Vi parlo per quei 18mila bambini uccisi a Gaza. Non dimenticateli

Sono stati uccisi dall’inizio della guerra nella Striscia. E altre decine di migliaia feriti, amputati, traumatizzati. Una infanzia cancellata. Racconta il Vicedirettore dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Infanzia

Vi parlo per quei 18mila bambini uccisi a Gaza. Non dimenticateli
Preroll AMP

Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

2 Agosto 2025 - 16.05


ATF AMP

Una testimonianza che dà conto dell’indicibile sofferenza subita dai bambini di Gaza e dalle loro famiglie. Oltre 18.000 bambini- DICIOTTOMILA – sono stati uccisi dall’inizio della guerra nella Striscia. E altre decine di migliaia feriti, amputati, traumatizzati. Una infanzia cancellata. Racconta il Vicedirettore dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Infanzia: “…Sono appena tornato da una missione di cinque giorni in Israele, Gaza e Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est. I segni della profonda sofferenza e della fame erano visibili sui volti delle famiglie e dei bambini. Dall’inizio della guerra, a Gaza sono stati uccisi oltre 18.000 bambini. Si tratta di una media di 28 bambini al giorno, l’equivalente di una classe scolastica, che non ci sono più. I bambini hanno perso i loro cari, sono affamati e spaventati e traumatizzati.  

Top Right AMP

Gaza ora rischia seriamente la carestia. Si tratta di una situazione che si è andata aggravando, ma ora abbiamo due indicatori che hanno superato la soglia della carestia. Una persona su tre a Gaza passa giorni senza cibo e l’indicatore di malnutrizione ha superato la soglia della carestia, con la malnutrizione acuta che ora supera il 16,5% [nella città di Gaza]. Oggi, oltre 320.000 bambini piccoli sono a rischio di malnutrizione acuta. 

A Gaza ho incontrato le famiglie dei 10 bambini uccisi e dei 19 feriti da un attacco aereo israeliano mentre erano in fila con i loro genitori per ricevere cibo presso una clinica nutrizionale a Deir el-Balah sostenuta dall’Unicef. Abbiamo incontrato Ahmed, che ha 10 anni, e suo padre. Quel giorno Ahmed era in fila con sua sorella Samah, di 13 anni. Lei è morta. Ho visto una foto in cui lui agitava furiosamente le braccia per fermare un carro trainato da un asino nel tentativo di salvarla e portarla in ospedale, ma non ci è riuscito. È profondamente traumatizzato e non sa cosa fare. Questo semplicemente non dovrebbe accadere. I bambini che ho incontrato non sono vittime di una catastrofe naturale. Sono affamati, bombardati e sfollati. 

Dynamic 1 AMP

In un centro di stabilizzazione nella città di Gaza ho incontrato bambini gravemente malnutriti, ridotti pelle e ossa. Le loro madri erano sedute lì vicino, disperate ed esauste. Una madre mi ha detto che non produce più latte materno perché lei stessa è troppo affamata. L’Unicef sta facendo tutto il possibile per affrontare la situazione: sostiene l’allattamento al seno, fornisce latte artificiale e cura i bambini affetti da malnutrizione acuta grave. Ma i bisogni sono enormi dopo 22 mesi di guerra e due mesi di blocco, che ora è stato allentato ma continua ad avere un impatto, e gli aiuti non stanno arrivando abbastanza velocemente o nella misura necessaria. 

In mezzo a tutto questo, il nostro personale a Gaza, la maggior parte del quale ha subito perdite personali devastanti, continua a lavorare giorno e notte. 

L’Unicef sta fornendo acqua potabile: 2,4 milioni di litri al giorno nella parte settentrionale di Gaza, raggiungendo 600.000 bambini. Si tratta di una media di 5-6 litri di acqua al giorno a persona – meglio di prima, ma ancora ben al di sotto della soglia di sopravvivenza. Abbiamo ricostruito la catena del freddo per i vaccini e continuiamo a vaccinare i bambini. Stiamo fornendo assistenza psicosociale ai bambini che sono stati terrorizzati da ciò che hanno vissuto. Stiamo salvando la vita ai neonati, aiutando a riunire le famiglie separate, sia all’interno della Striscia che, in alcuni casi, a livello internazionale, e fornendo latte artificiale ai bambini più vulnerabili, ma c’è ancora molto da fare.  

