Israele ha nuovamente colpito la Siria. Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa statale siriana, aerei militari israeliani hanno lanciato attacchi su Suwayda, città nel sud del Paese a maggioranza drusa.
Il bombardamento è stato rivendicato ufficialmente dal primo ministro Benjamin Netanyahu e dal ministro della Difesa Israel Katz, che in una nota congiunta hanno dichiarato di aver colpito “forze del regime e armamenti” in risposta – così sostengono – ad attività militari del governo siriano dirette contro la popolazione drusa. L’esercito israeliano ha aggiunto che i raid sono seguiti all’individuazione di convogli governativi, inclusi mezzi blindati e carri armati, in movimento verso Suwayda.
L’intervento arriva nel pieno di violenti scontri tra tribù beduine e milizie locali, che nei giorni scorsi hanno causato oltre 30 morti e più di 100 feriti. Israele giustifica l’attacco come un’azione difensiva in nome della comunità drusa, ma appare sempre più evidente l’abitudine di ricorrere sistematicamente ai raid aerei come unico strumento di intervento regionale.
Alcuni analisti sottolineano come la politica israeliana in Siria, mascherata da “protezione delle minoranze”, serva in realtà a consolidare la propria presenza militare oltre i confini già occupati del Golan, in violazione del diritto internazionale. In un contesto di crescente instabilità, la scelta di Israele di rispondere con i bombardamenti, anziché attraverso canali diplomatici o umanitari, solleva dubbi sempre più gravi sulla reale natura e sugli obiettivi delle sue operazioni.
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