La “città umanitaria” proposta dal ministro della Difesa israeliano sulle rovine di Rafah equivarrebbe a un campo di concentramento, e costringere i palestinesi a entrarvi sarebbe una forma di pulizia etnica. A dirlo è Ehud Olmert, ex primo ministro israeliano, in un’intervista al Guardian.
Secondo Olmert, Israele sta già commettendo crimini di guerra a Gaza e in Cisgiordania, e la costruzione del campo rappresenterebbe un’ulteriore escalation.
«È un campo di concentramento, mi dispiace», ha detto Olmert, commentando il piano illustrato la scorsa settimana dal ministro Israel Katz, secondo il quale i palestinesi non potrebbero uscire dal campo se non per trasferirsi in altri Paesi.
Katz ha ordinato all’esercito di elaborare piani operativi per la costruzione della “città umanitaria” a sud di Gaza, destinata inizialmente a 600.000 persone, ma che dovrebbe accogliere l’intera popolazione palestinese.
«Se i palestinesi verranno deportati in questa nuova ‘città umanitaria’, allora si potrà dire che si tratta di pulizia etnica. Non è ancora successo, ma sarebbe questa l’interpretazione inevitabile», ha dichiarato Olmert.
L’ex premier non ritiene che la campagna attuale costituisca una pulizia etnica, sostenendo che l’evacuazione dei civili per proteggerli dai combattimenti è consentita dal diritto internazionale e che in alcuni casi i palestinesi sono tornati nelle aree liberate dalle operazioni militari.
Tuttavia, il progetto ha l’appoggio del primo ministro Benjamin Netanyahu e il rifiuto israeliano di ritirarsi dall’area prevista per il campo sta bloccando i negoziati per un cessate il fuoco, secondo quanto riportano i media israeliani.
Olmert ha aggiunto che, dopo mesi di retorica violenta – comprese dichiarazioni di ministri che parlano di “ripulire” Gaza e progetti per costruire insediamenti israeliani nell’area – le affermazioni del governo secondo cui la “città umanitaria” servirebbe a proteggere i palestinesi non sono credibili.
«Quando costruiscono un campo per “ripulire” più della metà di Gaza, è chiaro che l’intento non è salvare i palestinesi. È deportarli, cacciarli, gettarli via. Non vedo altra interpretazione possibile», ha detto Olmert.
Giuristi e attivisti israeliani per i diritti umani hanno definito il piano una bozza di crimini contro l’umanità, e alcuni avvertono che, se attuato, potrebbe configurarsi come genocidio. Altri israeliani che hanno paragonato la “città umanitaria” a un campo di concentramento sono stati attaccati per il richiamo alla Germania nazista; Yad Vashem, il centro commemorativo della Shoah, ha accusato un giornalista di “grave e inappropriata distorsione del significato dell’Olocausto”.
Olmert ha parlato al Guardian il giorno in cui, in Cisgiordania occupata, si tenevano i funerali di due palestinesi – uno dei quali cittadino americano – uccisi da coloni israeliani. Le vittime si inseriscono in una campagna di intimidazione violenta che, negli ultimi due anni, ha costretto interi villaggi palestinesi ad abbandonare le proprie case.
«Si tratta di crimini di guerra. È imperdonabile. Inaccettabile», ha detto Olmert. «Operazioni continue, organizzate e orchestrate nel modo più brutale e criminale da un gruppo numeroso».
I responsabili di queste violenze sono spesso chiamati “giovani delle colline” in Israele e considerati estremisti marginali. Ma Olmert preferisce definirli “atrocità delle colline”, sostenendo che le loro azioni sono rese possibili da una rete di complicità e protezione da parte delle autorità israeliane nei territori occupati.
L’ex premier ha poi attaccato i ministri più radicali del governo, accusandoli di sostenere la violenza a Gaza e in Cisgiordania – dove hanno autorizzato massicce espansioni degli insediamenti e controllano l’applicazione della legge per estendere i confini di Israele – definendoli una minaccia più grave per la sicurezza del Paese di qualsiasi nemico esterno: «Questi sono i veri nemici interni».
Olmert ha aggiunto che il dolore estremo inflitto a Gaza e le atrocità dei coloni in Cisgiordania stanno alimentando una crescente rabbia internazionale verso Israele, che non può essere liquidata come semplice antisemitismo.
«Negli Stati Uniti aumentano le espressioni di odio verso Israele», ha detto. «Noi tendiamo a dire: “Sono antisemiti”. Ma io non credo che siano solo antisemiti. Molti di loro sono contro Israele per ciò che vedono in televisione e sui social. È una reazione dolorosa, ma normale da parte di chi dice: “Avete superato ogni limite”.»
Secondo Olmert, in Israele le cose cambieranno solo quando la pressione internazionale si farà sentire davvero, e ha auspicato un intervento più deciso da parte della comunità internazionale, vista l’assenza di un’opposizione politica seria all’interno del Paese. Ha anche criticato i media israeliani per non raccontare le violenze subite dai palestinesi.
Pur avendo inizialmente sostenuto la campagna militare contro Hamas dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023, Olmert ha cambiato opinione nella primavera successiva, quando il governo israeliano ha interrotto brutalmente i negoziati per una tregua duratura: a quel punto ha concluso che Israele stava commettendo crimini di guerra.
«Mi sento addolorato e colpevole nel vedere una guerra nata per legittima difesa trasformarsi in qualcos’altro», ha detto. «Cosa posso fare per cambiare le cose, se non, innanzitutto, riconoscere queste atrocità, e poi denunciarle, mostrando all’opinione pubblica internazionale che esistono altre voci in Israele?».
Secondo Olmert, questi crimini derivano da negligenza e tolleranza verso livelli intollerabili di morte e distruzione, più che da una strategia deliberata. «Ci sono stati ordini diretti? No», ha detto. Ma ha aggiunto che i comandi militari hanno chiuso gli occhi, permettendo azioni che avrebbero inevitabilmente causato la morte di numerosi civili.
«Per questo non posso esimermi dall’accusare questo governo di essere responsabile dei crimini di guerra commessi», ha dichiarato.
Nonostante la devastazione a Gaza, Olmert – ultimo premier israeliano ad aver cercato seriamente una soluzione negoziata con i palestinesi – crede ancora nella possibilità di una soluzione a due Stati. Sta collaborando con l’ex ministro degli Esteri palestinese Nasser al-Kidwa per promuovere questa opzione a livello internazionale, e ritiene che un accordo storico – la fine della guerra in cambio della normalizzazione dei rapporti con l’Arabia Saudita – sarebbe possibile se Netanyahu volesse davvero perseguirlo.
Invece, Olmert si è detto sconcertato nel vedere Netanyahu, su cui pende un mandato d’arresto per crimini di guerra da parte della Corte penale internazionale, proporre Donald Trump per il premio Nobel per la pace.
Argomenti: israele