Dynamic 1 AMP

Dopo la tregua annunciata da Israele, l’accesso umanitario è stato in parte facilitato. Abbiamo oltre 1.500 camion carichi di forniture di prima necessità pronti nei corridoi tra Egitto, Giordania, Ashdod e Turchia. Alcuni hanno iniziato a muoversi e negli ultimi due giorni abbiamo consegnato 33 camion di latte in polvere salvavita, biscotti ad alto contenuto energetico e kit igienici. Ma questa è solo una minima parte di ciò che serve; quindi, gran parte della nostra missione è stata dedicata alla sensibilizzazione e al dialogo con le autorità israeliane a Gerusalemme e Tel Aviv.   

Abbiamo insistito affinché venissero riviste le loro regole militari di ingaggio per proteggere i civili e i bambini. I bambini non dovrebbero essere uccisi mentre aspettano in fila in un centro nutrizionale o mentre raccolgono l’acqua, e le persone non dovrebbero essere così disperate da dover assalire un convoglio.  

Abbiamo chiesto un aumento degli aiuti umanitari e del traffico commerciale – avvicinandoci a 500 camion al giorno – per stabilizzare la situazione e ridurre la disperazione della popolazione, nonché i saccheggi e quella che chiamiamo auto distribuzione, quando la popolazione insegue un convoglio, e anche i saccheggi, quando i gruppi armati lo inseguono perché il prezzo del cibo è così alto. 

Dynamic 1 AMP

Per affrontare questo problema, dobbiamo inondare la Striscia di rifornimenti utilizzando tutti i canali e tutti i valichi.   Questo non sarà possibile solo con gli aiuti umanitari, quindi abbiamo anche insistito affinché nella Striscia entrassero beni commerciali – uova, latte e altri beni di prima necessità che integrano ciò che la comunità umanitaria sta portando. 

Abbiamo insistito affinché fossero ammessi articoli “a duplice uso” e più carburante, in modo da poter riparare il sistema idrico: tubi, raccordi, generatori.  A Gaza fa molto caldo – 40 gradi – e l’acqua scarseggia, con il rischio di epidemie che incombe ovunque. 

Continueremo a impegnarci affinché le pause umanitarie non causino ulteriori sfollamenti, costringendo la popolazione in un’area sempre più ristretta.  

Dynamic 1 AMP

Anche in Cisgiordania i bambini sono in pericolo. Finora quest’anno sono stati uccisi 39 bambini palestinesi. Ho visitato una comunità beduina a est di Ramallah, che è stata costretta ad abbandonare le proprie case a causa delle violenze. 

Abbiamo anche incontrato bambini israeliani colpiti dalla guerra. Bambini che hanno subito paura, perdite e sfollamenti. I bambini non iniziano le guerre, ma sono loro a subirne le conseguenze 

Ci troviamo a un bivio. Le scelte che faremo ora determineranno la vita o la morte di decine di migliaia di bambini. Sappiamo cosa bisogna fare e cosa si può fare. L’Onu e le Ong che compongono la comunità umanitaria possono affrontare questo problema, insieme al traffico commerciale, se vengono messe in atto misure che consentano l’accesso e che alla fine garantiscano la disponibilità di beni sufficienti nella Striscia, in modo da attenuare alcuni dei problemi legati all’ordine pubblico.  

Dynamic 1 AMP

Sono necessari finanziamenti. L’appello dell’Unicef per Gaza è gravemente sottofinanziato: solo il 30% delle esigenze sanitarie e nutrizionali è coperto.  

