Ucraina: prima di ricostruire si deve resistere ed esistere
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Ucraina: prima di ricostruire si deve resistere ed esistere

La necessità per l’Ucraina di poter contare su investimenti esteri è assoluta, a che costo in termini di tassi di interesse e concessioni non è chiaro.

Ucraina: prima di ricostruire si deve resistere ed esistere
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Chiara D'Ambros Modifica articolo

14 Luglio 2025 - 18.08


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 La conferenza Recovery Ukraine che si è tenuta a Roma il 10-11 luglio ha ospitato le massime cariche dello stato Italiano e Ucraine ed Europee. Non è mancata la presenza degli Stati Uniti con una delegazione guidata il generale Keith Kellogg. Presenti anche molte aziende private.

La necessità per l’Ucraina di poter contare su investimenti esteri è assoluta, a che costo in termini di tassi di interesse e concessioni non è chiaro. Ma come ha sottolineato durante un’intervista che ci ha concesso il CEO di Metivenst, Yuriiy Ryzhenkov “Purtroppo non siamo neanche lontanamente vicini al cessate il fuoco che era stato annunciato all’inizio di quest’anno dal presidente degli Stati Uniti, continuano i bombardamenti e gli attacchi ed è quindi molto difficile attrarre investimenti significativi, finché siamo in guerra. Al momento siamo noi aziende interne a rimanere i maggiori investitori”. Metinvest è una delle più grandi aziende del Paese, e una delle più colpite dalla guerra, sua l’acciaieria Avzostal di Mariupol dove si è consumata una delle più cruente battaglie della guerra in corso – inoltre le sue miniere e i siti di lavorazione di carbone e ferro sono tutti a est: Donbass, Donetsk e Zaporizhzhia, tutti territori in parte occupati. 

Si è parlato molto di affari e soldi ma durante il pannel “Human Capital Chapter” presente anche la Ministra dell’Economia Yulia Svyridyenco è emersa una problematica cruciale: i lavoratori. I vertici di alcune delle più grandi aziende riuniti per provvedere alla tutela e valorizzazioni della forza lavoro perché una delle difficoltà maggiori oltre ai pericoli contingenti l’economia soffre della sua mancanza. Nessuna parte sociale coinvolta porta a chiedersi se e in che modo queste iniziative saranno sviluppate ma forse la guerra ha spostato la prospettiva verso i propri dipendenti?

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Secondo quanto ha dichiarato Mr Ryzhenko sì. Metinvest per esempio, segnala che il 10% dei suoi 70 mila dipendenti, sono al fronte, questo per forza porta a ripensare le modalità di assunzione, una maggiore apertura alle donne, la necessità di provvedere a processi di formazione specifici e che portino valore aggiunto. Il Ceo di Naftagas Sergii Koretskyi, azienda con oltre 100mila dipendenti sottolinea come la guerra abbia cambiato tutti. I loro lavoratori lavorano fisicamente nei siti non possono lavorare on line, hanno quindi bisogno di avere rifugi provvisori che stanno provvedendo a procurare con un presidio medico.

E poi c’è il problema dei veterani, e la necessità del loro reintegro. In diversi momenti è stato enfatizzato quanto il fronte li possa aver resi resilienti e forti ma, come ha sottolineato Yuriiy Ryzhenkov durante la nostra intervista: “Durante la legge marziale chi ritorna dal fronte, può farlo perché è stato ferito, fisicamente o psicologicamente quindi il supporto e il reintegro richiede una particolare cura, sia dei lavoratori-veterani sia degli altri che possano accoglierli”.

Come ci ha detto nel corso di un’altra intervista Andryi Stavnitser, co-fondatore del centro di recupero “Superhumans”, più che reintegrare i veterani nella società, si dovrebbe integrare la società con loro. Questo, sottolinea Mr Stavnitser: “soprattutto per evitare quello che è successo con i veterani dell’Afghanistan, che al ritorno in Unione Sovietica negli anni ‘90 hanno creato molti problemi prendendo derive devianti e spesso criminali”. E al tempo dell’URSS, la proporzione era irrisoria, qualche migliaio in una popolazione di 300 milioni di abitanti. “L’Ucraina – dice Stavnitser – è una nazione relativamente piccola e alla fine della guerra arriveremo ad avere fino a 2 milioni di veterani su 35 milioni di abitanti se come ora non si fa nulla per il loro reintegro, sarà un problema enorme”.

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  Ascoltando poi rappresentanti delle varie regioni, che durante la conferenza presiedevano degli stand, quelle vicine al fronte sottolineano con quanta determinazione resistano ma le sofferenze sul territorio sono numerose. A sud nella regione di Cherson a causa della messa fuori uso della Kakovka a causa di un attacco russo e complice la siccità manca l’acqua, sono rimaste intatte solo 5 scuole su 100, e come in tutte le regioni di confine, a Sumi, a Kherson,a Zaporizhzhia, Donetsk, i bambini per lo più fanno lezione on line. Solo in qualche situazione in modo misto, dove le scuole sono provviste di rifugi. Oltre al capitale umano di oggi rischia di essere compromesso anche quello del domani. 

E anche il volto di domani sarà determinato dalle necessità di oggi. Come ci ha detto un giovanissimo Vladyslav rappresentante presente allo stand del Ministero per le industrie strategiche dell’Ucraina, in Ucraina ci sono 800 aziende produttrici di armi, la guerra ha portato un incremento vertiginoso in questo settore. Ci dice Vladyslav: “Se nel 2022 erano in grado di produrre armi per 1 miliardo di dollari ora potremmo raggiungere i 35 miliardi, ma questa è una proiezione per il 2025, perché avvenga effettivamente abbiamo bisogno di partner, di investitori. Perché certo la ricostruzione è importante ma prima di poter ricostruire abbiamo bisogno di assicurarci che l’Ucraina resista, che preservi la sua indipendenza, la sua sovranità, l’integrità territoriale, che riusciamo a difendere il nostro diritto ad esistere.”

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