Il governo israeliano guidato da Benyamin Netanyahu, sostenuto da una delle coalizioni più estremiste nella storia del Paese, sembra deciso a mettere la parola fine a ogni prospettiva di uno Stato palestinese. Le recenti dichiarazioni dei ministri Gideon Saar, Bezalel Smotrich e altri membri dell’esecutivo non lasciano spazio a dubbi: l’obiettivo è l’annessione de facto dei territori palestinesi rimasti, a partire dalla Cisgiordania fino a porzioni della Striscia di Gaza.
Sotto l’ombrello protettivo degli Stati Uniti, che continuano a garantire a Israele sostegno diplomatico, militare e politico, le autorità israeliane stanno approfittando dell’attuale situazione per chiudere una volta per tutte la “questione palestinese” – non attraverso una soluzione negoziata, ma tramite l’imposizione unilaterale di nuovi confini.
Gideon Saar: “Nessuno Stato palestinese sarà mai creato”
Il ministro degli Esteri Gideon Saar ha dichiarato senza ambiguità che “non sarà creato alcuno Stato palestinese”, attribuendo alle pressioni internazionali su Israele il fallimento dei negoziati per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. Secondo Saar, il solo fatto che la comunità internazionale chieda a Israele una tregua spinge Hamas a “irrigidire le sue posizioni” e giustifica dunque il proseguimento delle operazioni militari.
Dietro questa dichiarazione si cela una strategia più ampia: quella di trasformare il conflitto in una giustificazione permanente per impedire qualsiasi soluzione politica fondata sul diritto internazionale.
Smotrich rilancia: “È il momento migliore per annettere la Cisgiordania”
Bezalel Smotrich, leader del partito Sionismo Religioso e ministro delle Finanze, ha colto l’occasione per rilanciare una delle storiche rivendicazioni dell’estrema destra israeliana: l’annessione integrale della Cisgiordania. Intervenendo in Parlamento, ha affermato che “non c’è momento più opportuno” di questo per realizzare l’annessione, vista la debolezza dei palestinesi, l’attenzione globale concentrata su Gaza e la compiacenza della comunità internazionale.
Smotrich ha anche definito un errore storico il disimpegno da Gaza del 2005, considerandolo un precedente da “correggere” con nuove annessioni. L’obiettivo è evidente: cancellare ogni distinzione tra Israele e i Territori Occupati, facendone un’unica entità sotto sovranità israeliana.
Netanyahu valuta l’annessione anche di porzioni di Gaza
Secondo indiscrezioni diffuse dai media israeliani, il primo ministro Netanyahu starebbe valutando un piano per annettere aree della Striscia di Gaza nel caso in cui i negoziati con Hamas non portino a un accordo sul cessate il fuoco.
La proposta, che sarà discussa nel gabinetto politico-militare, prevede un ultimatum a Hamas, dopo il quale Israele procederebbe unilateralmente ad annettere zone strategiche della Striscia. La mossa sarebbe motivata dalla necessità di “garantire la sicurezza di Israele”, ma nella sostanza rappresenta un tentativo di Netanyahu di consolidare il proprio governo e placare le pressioni dell’ultradestra incarnata da Smotrich e Itamar Ben Gvir.
Un pericolo per la pace regionale (e globale)
L’approccio del governo israeliano non è soltanto un affronto ai diritti del popolo palestinese, ma costituisce anche una minaccia concreta alla stabilità dell’intero Medio Oriente. L’annessione unilaterale di territori occupati viola il diritto internazionale, alimenta la radicalizzazione e può riaccendere focolai di violenza in tutta la regione, dal Libano alla Giordania, fino al Golfo Persico.
Il sostegno incondizionato di Washington, che continua a garantire a Israele protezione in sede ONU e forniture militari, legittima una politica che ha ormai smesso di nascondersi dietro la retorica della sicurezza: è un progetto di conquista territoriale. E come ogni colonialismo, genera resistenza, odio, instabilità.
Il tempo stringe
Mentre la comunità internazionale assiste inerte o complice, il governo israeliano sta trasformando sul terreno l’assetto geopolitico del Medio Oriente. L’illusione che “dopo la guerra si parlerà di due Stati” viene smentita quotidianamente da atti concreti: nuove colonie, dichiarazioni di annessione, repressione nei Territori Occupati.
È il momento per l’Europa e per i paesi arabi di rompere il silenzio e fermare una deriva che rischia di trascinare l’intera regione in un lungo e devastante conflitto. La pace non è più una possibilità futura: è un’urgenza che va difesa adesso, prima che sia troppo tardi.
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