alla possibilità che i palestinesi senza Stato ottengano l’autodeterminazione. I sondaggi indicano che solo un quinto dell’elettorato israeliano è favorevole alla soluzione dei due Stati, mentre il 56% degli israeliani ebrei sostiene il “trasferimento” dei cittadini arabi israeliani in altri Paesi.
Inoltre, Israele ha approvato la costruzione di 22 nuovi insediamenti in Cisgiordania – la più grande espansione degli ultimi decenni. Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha definito questa mossa “una strategia per impedire la nascita di uno Stato palestinese”.
L’iniziativa di Macron è stata bollata come “disastrosa” dall’ambasciatore israeliano in Francia, Joshua Zarka.
Il riconoscimento dello Stato palestinese, che un tempo era visto come l’esito finale di un processo negoziale nato negli anni ’90, viene oggi considerato da diversi governi europei come un possibile strumento per esercitare pressione su Israele, nel timore che non abbia più alcuna intenzione di allentare il controllo sui territori palestinesi.
Lo scorso anno Irlanda, Spagna e Norvegia hanno riconosciuto la Palestina come Stato. Macron ha però precisato che non riconoscerà la Palestina finché Hamas sarà al potere – la stessa posizione assunta dal Regno Unito.
In una lettera aperta indirizzata a Macron, il gruppo “The Elders” – formato da ex diplomatici di alto livello delle Nazioni Unite – ha definito il riconoscimento “un passo trasformativo essenziale verso la pace”, da compiere come atto di principio, indipendentemente dai negoziati su Hamas e sulla configurazione finale dello Stato palestinese.
Anne-Claire Legendre, consigliera del presidente francese per il Medio Oriente, ha affermato che la conferenza “deve rappresentare una svolta concreta per la realizzazione effettiva della soluzione dei due Stati. Dobbiamo passare dalle parole ai fatti, e dal fine della guerra a Gaza al fine del conflitto”.
Legendre ha incontrato nei giorni scorsi sia funzionari israeliani che il primo ministro palestinese Mohammad Mustafa. Secondo la stampa israeliana, i diplomatici francesi hanno ribadito: “Il riconoscimento di uno Stato palestinese resta sul tavolo, ma non sarà il frutto della conferenza. Resterà una questione da trattare bilateralmente tra Stati”.
Il ministro degli Esteri britannico David Lammy, atteso alla conferenza, è sotto pressione da parte di numerosi parlamentari del suo partito che chiedono una linea più dura contro Israele. Al minimo, si attendono da lui indicazioni più precise sulle condizioni per un eventuale riconoscimento dello Stato palestinese da parte del Regno Unito.
Hamish Falconer, ministro per il Medio Oriente, ha dichiarato in Parlamento che la posizione britannica è in fase di evoluzione. “In passato, si riteneva che il riconoscimento della Palestina dovesse arrivare alla fine di un processo negoziale verso i due Stati, perché si confidava in quel processo. Ma oggi, le dichiarazioni del governo israeliano hanno cambiato molte convinzioni: è sempre più evidente che non vi è più un impegno reale verso quella soluzione”.
Il Regno Unito intende comunque ottenere garanzie chiare sul futuro assetto politico della Palestina, in particolare sull’esclusione di Hamas da qualsiasi forma di governo a Gaza – una condizione che lo stesso movimento islamista sembra aver accettato in alcune proposte presentate da Paesi arabi.
Un numero crescente di parlamentari conservatori britannici, in dissenso con la propria leadership, ha iniziato a sostenere il riconoscimento della Palestina, tra cui l’ex procuratore generale Sir Jeremy Wright.
La Francia spera che un gruppo di Stati occidentali pronti a riconoscere la Palestina possa essere bilanciato da un movimento opposto: la normalizzazione dei rapporti tra Paesi musulmani e Israele.
Tuttavia, la prospettiva di un riconoscimento israeliano da parte dell’Arabia Saudita appare, al momento, impossibile. Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman – co-promotore della conferenza – ha più volte accusato Israele di “genocidio”, una posizione largamente condivisa anche dall’opinione pubblica del suo Paese.
Argomenti: Palestina