Dobbiamo ricordare che le pause umanitarie non sono un cessate il fuoco. Speriamo che le parti possano concordare un cessate il fuoco e il ritorno di tutti gli ostaggi rimasti nelle mani di Hamas e di altri gruppi armati. Questa situazione va avanti da troppo tempo. 22 mesi. Onestamente non mi sarei mai aspettato che saremmo arrivati a 22 mesi di guerra. Quello che sta accadendo sul campo è disumano. Ciò di cui hanno bisogno i bambini, i bambini di tutte le comunità, è un cessate il fuoco duraturo e una via d’uscita politica.” 

Così il Vicedirettore dell’Unicef. La situazione è raccapricciante. Come raccapricciante è l’impunità sin qui goduta dal governo fascista di Tel Aviv, mai sanzionato per i crimini di guerra e contro l’umanità che sta perpetrando quotidianamente a Gaza. 

Dynamic 1 AMP

In Italia ci si accapiglia mediaticamente sull’uso, proprio o improprio, del termine “genocidio” per ciò che sta avvenendo a Gaza. Confesso che questo dibattito semantico non mi appassiona. Non perché non lo trovi appropriato. Chi scrive e Globalist con il suo direttore non hanno mai nascosto, l’abbiamo scritto, documentato, di considerare quello commesso da Israele a Gaza un crimine genocidiale. Ma con altrettanta nettezza va detto e scritto che per i disperati di Gaza, quelli vivi e quelli morti, di essere definiti in un termine interessa nulla. Ciò che pretendono dal mondo è giustizia per le migliaia di vittime civili della guerra di annientamento condotta da Netanyahu, e di poter vivere. Questo al popolo palestinese continua ad essere negato. E chi lo fa – vero presidente Meloni – è di fatto complice dei criminali di Tel Aviv. E lo è tanto più se continua a vendere – l’Italia – le armi con le quali l’”esercito più morale del mondo” spara sulla folla che si accalca attorno a quella trappola mortale congegnata da Israele, con l’attivo sostegno americano, nella distribuzione dei pochi aiuti alimentari fatti entrare nella Striscia.

Alleati, non antisemiti: la pressione diplomatica su Israele è un atto di amicizia

Così l’editoriale di Haaretz, sempre più baluardo dell’Israele resiliente rispetto alla deriva bellicista di un governo che ha scelto e sta praticando la soluzione finale della questione palestinese, cancellando i palestinesi dalla faccia della terra.

Dynamic 1 AMP

Scrive Haaretz: “La Germania, paladina del governo di Benjamin Netanyahu nell’Unione Europea, ha annunciato giovedì l’immediato avvio di un processo diplomatico che porti al riconoscimento dello Stato palestinese. La Germania ha preso questa decisione dopo che i leader di vari paesi occidentali, tra cui Gran Bretagna, Canada e Portogallo, hanno dichiarato che riconosceranno lo Stato palestinese durante la prossima Assemblea Generale delle Nazioni Unite o che inizieranno a discuterne.

Le loro dichiarazioni, equilibrate, includevano una dura condanna dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, definito “antisemita” e “terroristico”, nonché un appello per un cessate il fuoco immediato, il rilascio di tutti gli ostaggi e l’ingresso di maggiori aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. I ministri degli Esteri che hanno partecipato alla conferenza di pace di questa settimana a New York hanno esortato gli altri Paesi a stabilire relazioni con Israele e a manifestare la loro disponibilità a discutere la sua integrazione nella regione.

A quanto pare, l’annuncio del presidente francese Emmanuel Macron, secondo cui la Francia intende riconoscere uno Stato palestinese, ha segnato l’inizio di una nuova stagione, insieme alla speranza di una fiorente diplomazia. Il problema è che qualsiasi cosa contenga anche solo un accenno alla possibilità di raggiungere la pace viene descritta dai politici israeliani, compresi i membri dell’opposizione, come uno “tsunami diplomatico”, quasi fosse un disastro naturale che i comuni mortali non sono in grado di affrontare.

