Tajani chiede alla Palestina ciò che non ha mai chiesto a Israele: il doppiopesismo dell'ipocrisia italiana
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Tajani chiede alla Palestina ciò che non ha mai chiesto a Israele: il doppiopesismo dell'ipocrisia italiana

Tajani dice che perché l'Italia riconosca la Palestina i palestinesi dovrebbero prima riconoscere Israele. Ma Israele non ha mai riconosciuto la Palestina: questo v ba bene?

Tajani chiede alla Palestina ciò che non ha mai chiesto a Israele: il doppiopesismo dell'ipocrisia italiana
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25 Luglio 2025 - 14.27


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Le recenti dichiarazioni del ministro degli Esteri Antonio Tajani, pronunciate il 25 luglio 2025 durante il Consiglio nazionale di Forza Italia, rappresentano un esempio lampante di incoerenza politica e di un approccio che mina la credibilità dell’Italia sulla scena internazionale.

Affermando che il riconoscimento dello Stato palestinese debba essere subordinato al riconoscimento di Israele da parte della Palestina, Tajani adotta una posizione che non solo ignora la realtà dei fatti, ma perpetua un doppiopesismo che favorisce l’impunità di Israele e ignora le legittime aspirazioni del popolo palestinese. Questa linea, che riflette l’orientamento del governo italiano, è tanto miope quanto moralmente insostenibile, soprattutto alla luce delle azioni sempre più aggressive del governo di Benjamin Netanyahu.

Tajani sostiene che l’Italia desidera “pace e stabilità nell’area” e non la “vittoria di uno sull’altro”. Parole nobili, ma vuote, se confrontate con la realtà. L’Italia riconosce ufficialmente lo Stato di Israele dal 1948, nonostante Israele non abbia mai riconosciuto lo Stato di Palestina come entità sovrana. Al contrario, il governo Netanyahu ha ripetutamente espresso, attraverso azioni e dichiarazioni, l’intenzione di annettere porzioni sempre più ampie dei Territori palestinesi occupati, inclusi Gaza e la Cisgiordania. La recente escalation delle operazioni militari a Gaza e l’espansione degli insediamenti illegali in Cisgiordania, accompagnata da una retorica che nega i diritti fondamentali dei palestinesi, rendono evidente che Israele non ha alcuna intenzione di accettare la soluzione “due popoli, due Stati” che Tajani afferma di sostenere. Eppure, l’Italia non sembra intenzionata a riconsiderare il proprio riconoscimento di Israele, mentre pone condizioni stringenti ai palestinesi, che vivono sotto un’occupazione militare brutale e prolungata.

Chiedere alla Palestina di riconoscere Israele come prerequisito per il proprio riconoscimento è un esercizio di ipocrisia politica. È Israele, non la Palestina, a occupare militarmente territori che il diritto internazionale considera palestinesi. È Israele a controllare i movimenti, le risorse e le vite di milioni di palestinesi, negando loro il diritto all’autodeterminazione. È Israele, sotto la guida di Netanyahu, a perseguire una politica di espansione coloniale che viola sistematicamente le risoluzioni delle Nazioni Unite e il diritto umanitario internazionale. Eppure, Tajani e il governo italiano scelgono di ignorare queste realtà, imponendo al più debole – il popolo palestinese – un onere che non è mai stato richiesto al più forte.

Questa posizione non è solo incoerente, ma profondamente ingiusta. L’Italia, come altri Stati occidentali, ha storicamente chiuso un occhio sulle violazioni israeliane, giustificandole con la retorica della “sicurezza” o del “diritto all’autodifesa”. Ma quale sicurezza può giustificare la distruzione sistematica di infrastrutture civili a Gaza, la confisca di terre in Cisgiordania o l’uccisione di migliaia di civili, tra cui donne e bambini? Quale autodifesa può legittimare un’occupazione che dura da oltre mezzo secolo, in spregio al diritto internazionale? Tajani, con le sue parole, non solo ignora queste domande, ma contribuisce a perpetuare un’ingiustizia che alimenta il conflitto anziché risolverlo.

Il governo italiano, sotto la guida di Giorgia Meloni, si trova così complice di una narrazione che premia l’aggressore e penalizza la vittima. Condannare Hamas, come Tajani ha fatto, è doveroso: il terrorismo non può essere giustificato. Ma equiparare le azioni di un gruppo estremista alla lotta di un popolo per la propria autodeterminazione è un errore grave, che oscura le responsabilità di Israele come potenza occupante. Netanyahu, con il suo rifiuto di ogni negoziato credibile e la sua politica di annessione de facto, rappresenta un ostacolo alla pace non meno significativo di qualsiasi gruppo armato. Eppure, l’Italia continua a trattare Israele come un partner privilegiato, senza mai mettere in discussione il suo status, mentre impone condizioni irrealistiche a una Palestina che non ha né esercito né controllo effettivo sul proprio territorio.

Se l’Italia vuole davvero essere un attore credibile nella promozione della pace, deve abbandonare questa logica di doppiopesismo. Riconoscere lo Stato di Palestina, come hanno fatto oltre 140 Paesi, non è un atto ostile verso Israele, ma un passo verso la giustizia e la stabilità. Subordinare questo riconoscimento a condizioni che non vengono richieste a Israele non solo è incoerente, ma manda un messaggio devastante: che il diritto internazionale si applica solo ai deboli. Tajani e il governo italiano devono avere il coraggio di affrontare questa contraddizione, anziché nascondersi dietro una retorica di equidistanza che, in realtà, favorisce lo status quo.

Il popolo palestinese merita di vedere riconosciuto il proprio diritto a uno Stato sovrano, senza che questo sia condizionato da richieste asimmetriche. L’Italia, che si vanta di essere un faro di democrazia e diritti umani, non può continuare a sostenere una politica che ignora le sofferenze di milioni di persone. Tajani e il governo Meloni devono rispondere a una domanda semplice: perché chiedere alla Palestina ciò che non si è mai chiesto a Israele? Fino a quando questa domanda resterà senza risposta, la credibilità dell’Italia come mediatore per la pace rimarrà gravemente compromessa.

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