Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha annunciato un piano per trasferire forzatamente l’intera popolazione palestinese della Striscia di Gaza in un campo costruito sulle rovine della città di Rafah. La proposta, secondo giuristi ed esperti, costituisce una chiara violazione del diritto internazionale e potrebbe configurarsi come crimine contro l’umanità.
Secondo quanto riferito dal quotidiano Haaretz, Katz ha ordinato alle forze armate israeliane di prepararsi alla creazione di quella che ha definito una “città umanitaria” ma che è a tutti gki effetti un campo di concentramento.
I palestinesi verrebbero sottoposti a controlli di sicurezza prima di accedere al campo, dove poi non potrebbero più uscire. Le forze israeliane ne controllerebbero interamente il perimetro.
Il piano prevede inizialmente il trasferimento di 600.000 persone, in gran parte già sfollate nell’area di al-Mawasi, ma l’obiettivo dichiarato è concentrare lì l’intera popolazione di Gaza. Katz ha parlato esplicitamente dell’“attuazione del piano di emigrazione”, dichiarando che “accadrà”.
Le dichiarazioni del ministro israeliano arrivano in un contesto già segnato da appelli alla deportazione. A inizio anno, Donald Trump aveva suggerito che un numero significativo di palestinesi dovesse lasciare Gaza per “ripulire” la Striscia, un’idea successivamente fatta propria da numerosi esponenti del governo israeliano, tra cui il primo ministro Benjamin Netanyahu, che l’ha presentata come un’iniziativa condivisa con Washington.
Il piano di Katz rappresenta una palese violazione del diritto internazionale, ha dichiarato Michael Sfard, uno dei principali avvocati israeliani per i diritti umani. “Ha presentato un piano operativo per un crimine contro l’umanità”, ha detto Sfard. “Si tratta di un trasferimento forzato della popolazione verso l’estremo sud della Striscia in vista della deportazione.”
Anche se il governo israeliano insiste nel definire questa emigrazione “volontaria”, secondo Sfard nessuna partenza può essere considerata realmente consensuale, viste le condizioni coercitive imposte ai civili di Gaza. “Costringere una popolazione a lasciare la propria terra in tempo di guerra è un crimine di guerra. Se avviene su vasta scala, come qui pianificato, diventa un crimine contro l’umanità.”
Le dichiarazioni di Katz sono state rese pubbliche poco prima dell’arrivo di Netanyahu a Washington per incontrare Donald Trump, con il quale discuterà anche di una possibile tregua per porre fine o almeno sospendere la guerra in corso da 21 mesi. Secondo Katz, i lavori per la cosiddetta “città umanitaria” potrebbero iniziare durante il cessate il fuoco.
Netanyahu ha confermato che Israele e Stati Uniti stanno cercando paesi disponibili ad “accogliere” i palestinesi. “Se vogliono restare, possono farlo. Ma se vogliono andarsene, devono poterlo fare”, ha detto il premier israeliano parlando dalla Casa Bianca.
Anche altri esponenti del governo, come il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, hanno espresso entusiasmo per l’idea di nuove colonie israeliane a Gaza. Secondo un’inchiesta di Reuters, già in passato erano stati presentati alla Casa Bianca progetti per la costruzione di campi di transito per i palestinesi, sia dentro che fuori Gaza. Uno di questi piani, da 2 miliardi di dollari, era legato alla cosiddetta Gaza Humanitarian Foundation (GHF), che però ha negato di aver presentato ufficialmente alcun documento.
Già nei mesi scorsi, le operazioni militari israeliane avevano sollevato il sospetto di un piano di trasferimento forzato della popolazione. Sfard ha rappresentato tre riservisti israeliani che avevano presentato ricorso alla Corte suprema contro gli ordini militari di “mobilitare e concentrare” i civili palestinesi e contro qualsiasi programma di deportazione. La risposta ufficiale dello stato maggiore israeliano negava che tali spostamenti fossero tra gli obiettivi dell’operazione.
Ma le parole di Katz smentiscono apertamente quella versione, ha osservato lo storico dell’Olocausto Amos Goldberg, docente all’Università Ebraica di Gerusalemme. “Il ministro ha illustrato con chiarezza un piano di pulizia etnica e la creazione di un campo di concentramento o di transito per i palestinesi, in vista della loro espulsione.”
“Non si tratta né di una città né di qualcosa di umanitario”, ha detto Goldberg. “Una città prevede opportunità di lavoro, scuole, ospedali, libertà di movimento. Qui non c’è nulla di tutto ciò. Sarà invivibile, proprio come le attuali ‘aree sicure’ che in realtà non lo sono affatto.”
Goldberg ha anche sollevato una domanda cruciale: cosa accadrà a quei palestinesi che rifiuteranno di trasferirsi nel nuovo campo? “Cosa succederà se i palestinesi non accetteranno questa soluzione e si ribelleranno, perché non sono completamente senza risorse?”