Globalist lo ha raccontato, documentato, denunciato, molto ma molto prima del 7Ottobre 2023. Perché il “Regno dei coloni” non nasce come reazione all’attacco sanguinario di Hamas. Quel “Regno” – uno Stato nello Stato, si è insediato in Giudea e Samaria (i nomi biblici della West Bank, che, come tale, non è contemplata nelle carte geografiche d’Israele – da decenni, da mezzo secolo. E si è esteso, radicato, imposto con la forza, giorno dopo giorno, senza soluzione di continuità. L’ha fatto con l’ampliamento degli insediamenti, con la confisca delle terre dei palestinesi, con i pogrom incessanti contro vi villaggi palestinesi e i loro abitanti. L’ha fatto portando a oltre mezzo milioni i coloni che occupano la Cisgiordania. Il tutto in una impunità totale. Ora, quello “Stato” nello Stato si è fatto Governo. E dal Governo ha istituzionalizzato l’apartheid in Cisgiordania, imponendo la “legge” della giungla, quella del più forte. Terrorizzano i palestinesi, entrano nelle loro case, dandole fuoco, si accaniscono contro donne, anziani, bambini.
L’illegalità legalizzata, in quella che continua ad autodefinirsi, con il plauso degli ultras nostrani, l’”unica democrazia in Medio Oriente”.
Tutto tranquillo, pogrom in corso in Cisgiordania.
È il titolo di un editoriale di Haaretz. Che così si sostanzia: “La settimana scorsa, i coloni hanno dato fuoco a proprietà palestinesi e i soldati hanno ucciso tre palestinesi nel villaggio di Kafr Malik. Pochi giorni dopo, i coloni hanno attaccato i soldati inviati per allontanarli dall’avamposto da cui, secondo i sospetti, provenivano i rivoltosi. Anche se entrambi gli episodi sono gravi, solo quello in cui sono rimasti feriti degli ebrei è stato condannato, e anche la condanna è stata molto blanda.
Era solo questione di tempo prima che i signori dell’apartheid senza legge nei territori dirigessero la loro violenza contro i soldati israeliani che impediscono loro di portare avanti i loro piani malvagi contro i palestinesi.
Le Forze di Difesa Israeliane, che per anni hanno permesso la crescita incontrollata degli avamposti illegali, non hanno fatto rispettare la legge quando si è trattato di violenza contro i palestinesi, hanno fatto capire ai residenti degli avamposti che godevano dell’immunità penale e hanno indebolito il già fragile sistema di applicazione della legge, si trovano ora di fronte a criminali che, incoraggiati e senza freni, attaccano anche i soldati.
Quando la violenza dei coloni è diretta contro i soldati, il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Israel Katz si schierano improvvisamente contro la violenza nei territori. I partner di spicco della coalizione di governo di Netanyahu, i rappresentanti dei coloni e della supremazia ebraica alla Knesset, Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir, non si sono dimostrati altrettanto sensibili al tema.
Smotrich, invece, ha concentrato le sue critiche sull’esercito per aver ferito un ragazzo di 14 anni nello stesso momento, in circostanze ancora poco chiare. Ben-Gvir non ha rilasciato dichiarazioni.
In passato, gli attacchi ai soldati da parte dei coloni avevano solitamente suscitato la condanna sia della sinistra che della destra. Oggi, sotto il governo Netanyahu e dei coloni, anche su questo tema non c’è più consenso.
Gli alti membri del governo vogliono che i soldati israeliani capiscano che farebbero meglio a non arrestare i cosiddetti “giovani delle colline”. Quando i più alti funzionari adottano questo approccio, anche chi sta ancora valutando la possibilità di arrestare un giovane violento delle colline ci penserà due volte.
Tutto questo garantisce che gli ordini di sfratto emessi dal capo del Comando Centrale dell’IDF non saranno eseguiti e che gli ordini di chiusura della zona militare rimarranno solo sulla carta, pubblicati a scopo di protocollo.
Il messaggio che i politici israeliani più in vista mandano alle milizie dei giovani delle colline sul campo è: “Silenzio, lasciamoli fare il loro pogrom”. Queste milizie hanno anche espulso decine di comunità palestinesi negli ultimi anni; uno dei loro obiettivi è demoralizzare i palestinesi della Cisgiordania affinché se ne vadano “volontariamente”.
Lo Stato e l’esercito devono capire che il modo per garantire che i soldati non vengano feriti dai rivoltosi ebrei è quello di applicare la legge anche quando questi feriscono i palestinesi. Vale la pena cercare di capire come l’IDF si sia guadagnata la reputazione di esercito che permette i pogrom invece di prevenirli e come un incidente in cui i coloni hanno dato vita a una rivolta in un villaggio palestinese si sia concluso con la morte di tre abitanti del villaggio per mano dei soldati”.
Una manciata di coloni della Cisgiordania controlla l’IDF e Israele
È la considerazione-denuncia di Zvi Bar’el, storica firma di Haaretz, tra i più autorevoli analisti politici israeliani.