Dynamic 1 AMP

Riconoscere uno Stato palestinese non è un “collasso morale” o un “premio per un genocidio”, come lo definiscono i partiti di destra e di centro-destra. Uno Stato palestinese, demilitarizzato e impegnato nell’istruzione e nelle infrastrutture, che viva in pace e sicurezza accanto a Israele, è l’unico ostacolo al terrore, allo spargimento di sangue e alla continua discesa di Israele nell’abisso dell’apartheid e all’ostracismo in una comunità di lebbrosi. Perpetuare l’occupazione, rubare terra e annettere territori costituisce il vero e continuo collasso morale e di sicurezza, nonché un premio per gli assassini di Hamas e di chiunque altro si macchi di crimini simili, sia dal fronte palestinese che da quello israeliano.

L’idea di uno Stato palestinese è risorta dalle rovine di Rafah, dai resti di Khan Yunis e dalle raccapriccianti foto di bambini denutriti. Possiamo solo sperare che questa ultima mossa non si aggiunga agli annunci simili che sono spuntati e poi scomparsi. I veri amici di Israele devono impiegare tutti i mezzi legittimi e accettabili per fermare l’annessione strisciante, impedire l’espulsione dei palestinesi dalla Cisgiordania e porre fine all’illusione di un ritorno a Gaza. È necessario che si mobilitino immediatamente anche per ricostruire Gaza sotto una leadership palestinese efficace e orientata alla pace.

Il campo della pace israeliano deve tornare alla ragione e accogliere con favore l’iniziativa diplomatica lanciata dalla Francia e dall’Arabia Saudita. Non è così che agiscono gli antisemiti, ma gli amici. E gli israeliani dovrebbero ringraziare tutti i leader che si sono uniti a loro. La creazione di uno Stato palestinese indipendente è un elemento essenziale di un più ampio accordo regionale. La soluzione dei due Stati dovrebbe quindi tornare al centro della scena internazionale e diventare la priorità dell’agenda israeliana”.

Dynamic 1 AMP

Così Haaretz. Statene certi: queste cose non le leggerete mai sulla stampa mainstream italiana. Per i fogli e fogliacci vari, Israele va difeso, sempre e comunque, e se proprio deve essere, un buffetto per i suoi “eccessi” in una guerra comunque giusta, di difesa, in cui i 18mila bimbi palestinesi massacrati, sono derubricati a “danni collaterali”. 

Quella che state per leggere è una testimonianza dall’inferno in terra. È il racconto-denuncia di Ted Chalban, Vicedirettore generale dell’Unicef.

Una testimonianza che dà conto dell’indicibile sofferenza subita dai bambini di Gaza e dalle loro famiglie. Oltre 18.000 bambini- DICIOTTOMILA – sono stati uccisi dall’inizio della guerra nella Striscia. E altre decine di migliaia feriti, amputati, traumatizzati. Una infanzia cancellata. Racconta il Vicedirettore dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Infanzia: “…Sono appena tornato da una missione di cinque giorni in Israele, Gaza e Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est. I segni della profonda sofferenza e della fame erano visibili sui volti delle famiglie e dei bambini. Dall’inizio della guerra, a Gaza sono stati uccisi oltre 18.000 bambini. Si tratta di una media di 28 bambini al giorno, l’equivalente di una classe scolastica, che non ci sono più. I bambini hanno perso i loro cari, sono affamati e spaventati e traumatizzati.  

Dynamic 1 AMP

Gaza ora rischia seriamente la carestia. Si tratta di una situazione che si è andata aggravando, ma ora abbiamo due indicatori che hanno superato la soglia della carestia. Una persona su tre a Gaza passa giorni senza cibo e l’indicatore di malnutrizione ha superato la soglia della carestia, con la malnutrizione acuta che ora supera il 16,5% [nella città di Gaza]. Oggi, oltre 320.000 bambini piccoli sono a rischio di malnutrizione acuta. 

