Con una lettera pubblicata su Truth Social, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ufficializzato l’introduzione, a partire dal primo agosto, di dazi del 30% sulle merci provenienti dall’Unione Europea. Una decisione che smentisce clamorosamente la narrazione portata avanti dal governo Meloni, secondo cui l’Italia avrebbe rappresentato un “ponte” privilegiato tra Washington e Bruxelles. Soltanto ieri Trump aveva colpito duramente anche il Canada, annunciando dazi del 35% contro Ottawa, anch’essi in vigore dal primo agosto.
A fronte di queste scelte aggressive, in Italia non mancano segnali di allarme: il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha avvertito della necessità di “disinnescare i dazi o rischiamo la recessione”, mentre il governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, ha provato a vedere nella debolezza del dollaro “un’opportunità per l’Europa” – ma in un contesto chiaramente sfavorevole.
L’Unione Europea prepara la risposta
La Commissione europea, a dispetto dell’illusione di un rapporto privilegiato con Washington, non è stata colta di sorpresa. I contro-dazi sono pronti da tempo: due pacchetti di misure, cui si affianca l’ipotesi – finora tenuta in stand-by – di colpire duramente le Big Tech statunitensi e congelare gli investimenti Usa in Europa. Il primo pacchetto, già definito nei dettagli ma rimasto finora nel cassetto per favorire la diplomazia, è mirato contro i simboli delle roccaforti repubblicane. Prevede tariffe al 10% e 25% su tre fasi, che potrebbero colpire beni iconici come Harley-Davidson, auto, yacht, jeans Levi’s, burro d’arachidi, mirtilli, tabacco, prodotti per la cura personale. Ma anche acciaio, alluminio, elettrodomestici e beni tecnologici. La risposta colpirebbe inoltre l’industria agricola americana: carne e pollame del Midwest, legname del Sud, cereali, fast-food, moda, cosmetici. E non mancherebbero colpi duri alla Louisiana (soia) e alla California (mandorle).
L’impatto sull’Italia: fino a 12 miliardi di euro
Secondo la Cgia, basandosi su dati Ocse, i dazi già annunciati da Trump rischiano di costare all’Italia 3,5 miliardi di euro in termini di mancato export. Ma se le tariffe dovessero salire fino al 20%, il danno potrebbe arrivare a 12 miliardi. Una cifra pesantissima, se si considera che nel 2024 l’export italiano verso gli Usa ha superato i 64,7 miliardi di euro. Il quadro è incerto: i beni italiani verranno sostituiti da prodotti statunitensi o di altri Paesi? Le aziende italiane potranno mantenere i prezzi invariati comprimendo i margini di profitto?
Domande aperte, ma la Banca d’Italia ricorda che il 92% dell’export italiano negli Usa è composto da beni di qualità medio-alta, destinati a consumatori benestanti che potrebbero sopportare un lieve aumento di prezzo. Tuttavia, questo non basta a nascondere l’evidenza: il ritorno di Trump alla Casa Bianca coincide con un’impostazione commerciale duramente protezionista, e l’Italia non ha alcun trattamento di favore.
La promessa mancata
Il governo Meloni aveva promesso di “riposizionare” l’Italia come ponte tra le due sponde dell’Atlantico. Ma la realtà dei fatti è un’altra: l’Italia, come il resto d’Europa, è oggetto di politiche economiche aggressive da parte degli Stati Uniti. Nessun canale privilegiato, nessun trattamento di favore. Solo la conferma che la narrazione sovranista e atlantista del governo italiano si scontra con la dura logica delle guerre commerciali.
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