Scrive Bar’el: “Non permetteremo che un gruppetto di violenti e fanatici rovini l’immagine di un’intera comunità”, ha dichiarato il primo ministro Benjamin Netanyahu in riferimento ai rivoltosi che hanno attaccato i soldati e dato fuoco a una struttura militare. Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha aggiunto un’analisi sociologica, affermando che “gli insediamenti in Giudea e Samaria sono il volto bello di Israele e non hanno niente a che vedere con episodi come questi”.
La loro indignazione non era dovuta al fatto che questa “manciata di persone” avesse attaccato i palestinesi a Masafer Yatta, gli israeliani che manifestavano per la liberazione degli ostaggi o gli attivisti di sinistra che cercavano di aiutare i residenti palestinesi della Cisgiordania a portare le loro pecore al pascolo. La “linea rossa” è stata tracciata solo perché i rivoltosi hanno attaccato le forze di difesa israeliane.
Ma il rosso può essere fuorviante, come se l’infezione fosse stata scoperta solo ora e fosse ancora limitata nel tempo e nello spazio, mentre il corpo nel suo insieme è sano. La verità è che la storia della linea rossa non inizia con l’ultimo incidente o con quello precedente.
Tutto è iniziato con violenti scontri a Hebron e Kedumim nei primi giorni del movimento dei coloni, per poi continuare con il ritiro dalla Striscia di Gaza nel 2005 e con centinaia di altri episodi in cui i coloni hanno usato la violenza e persino minacciato i soldati con le armi.
Non sono stati i “giovani delle colline”, le “erbacce selvagge”, “una manciata di rivoltosi” o i teppisti del “prezzo da pagare” a partecipare a quegli scontri. I coloni tradizionali del cuore del movimento dei coloni, tra cui rabbini e leader della comunità sostenuti da membri della Knesset e primi ministri, hanno gettato le basi per il consenso secondo cui la riconquista della terra è più importante dello Stato di diritto e dell’onore dell’esercito. Secondo i coloni, ciò è essenziale per la sicurezza del popolo e del Paese, che secondo loro sarebbe stato “abbandonato” dallo stesso esercito.
Allora nessuna “linea rossa” li ha fermati, solo la “Linea Verde” che segna il confine tra Israele e i territori. Quella, hanno deciso, doveva essere cancellata. E così è stato.
Nonostante il suo successo, il consenso che ha abbracciato la violazione collettiva della legge da parte dei coloni richiede ancora un sostegno regolare, che dipende innanzitutto dalla collaborazione dell’esercito. Ora che la maggior parte dei coscritti e dei riservisti ha attraversato il tritacarne dei territori nel corso di decenni di occupazione, la mobilitazione dell’esercito a favore dell’impresa coloniale è diventata una conseguenza naturale.
Un altro termine che è sparito dal vocabolario è “incidenti anomali”, che in passato si riferiva ai casi in cui i soldati collaboravano attivamente con la violenza dei coloni invece di limitarsi a chiudere un occhio. Così, in Cisgiordania si è creata una “trama di vita” criminale in cui l’IDF funge da braccio armato dei coloni. Inoltre, anche il significato di “pugno di” è cambiato.
Questo termine, che in passato indicava i vendicatori dei coloni – le persone che hanno “conquistato” Hebron, smantellato le barricate dell’IDF, esortato i soldati a violare gli ordini e ad attaccarli come se appartenessero a un esercito nemico – ora rappresenta una maggioranza radicata. Tuttavia, per beneficiare di questo status, tale situazione deve essere mascherata attraverso confronti con nuovi “pochi”, le presunte eccezioni che “superano i limiti”.
A tal fine, è essenziale la frammentazione della società dei coloni. Si fa distinzione tra i “coloni rispettosi della legge” e coloro che la infrangono; tra la “maggioranza” che è apparentemente scrupolosa nel rispettare l’IDF e rappresenta “il volto bello di Israele” e le “frange” che lanciano pietre ai soldati; e tra i residenti degli “insediamenti legali” e coloro che creano avamposti abusivi.
Ma, proprio come quegli avamposti sono stati etichettati come “giovani insediamenti” e la maggior parte di essi è stata legalizzata, anche quella “manciata” violenta sarà integrata nella corrente principale che già beneficia del suo status “legale”.
Smotrich può sputare tutte le bugie che vuole e affermare che non c’è alcun legame tra gli insediamenti in Giudea e Samaria e… e incidenti come questo”. Ma i coloni sanno meglio di lui che esiste una cooperazione intrinseca tra loro e quella “manciata”.
Questa cooperazione si basa sulla consapevolezza che l’IDF in Cisgiordania non è solo un’agenzia che protegge i coloni o che sorveglia i pogrom nei villaggi palestinesi. Il suo sostegno e la sua collaborazione con loro sono prima di tutto una risorsa strategica che li avvolge nel consenso nazionale e, per loro conto, realizza quell'”insediamento nei cuori degli israeliani” per cui hanno lottato. Per il loro bene, l’IDF ha trasformato tutti gli israeliani in una parte inseparabile di quel “pugno di persone”.
Così conclude Bar’el- Questo è diventato oggi Israele governato da una cricca di messianici razzisti e guerrafondai: un regime etnocratico. Lo “Stato dei coloni”.