Los Angeles, una delle metropoli più multiculturali degli Stati Uniti, è stata teatro di tensioni crescenti nelle ultime settimane a causa di una serie di retate condotte dall’Immigration and Customs Enforcement (Ice), l’agenzia federale responsabile dell’applicazione delle leggi sull’immigrazione. Venerdì 6 giugno 2025, 44 persone sono state arrestate in diverse località della città per violazioni amministrative legate al loro status migratorio, un’operazione che ha scatenato proteste immediate e scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Questo reportage, che si basa su un approfondimento dell’Associated Press (Ap), racconta i dettagli di questi eventi e il loro impatto sulla comunità locale, evidenziando le divisioni politiche e sociali che attraversano gli Stati Uniti in materia di immigrazione.
Le retate: un’operazione mirata e controversa
L’operazione dell’Ice si è concentrata su tre siti principali nel centro di Los Angeles, dove gli agenti federali, spesso in tenuta mimetica e con il volto coperto, hanno eseguito quattro mandati di perquisizione. Tra i luoghi colpiti c’è stato l’Ambiance Apparel, un’azienda del distretto della moda, un’area nota per essere un polo produttivo con una forza lavoro composta prevalentemente da immigrati latinos e asiatici. Qui, gli agenti hanno arrestato numerosi dipendenti, accusati di violazioni amministrative legate all’immigrazione, come la permanenza irregolare negli Stati Uniti o l’uso di documenti falsi. Un’altra retata ha preso di mira un parcheggio di Home Depot nel quartiere di Westlake, dove i lavoratori giornalieri, in gran parte immigrati, cercano impieghi temporanei. Un ulteriore arresto è stato effettuato per ostruzione alla giustizia, anche se non sono stati forniti dettagli immediati su questo caso.
Le modalità delle retate hanno sollevato critiche immediate. Gli agenti, armati e in alcuni casi mascherati, hanno usato granate stordenti e spray al peperoncino per disperdere la folla di manifestanti che si era radunata fuori da Ambiance Apparel per protestare contro gli arresti. Queste tattiche aggressive hanno alimentato la rabbia della comunità locale, che ha percepito le operazioni come un attacco diretto ai lavoratori immigrati, molti dei quali sono integrati da anni nella città. Secondo l’Ap, le autorità federali non hanno risposto alle richieste di chiarimenti su eventuali precedenti penali delle persone arrestate, lasciando spazio a speculazioni sull’effettiva natura degli obiettivi delle retate.
La reazione della comunità: proteste e disordini
Le retate hanno agito come una scintilla in una città già tesa, dove il 32% dei residenti è nato all’estero e molte famiglie vivono con status migratori misti. La notizia degli arresti si è diffusa rapidamente, portando centinaia di persone a radunarsi fuori dai luoghi delle operazioni e, successivamente, davanti al Metropolitan Detention Center, il centro di detenzione federale nel cuore di Los Angeles. Le proteste, inizialmente pacifiche, sono degenerate in scontri quando i manifestanti hanno cercato di bloccare i veicoli degli agenti federali. Alcuni hanno lanciato oggetti contro le forze dell’ordine, mentre la polizia di Los Angeles, intervenuta per gestire la situazione, ha dichiarato l’assemblea illegale e autorizzato l’uso di munizioni non letali per disperdere la folla.
Un episodio emblematico è stato l’arresto di David Huerta, presidente del Service Employees International Union (Seiu) California, un sindacato che rappresenta circa 750.000 lavoratori dei servizi nello Stato. Huerta, secondo le autorità federali, avrebbe ostruito l’accesso degli agenti a un sito di lavoro bloccando un veicolo. Il leader sindacale, ferito durante l’arresto, è stato portato in ospedale e successivamente detenuto, suscitando l’indignazione di politici e attivisti locali. Yvonne Wheeler, presidente della Los Angeles County Federation of Labor, ha definito le retate un attacco crudele e disumano alla classe lavoratrice, mentre il consiglio comunale di Los Angeles, con 11 dei suoi 15 membri, ha condannato l’azione federale, sottolineando che la città è stata costruita e prospera grazie agli immigrati.
Il contesto politico: la linea dura di Trump
Le retate di Los Angeles si inseriscono in una strategia più ampia dell’amministrazione del presidente Donald Trump, che ha fatto della lotta all’immigrazione irregolare uno dei pilastri della sua campagna elettorale e del suo secondo mandato, iniziato a gennaio 2025. Secondo fonti citate dall’Ap, il vice capo di gabinetto della Casa Bianca, Stephen Miller, ha imposto all’Ice un obiettivo di 3.000 arresti giornalieri, un numero senza precedenti che rappresenta un aumento di dieci volte rispetto alla media dei primi mesi del mandato di Trump. Questa pressione ha spinto l’agenzia a intensificare le operazioni nei luoghi di lavoro, come fabbriche, ristoranti e magazzini, e a utilizzare risorse aggiuntive, tra cui migliaia di agenti federali e fino a 21.000 membri della Guardia Nazionale.
