Cisgiordania, sette violazioni al giorno dei diritti umani

Un rapporto dell’ONG Mediterranea ha monitorato le violazioni commesse dalle forze di occupazione israeliane. Un documento che non si limita a denunciare, ma punta il dito contro quello che viene definito “un sistema di apartheid” attuato da Israele

Cisgiordania, sette violazioni al giorno dei diritti umani
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22 Luglio 2025 - 10.36 Culture


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Sette violazioni dei diritti umani al giorno nella regione di Masafer Yatta della Cisgiordania. È il dato sconvolgente che emerge dal rapporto presentato il 17 luglio 2025 dalla Ong Mediterranea, attiva sul campo dal 2024 con il progetto Mediterranea with Palestine. Tra gennaio e maggio 2025, i volontari dell’organizzazione umanitaria hanno documentato, nella cosiddetta “Area C”, 838 episodi di violenza in 27 villaggi palestinesi, frutto – secondo Mediterranea – di una “strategia centralizzata e deliberata di pulizia etnica”, realizzata attraverso la cooperazione di esercito, polizia e coloni.

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I dati sono stati raccolti durante 129 giorni di monitoraggio sul campo. In questo periodo, sono stati arrestati 80 palestinesi e 30 attivisti internazionali, bloccati gli accessi stradali e costruiti nuovi avamposti illegali. “Ognuno di questi atti di violenza è diretto contro civili inermi che esercitano il diritto di vivere e coltivare le proprie terre”, afferma Damiano Censi, tra i coordinatori del progetto. “Non è solo un documento, è un atto d’accusa che impone obblighi e responsabilità giuridiche chiare. L’Unione Europea è il primo partner commerciale di Israele, e l’Italia – denuncia Censi – solo nel dicembre 2023, ha esportato armi verso Israele per 1,3 milioni di euro, nel pieno dei bombardamenti su Gaza.”

Il 49% delle violazioni si concentra in soli quattro villaggi: Susiya, Tuwani, Umm Dhorit e Khallet Athaba. Tutti luoghi chiave per l’espansione coloniale israeliana, situati in zone come la “Firing Zone 918” o lungo vie di collegamento tra comunità palestinesi. In queste zone si contano 409 episodi, spesso accompagnati da aggressioni, arresti arbitrari e danneggiamenti. Le forze di polizia israeliane, secondo il rapporto, non hanno mai sanzionato gli aggressori. In molti casi, anzi, hanno partecipato direttamente alle violenze.

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Particolarmente gravi alcuni episodi descritti in dettaglio:

  • A Tuba, i coloni hanno preso di mira gli attivisti internazionali, con l’intento di eliminare testimoni.
  • A Jinba, coloni ed esercito hanno collaborato per distruggere il villaggio: dopo le aggressioni a bastonate da parte dei coloni, l’esercito ha arrestato quasi tutti gli uomini e devastato le abitazioni.
  • A Khallet Athaba, 31 edifici sono stati demoliti, lasciando in piedi solo due case.
  • Ad Ar Rakeez, i coloni hanno utilizzato armi da guerra, come proiettili a grappolo, contro la popolazione civile.

Tra le testimonianze raccolte da Mediterranea, colpisce quella di Ali, 86 anni, abitante di Khallet Athaba: “Sono nato qui prima che Israele esistesse. La mia famiglia possiede questa terra da generazioni. Ora come possono cercare di cacciarmi, dicendomi che non è più mia?”. Ali si ritrova ogni giorno a guardare le macerie della sua casa.

Il quadro tracciato dal rapporto è chiaro: una quotidianità fatta di attacchi, con l’obiettivo esplicito – secondo Denny Castiglione di Mediterranea – di cancellare la presenza palestinese dall’Area C. “Il report documenta con dati e testimonianze un sistema di apartheid. Serve a lasciare una traccia indelebile di una comunità che resiste con la non violenza. Portarlo al Senato, al Parlamento europeo, ovunque possibile affinché nessuno possa dire di non sapere”.

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Secondo le Nazioni Unite, Israele controlla oggi l’82% del territorio palestinese e ha bloccato persino l’ultimo accesso per gli aiuti umanitari. Mentre il mondo osserva il genocidio in corso a Gaza, la colonizzazione della Cisgiordania procede senza sosta.

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