Donald Trump non ha mai nascosto la sua ossessione per il Premio Nobel per la Pace. Nonostante viva alla Casa Bianca e sia, secondo Forbes, a capo di un patrimonio personale di 6,7 miliardi di dollari, c’è un riconoscimento che il denaro non può comprare – e che lui brama più di ogni altro: quello che nel 2009 fu assegnato a Barack Obama. Ma la sola idea che un uomo come Trump possa anche solo essere preso in considerazione per il Nobel per la Pace svilisce e delegittima l’intero senso del premio.
Parliamo, dopotutto, di un leader che ha istigato un colpo di Stato negli Stati Uniti, incitando migliaia di suoi sostenitori ad assaltare il Congresso il 6 gennaio 2021. Un uomo che ha ripetutamente diffuso teorie complottiste, fomentato odio razziale e religioso, insultato migranti e rifugiati, e normalizzato il linguaggio della supremazia bianca. E oggi, da presidente, sta perpetuando e giustificando l’orrore in corso a Gaza, sostenendo senza condizioni il governo israeliano anche dopo che le bombe hanno ucciso decine di migliaia di civili palestinesi.
Eppure Trump insiste. Lo fa a modo suo: vantandosi su Truth Social, la sua piattaforma, annunciando trattati improbabili e accordi in stile show televisivo. Come quello tra Ruanda e Congo, o la tregua tra India e Pakistan, o ancora quella recentissima tra Iran e Israele – che lui ha definito una “vittoria” dopo aver paragonato i bombardamenti americani sull’Iran a Hiroshima. Un linguaggio militaresco, da crociato, che nulla ha a che vedere con la cultura della pace e della diplomazia vera.
A sponsorizzarlo, ci sono alcuni governi interessati ad accreditarsi presso Washington. Il Pakistan, ad esempio, ha elogiato la sua “leadership determinante” per il cessate il fuoco con l’India, e ha persino proposto il suo nome per il Nobel, evidentemente più per motivi geopolitici che per meriti morali.
Ma qui il punto è un altro: se il Comitato di Oslo dovesse davvero premiare un uomo che legittima Putin sull’Ucraina, che ha dato carta bianca a Israele per ridurre Gaza in macerie, che ha insultato le vittime della pandemia, che ha promesso di deportare milioni di migranti e ha progettato invasioni unilaterali di paesi sovrani, allora il Nobel per la Pace perderebbe ogni significato.
Un premio così non si assegna a chi agita il mondo col fuoco e col ferro, a chi strumentalizza ogni crisi per tornaconto elettorale, a chi parla di pace mentre coltiva conflitti, costruisce muri e calpesta diritti. Il Nobel per la Pace dovrebbe essere il riconoscimento più alto per chi si è battuto per la riconciliazione, per i diritti umani, per la giustizia globale. Darlo a Trump sarebbe un insulto alla memoria di chi ha ricevuto quel premio per davvero.
Se il Nobel per la Pace finisse nelle mani di un razzista, xenofobo e guerrafondaio, allora sarebbe solo un trofeo in più per la propaganda dell’estrema destra internazionale. E a quel punto, sarebbe meglio sospenderlo.
Argomenti: donald trump