Un video, che continua, qui, viene trasmesso ogni giorno, pochi secondi.
Un uomo tra le rovine, magro, braccia a palla (chiaramente disarmato), che avanza a piccoli passi, capisci che è sull’orlo dello sfinimento, e, all’improvviso, un’esplosione di polvere arancione, è un missile o non so cosa, non un proiettile di un proiettile cecchino, e questo è tutto.
L’uomo è scomparso.
Un momento di vita a Gaza.
Perché è stato preso di mira?
Perchè mirare così?
Chi era?
Cosa ha fatto?
Non lo so. Ma la foto racconta la voglia di uccidere, chiunque.
O non chiunque, ma tutti.
Se ascoltate i membri del governo di Netanyahu o, di più, quelli che li sostengono apertamente: bisogna infatti cacciarli tutti, ma prima di cacciarli (i palestinesi, in generale, tutti palestinesi, non solo gazani), dovete restituirli.
Rendergli la vita impossibile,
uccidere il più possibile,
terrorizzare il più possibile,
farli venire voglia di lasciarsi, ovunque, perché, non è vero, D (non Dio, D, come si dice quando parlano francese) gli ha dato, a loro, 4000 anni fa, tutto il Medio Oriente, e questa è la loro terra e di nessun altro.
Ecco di cosa si tratta.
E, non so, vedo emergere davanti a me letture sull’espansione degli Stati Uniti, il destino, non è, evidente, che doveva portare al genocidio (c’è un’altra parola?) degli indigeni.
Vai a capire, nella confusione della mattina, ricordo il sentiero delle lacrime dei Cherokees e degli Apache Chiricahua, che, ancora oggi, non hanno riserve per loro, perché hanno resistito più ferocemente, più a lungo, e di questa frase,
“Gli Utes devono morire o andarsene”.
Sapendo che gli Utes, tra tutte le tribù indiane, ovviamente, avevano vissuto dove vivevano per oltre mille anni. E così mandiamo via gli Utes, parcheggiamo loro e tutti gli altri. Questo lo vedo, quindi, negli anni 1870 (per gli Utes), e penso che nel 2025 c’è gente che pensa ancora di poter venire a stabilirsi su terreni dove altri vivono, e pretendono che siano loro.
Come se l’archeologia (che bisogna saper interpretare, vedi i tanti studi su come parlare di rovine nella politica contemporanea) desse qualsiasi diritto.
Questo non l’ho mai capito: come Israele sia ora una “terra ebraica.”
La grandezza dell’Ebraismo, per duemila anni, una grandezza indistruttibile fu che la terra ebraica non era sotto i loro piedi, ma nei loro cuori.
Ma c’era Hitler, c’è, come sempre, il rifiuto di accogliere i rifugiati, i sopravvissuti, e tutto quello che sappiamo, e chi parla della scomparsa radicale dell’ebraismo separatista nei luoghi dove ha vissuto, sì, duemila anni e più.
Ci sarebbe così tanto da dire su questo…
Ma che senso ha, capire o non capire, oggigiorno?
Il fatto è che ci sono due popolazioni (dovrei dire due popoli? ), e queste popolazioni, nella loro stragrande maggioranza, si odiano e si odiano a tal punto che anche tra gli oppositori di Netanyahu (e, Dio è grande, e ce ne sono tanti, troppi), l’attenzione non è, in gran parte, sulla vita dei palestinesi, ma unicamente sul rilascio degli ostaggi.
Naturalmente il rilascio degli ostaggi è fondamentale, ma, come dico e ribadisco, la vita di un bambino israeliano, in Israele e ovunque in Occidente, vale 500 bambini arabi, e lo direi tranquillamente, come se fosse una questione su cui indignarsi e iniziare a discutere.
Come se avessimo perso l’umanità intera, come se tutto l’Occidente (e quasi tutti in Israele) respirasse solo razzismo, razzismo senza nemmeno pensarci o, al contrario, pensarci, proclamandolo, come per la maggioranza dei cittadini israeliani.