A Gaza ho incontrato le famiglie dei 10 bambini uccisi e dei 19 feriti da un attacco aereo israeliano mentre erano in fila con i loro genitori per ricevere cibo presso una clinica nutrizionale a Deir el-Balah sostenuta dall’Unicef. Abbiamo incontrato Ahmed, che ha 10 anni, e suo padre. Quel giorno Ahmed era in fila con sua sorella Samah, di 13 anni. Lei è morta. Ho visto una foto in cui lui agitava furiosamente le braccia per fermare un carro trainato da un asino nel tentativo di salvarla e portarla in ospedale, ma non ci è riuscito. È profondamente traumatizzato e non sa cosa fare. Questo semplicemente non dovrebbe accadere. I bambini che ho incontrato non sono vittime di una catastrofe naturale. Sono affamati, bombardati e sfollati. 

In un centro di stabilizzazione nella città di Gaza ho incontrato bambini gravemente malnutriti, ridotti pelle e ossa. Le loro madri erano sedute lì vicino, disperate ed esauste. Una madre mi ha detto che non produce più latte materno perché lei stessa è troppo affamata. L’Unicef sta facendo tutto il possibile per affrontare la situazione: sostiene l’allattamento al seno, fornisce latte artificiale e cura i bambini affetti da malnutrizione acuta grave. Ma i bisogni sono enormi dopo 22 mesi di guerra e due mesi di blocco, che ora è stato allentato ma continua ad avere un impatto, e gli aiuti non stanno arrivando abbastanza velocemente o nella misura necessaria. 

Dynamic 1 AMP

In mezzo a tutto questo, il nostro personale a Gaza, la maggior parte del quale ha subito perdite personali devastanti, continua a lavorare giorno e notte. 

L’Unicef sta fornendo acqua potabile: 2,4 milioni di litri al giorno nella parte settentrionale di Gaza, raggiungendo 600.000 bambini. Si tratta di una media di 5-6 litri di acqua al giorno a persona – meglio di prima, ma ancora ben al di sotto della soglia di sopravvivenza. Abbiamo ricostruito la catena del freddo per i vaccini e continuiamo a vaccinare i bambini. Stiamo fornendo assistenza psicosociale ai bambini che sono stati terrorizzati da ciò che hanno vissuto. Stiamo salvando la vita ai neonati, aiutando a riunire le famiglie separate, sia all’interno della Striscia che, in alcuni casi, a livello internazionale, e fornendo latte artificiale ai bambini più vulnerabili, ma c’è ancora molto da fare.  

Dopo la tregua annunciata da Israele, l’accesso umanitario è stato in parte facilitato. Abbiamo oltre 1.500 camion carichi di forniture di prima necessità pronti nei corridoi tra Egitto, Giordania, Ashdod e Turchia. Alcuni hanno iniziato a muoversi e negli ultimi due giorni abbiamo consegnato 33 camion di latte in polvere salvavita, biscotti ad alto contenuto energetico e kit igienici. Ma questa è solo una minima parte di ciò che serve; quindi, gran parte della nostra missione è stata dedicata alla sensibilizzazione e al dialogo con le autorità israeliane a Gerusalemme e Tel Aviv.   

Dynamic 1 AMP

Abbiamo insistito affinché venissero riviste le loro regole militari di ingaggio per proteggere i civili e i bambini. I bambini non dovrebbero essere uccisi mentre aspettano in fila in un centro nutrizionale o mentre raccolgono l’acqua, e le persone non dovrebbero essere così disperate da dover assalire un convoglio.  

Abbiamo chiesto un aumento degli aiuti umanitari e del traffico commerciale – avvicinandoci a 500 camion al giorno – per stabilizzare la situazione e ridurre la disperazione della popolazione, nonché i saccheggi e quella che chiamiamo auto distribuzione, quando la popolazione insegue un convoglio, e anche i saccheggi, quando i gruppi armati lo inseguono perché il prezzo del cibo è così alto. 

Per affrontare questo problema, dobbiamo inondare la Striscia di rifornimenti utilizzando tutti i canali e tutti i valichi.   Questo non sarà possibile solo con gli aiuti umanitari, quindi abbiamo anche insistito affinché nella Striscia entrassero beni commerciali – uova, latte e altri beni di prima necessità che integrano ciò che la comunità umanitaria sta portando. 

