“Noi, i firmatari elencati di seguito, ci uniamo con un messaggio semplice e urgente: la guerra a Gaza deve finire subito.” È questo il cuore della dichiarazione congiunta firmata dai ministri degli Esteri di 23 Paesi, tra cui l’Italia, e dalla commissaria europea per l’Uguaglianza e la gestione delle crisi. Il documento, che include anche la firma del titolare della Farnesina Antonio Tajani, rappresenta un appello per un cessate il fuoco “immediato, incondizionato e permanente” nella Striscia di Gaza.
Tra i Paesi firmatari figurano Australia, Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Islanda, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Polonia, Portogallo, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito. La dichiarazione sottolinea anche il pieno sostegno agli sforzi diplomatici di Stati Uniti, Qatar ed Egitto per raggiungere un accordo duraturo, ribadendo la disponibilità dei firmatari a “intraprendere ulteriori azioni” per sostenere il cessate il fuoco e avviare “un percorso politico verso la sicurezza e la pace per israeliani, palestinesi e l’intera regione.”
Tuttavia, nonostante l’Italia figuri tra i firmatari, resta evidente l’assenza di misure concrete da parte del governo Meloni per esercitare una reale pressione sul governo israeliano di Benjamin Netanyahu. Dall’inizio della guerra, il 7 ottobre 2023, l’esecutivo italiano non ha mai adottato sanzioni, non ha congelato forniture militari né ha promosso iniziative autonome per fermare le operazioni militari israeliane nella Striscia, anche a fronte delle ripetute denunce internazionali per crimini di guerra e violazioni del diritto umanitario.
La firma dell’Italia a questo appello rappresenta dunque una presa di posizione formale ma non sufficiente a colmare un vuoto di iniziativa diplomatica e politica. Un documento condiviso non può assolvere la responsabilità di chi, pur potendo incidere, ha scelto finora di non agire con determinazione per fermare una guerra che ha causato decine di migliaia di morti, la maggior parte dei quali civili, e una catastrofe umanitaria senza precedenti nella Striscia di Gaza.