Beh, gli arabi sono sempre stati, nel migliore dei casi,
sottouomini,
diciamo, persone che possono essere “usate”
e il cui lavoro può essere sfruttato,
e che possono essere mantenute in uno stato di sottomissione,
di terrore,
proprio così, senza offrire loro, ovviamente, nessuna prospettiva di futuro (che futuro è quello di un giovane, non dico a Gaza, ma in Cisgiordania, chiedo, i giovani hanno qualche prospettiva sulla vita civile? Voglio dire crearsi una vita, costruire una carriera, prevedere cosa faranno nei prossimi dieci anni).
Conosco molta gente, non amici, mai potrebbero esserlo, che li considerano, questi arabi, solo assassini.
Esseri da tenere lontano, da tenere a distanza il più possibile, o, peggio, da ingrati.
Noi li assumiamo, vero? E anche, spesso gli viene dato uno stipendio più alto di quello che si aspetta a Gaza, e loro, guarda cosa fanno?. Dimenticando di dire che Hamas, e ci tornerò sempre, è un’organizzazione alla quale la destra israeliana ha fornito tutto l’aiuto possibile, proprio perché i suoi membri erano fanatici e fascisti e il loro potere su Gaza ha garantito che non ci fosse e non sarebbe mai stata riconosciuta la Palestina come Stato!
Non so se la politica di Netanyahu stia distruggendo l’ebraismo, come dice Jean Hatzfeld, non credo che l’ebraismo possa essere distrutto, nemmeno Hitler ci è riuscito, perché è un patrimonio culturale di tutto il pianeta, un tesoro di quasi tremila anni, ma, quello che penso sia certo, è che l’ebraismo abbia distrutto il sionismo.
Penso che definirsi “amico di Israele” oggi sia oscenità.
E ancora: rivendicare complicità in quello che è un crimine contro l’umanità.
No. Oggi, alla luce di quanto sta accadendo, essere amici di Israele (e non intendo “amico di Netanyahu”), agli occhi del mondo intero, è una cosa terribile.
Perché Israele,
è oggi identificato dai suoi massacri,
dalle sue guerre per carestia,
e dalle manifestazioni, nonostante le opposizioni:
questo è il risultato del 7 ottobre, e questa è la vittoria strategica di Hamas.
Perché quello che sta accadendo oggi in Palestina è solo…
…la massima espressione (ahimè per niente definitiva) della politica del nazionalismo territorialista ebraico:
colonizziamo,
disumanizziamo,
priviamo i palestinesi di qualsiasi somiglianza umana,
di qualsiasi nome umano,
priviamo di tutto,
e per essere sicuri di mantenere il potere,
infondere odio dentro, favorire i più fanatici, e oggi ancora, vediamo che l’esercito israeliano sta armando gruppi palestinesi, a Gaza stessa, che dicono di essere Daesh, contro Hamas, cioè cercano di nuovo altri fanatici.
Non ci può essere “patria ebraica” senza che questa patria sia, allo stesso tempo, una “patria araba”, semplicemente perché, da questa terra che D ha dato agli ebrei, ha accettato di essere esiliato dai Romani e che c’è gente che vive lì dagli anni ‘70. E che, se succede, sappiate, D stesso, dopo tutto, non esiste affatto, né in forma D, né Dio né Allah né nessun altro.
Ma la dolorosa saggezza ebraica o umorismo ebraico dice, che non deve esistere per essere.
Tra Hamas e lo stato colonialista di Israele, è una gara di mostri uguali.
Gemelli omozigoti.
E la terribile impressione che sia tutt’altro, molto lontano dall’essere finita, che sarà ancora peggio, anche senza Hamas.
E intanto eccolo qui: il popolo affamato,
privato di tutto,
di tutte queste vite sprecate, distrutte.
Quest’uomo distrutto da un missile, così, per nulla, davanti agli occhi del mondo. E, allo stesso tempo, l’odio, mondiale, che insorge contro gli ebrei in generale, sì, antisemitismo.
E la complicità dei nostri governi.
Troppa sofferenza per andare avanti.