Dynamic 1 AMP

Abbiamo insistito affinché fossero ammessi articoli “a duplice uso” e più carburante, in modo da poter riparare il sistema idrico: tubi, raccordi, generatori.  A Gaza fa molto caldo – 40 gradi – e l’acqua scarseggia, con il rischio di epidemie che incombe ovunque. 

Continueremo a impegnarci affinché le pause umanitarie non causino ulteriori sfollamenti, costringendo la popolazione in un’area sempre più ristretta.  

Anche in Cisgiordania i bambini sono in pericolo. Finora quest’anno sono stati uccisi 39 bambini palestinesi. Ho visitato una comunità beduina a est di Ramallah, che è stata costretta ad abbandonare le proprie case a causa delle violenze. 

Dynamic 1 AMP

Abbiamo anche incontrato bambini israeliani colpiti dalla guerra. Bambini che hanno subito paura, perdite e sfollamenti. I bambini non iniziano le guerre, ma sono loro a subirne le conseguenze 

Ci troviamo a un bivio. Le scelte che faremo ora determineranno la vita o la morte di decine di migliaia di bambini. Sappiamo cosa bisogna fare e cosa si può fare. L’Onu e le Ong che compongono la comunità umanitaria possono affrontare questo problema, insieme al traffico commerciale, se vengono messe in atto misure che consentano l’accesso e che alla fine garantiscano la disponibilità di beni sufficienti nella Striscia, in modo da attenuare alcuni dei problemi legati all’ordine pubblico.  

Sono necessari finanziamenti. L’appello dell’Unicef per Gaza è gravemente sottofinanziato: solo il 30% delle esigenze sanitarie e nutrizionali è coperto.  

Dynamic 1 AMP

Dobbiamo ricordare che le pause umanitarie non sono un cessate il fuoco. Speriamo che le parti possano concordare un cessate il fuoco e il ritorno di tutti gli ostaggi rimasti nelle mani di Hamas e di altri gruppi armati. Questa situazione va avanti da troppo tempo. 22 mesi. Onestamente non mi sarei mai aspettato che saremmo arrivati a 22 mesi di guerra. Quello che sta accadendo sul campo è disumano. Ciò di cui hanno bisogno i bambini, i bambini di tutte le comunità, è un cessate il fuoco duraturo e una via d’uscita politica.” 

Così il Vicedirettore dell’Unicef. La situazione è raccapricciante. Come raccapricciante è l’impunità sin qui goduta dal governo fascista di Tel Aviv, mai sanzionato per i crimini di guerra e contro l’umanità che sta perpetrando quotidianamente a Gaza. 

In Italia ci si accapiglia mediaticamente sull’uso, proprio o improprio, del termine “genocidio” per ciò che sta avvenendo a Gaza. Confesso che questo dibattito semantico non mi appassiona. Non perché non lo trovi appropriato. Chi scrive e Globalist con il suo direttore non hanno mai nascosto, l’abbiamo scritto, documentato, di considerare quello commesso da Israele a Gaza un crimine genocidiale. Ma con altrettanta nettezza va detto e scritto che per i disperati di Gaza, quelli vivi e quelli morti, di essere definiti in un termine interessa nulla. Ciò che pretendono dal mondo è giustizia per le migliaia di vittime civili della guerra di annientamento condotta da Netanyahu, e di poter vivere. Questo al popolo palestinese continua ad essere negato. E chi lo fa – vero presidente Meloni – è di fatto complice dei criminali di Tel Aviv. E lo è tanto più se continua a vendere – l’Italia – le armi con le quali l’”esercito più morale del mondo” spara sulla folla che si accalca attorno a quella trappola mortale congegnata da Israele, con l’attivo sostegno americano, nella distribuzione dei pochi aiuti alimentari fatti entrare nella Striscia.

Dynamic 1 AMP

Alleati, non antisemiti: la pressione diplomatica su Israele è un atto di amicizia

Così l’editoriale di Haaretz, sempre più baluardo dell’Israele resiliente rispetto alla deriva bellicista di un governo che ha scelto e sta praticando la soluzione finale della questione palestinese, cancellando i palestinesi dalla faccia della terra.

