Trump impone dazi del 50% al Brasile e accusa Lula di "caccia alle streghe" contro Bolsonaro
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Trump impone dazi del 50% al Brasile e accusa Lula di "caccia alle streghe" contro Bolsonaro

Donald Trump ha annunciato che la sua amministrazione imporrà un dazio del 50% sui prodotti importati dal Brasile, legando la decisione a quello che ha definito il processo "una caccia alle streghe" contro l’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro.

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10 Luglio 2025 - 10.41


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Donald Trump ha annunciato che la sua amministrazione imporrà un dazio del 50% sui prodotti importati dal Brasile, legando la decisione a quello che ha definito il processo “una caccia alle streghe” contro l’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro.

Sulla piattaforma Truth Social, Trump ha pubblicato una serie di lettere indirizzate ai governi di altri sette Paesi — Filippine, Brunei, Moldova, Algeria, Libia, Iraq e Sri Lanka — annunciando che a partire dal 1° agosto saranno soggetti a pesanti dazi sulle esportazioni verso gli Stati Uniti.

Nel pomeriggio, il messaggio rivolto al Brasile ha avuto un tono più personale: invece del consueto modello formale, Trump ha criticato apertamente il processo in corso contro Bolsonaro, accusato di aver tentato di ribaltare il risultato delle elezioni del 2022. Trump, che considera Bolsonaro un amico e lo ha ospitato nella sua residenza di Mar-a-Lago nel 2020, ha scritto:
“Questo processo non dovrebbe nemmeno avere luogo. È una caccia alle streghe che deve FINIRE IMMEDIATAMENTE!”

Il dazio del 50% annunciato per il Brasile sarà “separato da quelli settoriali”, ha aggiunto Trump.

Dopo l’annuncio, il real brasiliano ha subito un ulteriore calo, perdendo oltre il 2% rispetto al dollaro.

Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha respinto fermamente le accuse di Trump e la richiesta di interrompere il procedimento giudiziario contro Bolsonaro, sottolineando che il Brasile “è una nazione sovrana con istituzioni indipendenti e non accetterà alcuna forma di tutela”.

In una dichiarazione pubblicata sia sui social che sul sito ufficiale del governo, Lula ha risposto punto per punto alla lettera inviatagli da Trump.
Ha ricordato che le accuse rivolte a Bolsonaro, per il presunto tentativo di mantenere il potere nonostante la sconfitta elettorale, “rientrano esclusivamente nella giurisdizione del potere giudiziario brasiliano e non sono soggette a interferenze o minacce che possano comprometterne l’indipendenza”.

Trump ha inoltre criticato la decisione della Corte Suprema brasiliana di sanzionare alcune piattaforme social, tra cui Twitter/X, definendo i blocchi temporanei imposti nel 2023 come “ordini di censura SEGRETI e ILLEGALI”. Per questo, ha annunciato l’apertura di un’indagine sulla base della Sezione 301 del Trade Act del 1974, che consente agli Stati Uniti di reagire a pratiche commerciali giudicate sleali.

Anche in questo caso Lula ha risposto con fermezza, spiegando che la regolamentazione delle piattaforme digitali in Brasile avviene nel pieno rispetto delle leggi nazionali, e che ciò non rappresenta affatto una forma di censura:
“La società brasiliana rifiuta contenuti d’odio, razzismo, pornografia infantile, truffe, frodi e discorsi contrari ai diritti umani e alla libertà democratica”, ha scritto. “In Brasile, la libertà di espressione non può essere confusa con l’aggressione o con pratiche violente. Tutte le aziende, siano esse nazionali o straniere, devono rispettare la legge brasiliana per operare nel nostro territorio”.

Le misure annunciate da Trump fanno parte di un pacchetto più ampio di dazi in fase di definizione. Dopo aver rimandato di tre settimane, fino al 1° agosto, l’entrata in vigore di nuove tariffe per decine di Paesi, il presidente ha cominciato a comunicarne le entità, minacciando tariffe del 40% per 14 nazioni (tra cui Bangladesh, Giappone e Corea del Sud) e, ora, del 25–30% per altri sette Paesi.
“Questi dazi potranno essere modificati, verso l’alto o verso il basso, a seconda del nostro rapporto con ciascun Paese”, ha scritto.

Le continue modifiche e i rinvii stanno generando frustrazione tra le imprese statunitensi e internazionali.

Martedì, Trump aveva anche promesso dazi fino al 200% sui farmaci importati e del 50% sul rame, facendo schizzare i prezzi di quest’ultimo ai massimi storici.

Tuttavia, durante un incontro alla Casa Bianca con i leader di Gabon, Guinea-Bissau, Liberia, Mauritania e Senegal, ha fatto intendere che questi Paesi africani saranno esclusi dai nuovi dazi in quanto intenzionati ad abbassare le tariffe sulle importazioni dagli Stati Uniti.

La strategia commerciale di Trump — definita da molti come erratica — sta alimentando i timori di un aumento dell’inflazione, nonostante le promesse elettorali del presidente di ridurre i prezzi.

Consapevole di queste critiche, Trump ha scritto martedì sera sui social:
“Ho abbassato i costi più di qualsiasi altro presidente nella storia. I Democratici corrotti dicono il contrario, pur sapendo che è una totale MENZOGNA”.

Secondo un’analisi di Oxford Economics, il tasso effettivo medio dei dazi statunitensi sulle importazioni estere salirebbe al 20% dopo queste nuove misure — dal 17% attuale, ma ancora sotto la soglia del 25–28% che, secondo gli esperti, farebbe scattare il rischio recessione.

“La nostra ipotesi è che la maggior parte dei Paesi riuscirà a ottenere un accordo o una proroga per evitare gli aumenti”, ha dichiarato Michael Pearce, economista di Oxford Economics. “Tuttavia, i rischi sono orientati verso ulteriori rialzi”.

Intanto, la Federal Reserve mantiene una posizione cauta: secondo i verbali dell’ultima riunione, soltanto “un paio” di membri ritengono possibile un taglio dei tassi d’interesse già dal prossimo incontro, previsto entro luglio.
“La maggior parte dei partecipanti”, invece, prevede una riduzione entro la fine dell’anno, considerando che eventuali shock causati dai dazi saranno “temporanei o modesti”.

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