Albano a San Pietroburgo canta “Felicità” per una guerra che (ufficialmente) non c’è

Farlo in Russia oggi, a conflitto in corso, è un atto che ha un significato. Che possa piacere o meno non è solo un’esibizione canora e il tentativo di svuotarlo con un “qui non ci sono bombe” è quantomeno ingenuo, se non ipocrita

Albano a San Pietroburgo canta “Felicità” per una guerra che (ufficialmente) non c’è
Albano intervistato dall'inv iata del Tg1
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23 Giugno 2025 - 13.33 Culture


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di Marcello Cecconi

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Non è la prima volta che Albano Carrisi, voce popolare di una certa Italia che fu, si ritrova al centro di polemiche. Ma stavolta, la questione non riguarda una canzone, un collega, affari di cuore o una dichiarazione folkloristica: si tratta della guerra, quella vera. Sul piatto ci sono confini violati, bombe e civili sotto le macerie. La scena è tanto surreale quanto rivelatrice: Albano che canta e parla a San Pietroburgo, in piena Russia putiniana, accompagnato da Iva Zanicchi che ha cantato con lui ma, con dignità, ha scelto il silenzio.

La performance in sé sarebbe già discutibile, dato il contesto internazionale, ma a sollevare più di una perplessità è stato soprattutto il tentativo dell’artista pugliese di giustificare la sua presenza con una frase che suona stridente più delle sue alte note nasali: “Vi pare che ci sia una guerra qui?” Una domanda che pare più rivolta a sé stesso, come una scusa in cerca d’assoluzione, che non alla giornalista del Tg1 che lo stava intervistando. Fortunatamente, la risposta della cronista è stata immediata e tagliente “…ma la guerra non è qui!”

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Certo, Albano non è un ambasciatore e neppure un intellettuale. Lui è un cantante popolare, abituato a parlare d’amore e vigne ma, in un mondo in cui ogni gesto pubblico ha un peso anche politico soprattutto se compiuto sotto l’occhio benevolo di regimi in cerca di legittimazioni culturali, non si può far finta che l’arte sia neutra. Cantare in Russia oggi, a guerra in corso, è un atto che ha un significato. Che possa piacere o meno non è solo un’esibizione canora e il tentativo di svuotarlo con un “qui non ci sono bombe” è quantomeno ingenuo, se non ipocrita.

Il fatto è che alcune volte ci sono collegamenti tra l’opportunità e la complicità. E non riconoscere che esibirsi in Russia oggi significa far parte della strategia di normalizzazione culturale di quel regime oligarchico, liberticida e guerrafondaio è un atto di conveniente cecità. Si è scelto di cantare e poi di arrampicarsi sugli specchi con frasi che cercano di trasformare l’evidenza in ambiguità. Accade così che il vero spettacolo che Albano ci ha offerto, più ancora della sua voce, è quello di un uomo che prova a convincere sé stesso di essere altrove.

Il cantante di Cellino San Marco non si merita linciaggi ma neppure ha diritto a una patente di innocenza solo perché canta “Felicità”. Il suo gesto resta discutibile e lo conferma l’atteggiamento di Iva Zanicchi, anche lei su quel palco, ma senza interviste e arrampicate lessicali. Il silenzio, a volte, è già una forma di rispetto, se non proprio di dissenso.

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