Scrive Haaretz: “La Germania, paladina del governo di Benjamin Netanyahu nell’Unione Europea, ha annunciato giovedì l’immediato avvio di un processo diplomatico che porti al riconoscimento dello Stato palestinese. La Germania ha preso questa decisione dopo che i leader di vari paesi occidentali, tra cui Gran Bretagna, Canada e Portogallo, hanno dichiarato che riconosceranno lo Stato palestinese durante la prossima Assemblea Generale delle Nazioni Unite o che inizieranno a discuterne.

Dynamic 1 AMP

Le loro dichiarazioni, equilibrate, includevano una dura condanna dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, definito “antisemita” e “terroristico”, nonché un appello per un cessate il fuoco immediato, il rilascio di tutti gli ostaggi e l’ingresso di maggiori aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. I ministri degli Esteri che hanno partecipato alla conferenza di pace di questa settimana a New York hanno esortato gli altri Paesi a stabilire relazioni con Israele e a manifestare la loro disponibilità a discutere la sua integrazione nella regione.

A quanto pare, l’annuncio del presidente francese Emmanuel Macron, secondo cui la Francia intende riconoscere uno Stato palestinese, ha segnato l’inizio di una nuova stagione, insieme alla speranza di una fiorente diplomazia. Il problema è che qualsiasi cosa contenga anche solo un accenno alla possibilità di raggiungere la pace viene descritta dai politici israeliani, compresi i membri dell’opposizione, come uno “tsunami diplomatico”, quasi fosse un disastro naturale che i comuni mortali non sono in grado di affrontare.

Riconoscere uno Stato palestinese non è un “collasso morale” o un “premio per un genocidio”, come lo definiscono i partiti di destra e di centro-destra. Uno Stato palestinese, demilitarizzato e impegnato nell’istruzione e nelle infrastrutture, che viva in pace e sicurezza accanto a Israele, è l’unico ostacolo al terrore, allo spargimento di sangue e alla continua discesa di Israele nell’abisso dell’apartheid e all’ostracismo in una comunità di lebbrosi. Perpetuare l’occupazione, rubare terra e annettere territori costituisce il vero e continuo collasso morale e di sicurezza, nonché un premio per gli assassini di Hamas e di chiunque altro si macchi di crimini simili, sia dal fronte palestinese che da quello israeliano.

Dynamic 1 AMP

L’idea di uno Stato palestinese è risorta dalle rovine di Rafah, dai resti di Khan Yunis e dalle raccapriccianti foto di bambini denutriti. Possiamo solo sperare che questa ultima mossa non si aggiunga agli annunci simili che sono spuntati e poi scomparsi. I veri amici di Israele devono impiegare tutti i mezzi legittimi e accettabili per fermare l’annessione strisciante, impedire l’espulsione dei palestinesi dalla Cisgiordania e porre fine all’illusione di un ritorno a Gaza. È necessario che si mobilitino immediatamente anche per ricostruire Gaza sotto una leadership palestinese efficace e orientata alla pace.

Il campo della pace israeliano deve tornare alla ragione e accogliere con favore l’iniziativa diplomatica lanciata dalla Francia e dall’Arabia Saudita. Non è così che agiscono gli antisemiti, ma gli amici. E gli israeliani dovrebbero ringraziare tutti i leader che si sono uniti a loro. La creazione di uno Stato palestinese indipendente è un elemento essenziale di un più ampio accordo regionale. La soluzione dei due Stati dovrebbe quindi tornare al centro della scena internazionale e diventare la priorità dell’agenda israeliana”.

Così Haaretz. Statene certi: queste cose non le leggerete mai sulla stampa mainstream italiana. Per i fogli e fogliacci vari, Israele va difeso, sempre e comunque, e se proprio deve essere, un buffetto per i suoi “eccessi” in una guerra comunque giusta, di difesa, in cui i 18mila bimbi palestinesi massacrati, sono derubricati a “danni collaterali”. 

Dynamic 1 AMP
FloorAD AMP
Exit mobile version