L’amministrazione Trump ha giustificato le retate come necessarie per garantire la sicurezza pubblica e combattere la criminalità. Tom Homan, nominato “zar delle frontiere” dal presidente, ha dichiarato che nessuno che si trovi illegalmente negli Stati Uniti è al sicuro dall’arresto, sottolineando una politica di tolleranza zero. Tuttavia, le operazioni hanno colpito non solo persone con precedenti penali, ma anche lavoratori senza documenti che vivevano e contribuivano alla comunità da anni. Questo approccio ha riacceso il dibattito sulle politiche migratorie negli Stati Uniti, con critici che accusano l’amministrazione di seminare terrore nelle comunità di immigrati e di violare i diritti umani.
Le voci della comunità: paura e resistenza
Le retate hanno avuto un impatto profondo sulla vita quotidiana degli immigrati di Los Angeles, anche tra coloro che si trovano legalmente nel Paese. Junior Ortega, un cittadino honduregno residente negli Stati Uniti da quasi tre decenni con una green card, ha raccontato all’Ap di aver mostrato il suo documento d’identità a un agente armato durante la retata al parcheggio di Home Depot a Santa Ana, a circa 48 chilometri da Los Angeles. L’agente, dopo aver verificato il documento, lo ha lasciato andare, ma l’esperienza ha lasciato Ortega scosso. Molti altri lavoratori giornalieri, spaventati, sono fuggiti a piedi o in macchina per evitare l’arresto.
Le famiglie dei detenuti, nel frattempo, sono rimaste in un limbo angosciante. Saraí Ortiz, figlia di José Ortiz, un dipendente di Ambiance Apparel da 18 anni, ha descritto il dolore di vedere suo padre arrestato insieme ai colleghi. Molti dei detenuti, secondo l’Ap, non hanno avuto accesso immediato a cibo, acqua o farmaci, e le condizioni nel Metropolitan Detention Center sono state denunciate come sovraffollate, con 200 persone stipate in una struttura progettata per ospitarne la metà. Gli avvocati delle organizzazioni per i diritti degli immigrati, come la Coalition for Humane Immigrant Rights (Chirla), hanno lavorato senza sosta per localizzare i detenuti e garantire loro assistenza legale, ma l’accesso è stato spesso limitato dalle autorità federali.
La risposta delle autorità locali: tensione con il governo federale
La città di Los Angeles, che si autoproclama “città santuario” e limita la collaborazione tra la polizia locale e l’Ice in virtù della legge statale nota come California Values Act, si è trovata in una posizione delicata. Il sindaco Karen Bass ha criticato duramente le retate, sottolineando che hanno seminato terrore nella comunità e messo in discussione il senso di sicurezza dei residenti. Bass ha messo in dubbio la coerenza tra gli obiettivi dichiarati dell’Ice – colpire criminali violenti e trafficanti di droga – e le immagini di lavoratori che fuggivano terrorizzati dai parcheggi di Home Depot.
La tensione tra le autorità locali e il governo federale è culminata con l’invio di truppe della Guardia Nazionale e dei Marines a Los Angeles, una decisione di Trump che ha suscitato le proteste del governatore della California, Gavin Newsom, e dello stesso Bass. Newsom ha annunciato azioni legali contro il dispiegamento delle truppe, definendolo incostituzionale, mentre Trump ha risposto con toni accesi, accusando le autorità locali di proteggere criminali e minacciando addirittura di arrestare Newsom per interferenza.
Un futuro incerto
Le retate di Los Angeles hanno messo in luce le profonde divisioni che attraversano gli Stati Uniti sul tema dell’immigrazione. Da un lato, l’amministrazione Trump insiste sulla necessità di un giro di vite per rafforzare la sicurezza nazionale e l’economia; dall’altro, le comunità di immigrati e i loro sostenitori denunciano un approccio disumano che strappa famiglie e destabilizza intere città. Le proteste, che si sono estese ad altre città come Chicago, Seattle e San Antonio, segnalano una resistenza crescente contro le politiche migratorie del governo federale.
Mentre le famiglie dei detenuti continuano a cercare risposte e i politici locali si oppongono alle azioni dell’Ice, Los Angeles rimane un simbolo della lotta per i diritti degli immigrati. Come ha dichiarato Angelica Salas, direttrice di Chirla, durante una protesta: La nostra comunità è sotto attacco, ma non rimarremo in silenzio. Questo reportage, basato sull’approfondimento dell’Associated Press, offre uno spaccato di una città in fermento, dove la paura si mescola alla determinazione di difendere un modello di convivenza costruito, in gran parte, grazie al contributo degli immigrati.