Nel genocidio di Gaza, nel raccontarlo giorno dopo giorno, con analisi, testimonianze, report, Globalist ha seguito, si spera con coerenza, alcune direttrici fondamentali:
1)Denunciare il carattere fascista del governo che oggi guida Israele;
2)Che la scelta della guerra infinita è per Netanyahu e la sua cricca di fanatici messianici l’assicurazione sulla loro vita politica;
3)Che da mesi e mesi quella condotta a Gaza non è più, se mai lo è stata, una guerra di difesa dopo l’immane ed esecrabile operazione terroristica di Hamas il 7 ottobre 2023;
4) Che l’obiettivo dichiarato di Netanyahu, Smotrich, Ben-Gvir e compagnia brutta non è mai stato quello di distruggere Hamas ma di annientare il popolo palestinese e annettere buona parte, la quasi totalità, dei territori occupati allo stato d’Israele; 5) last but not least , Globalist ha sempre, quotidianamente, dato voce in Italia all’Israele resiliente, a quanti si ribellano ai golpisti.
L’Israele che ha in Haaretz la sua principale voce mediatica. Un giornale coraggioso, fatto da giornaliste e giornalisti seri, preparati, competenti, indipendenti, con la schiena dritta. Questo 5 punto è importantissimo, perché sia chiaro che la nostra critica, durissima, è rivolta a chi governa Israele, ai coloni criminali, a chi si è fatto strumento di morte disumanizzando i palestinesi, non distinguendo tra combattenti e civili, colpendo scuole, ospedali, affamando, sparando deliberatamente contro una moltitudine di disperati che si affollano attorno ai cosiddetti centri di assistenza – una voluta trappola mortale congegnata dagli israeliani e dai contractors americani -.
Le famiglie degli ostaggi e dei soldati dell’Idf caduti chiedono uno sciopero generale contro il piano di occupazione di Gaza
Così ne scrive su Haaretz Bar Peleg: “Le famiglie degli ostaggi e dei soldati dell’Idf caduti hanno indetto uno sciopero nazionale per domenica prossima, con l’obiettivo di ottenere un accordo per il rilascio degli ostaggi, dopo la decisione presa venerdì dal gabinetto di sicurezza israeliano di espandere l’offensiva a Gaza e di occupare la Striscia.
Lo sciopero inizierà alle 7:00 del mattino e vi prenderanno parte inizialmente aziende private, organizzazioni, comitati di lavoratori e singoli cittadini, anche se le famiglie hanno invitato a unirsi all’iniziativa anche i partiti più grandi.
Durante la conferenza stampa, Anat Angrest, madre dell’ostaggio Matan, ha esortato: “Cari cittadini, non rimanete in silenzio. Il silenzio uccide. Chiedo ai leader aziendali: avete il potere. Il vostro silenzio uccide i nostri figli”.
Vicky Cohen, madre dell’ostaggio Nimrod Cohen, ha affermato che “le parole del capo di Stato maggiore ai ministri sono chiare. La sua richiesta di rimuovere l’obiettivo di riportare a casa i rapiti dall’obiettivo di occupare Gaza invia un messaggio chiaro e inequivocabile: il governo israeliano sta rinunciando a mio figlio Nimrod e a tutti gli ostaggi”. Per noi, le famiglie degli ostaggi, questa non è una lotta personale. È una lotta per tutti i cittadini di Israele”.
Eyal Eshel, padre della soldatessa Roni Eshel, uccisa da Hamas nell’avamposto militare di Nahal Oz il 7 ottobre 2023, ha dichiarato: “Espandere la guerra in profondità a Gaza non è una strategia, ma una scommessa crudele sulla vita dei nostri soldati e degli ostaggi. Invece di sacrificare altre vite, chiediamo il ritorno degli ostaggi con un accordo, l’istituzione di una commissione d’inchiesta sullo scontro del 7 ottobre e l’inizio della ricostruzione dello Stato di Israele, prima che sia troppo tardi”.
Il leader dell’opposizione Yair Lapid e altri esponenti politici hanno sostenuto la richiesta di sciopero delle famiglie. Lapid ha affermato che la chiusura dell’economia è “giustificata e appropriata”, mentre il leader democratico Yair Golan ha scritto su X che il suo partito si unirà allo sciopero.
Golan ha invitato “tutti i cittadini di Israele, tutti coloro che hanno a cuore la vita e la responsabilità reciproca, a scioperare con noi e a scendere in piazza, a lottare e a disturbare”.
“Non possiamo continuare con la routine quotidiana di fronte all’abbandono dei nostri fratelli e sorelle a Gaza. Non possiamo rimanere in silenzio di fronte a questa realtà”, ha continuato Golan.
Il deputato Ayman Odeh ha condiviso la richiesta delle famiglie, affermando: “Siamo partner. Siamo contro l’occupazione di Gaza, a favore della fine della guerra e a favore di un accordo globale”.
Odeh ha poi aggiunto: “Dobbiamo continuare insieme per rovesciare il governo, raggiungere la pace sulla base di due Stati che vivono fianco a fianco e garantire democrazia e uguaglianza per tutti”.
Il governo israeliano sta preparando l’IDF al fallimento
I falchi contro i vertici militari, “colpevoli” agli occhi di Smotrich, Ben-Gvir e del codardo renitente Yair Netanyahu, figlio del primo ministro, di aver avanzato critiche all’ordine di occupare Gaza City.
Annota in proposito, sempre sul quotidiano progressista Tel Aviv, Yair Assulin: “Il difetto più grave nel ragionamento di chi, questa settimana, ha parlato incessantemente della subordinazione dell’esercito ai vertici politici, è l’idea che tutto dipenda dalla volontà dell’esercito e che la questione fondamentale sia se esso voglia conquistare Gaza, se sia disposto a eseguire gli ordini dei leader politici e se sia pronto a sottostare alle loro istruzioni.
Ma nessuno si è sinceramente chiesto: le Forze di Difesa israeliane sono davvero in grado di conquistare Gaza? Possiedono le forze, gli strumenti e la mentalità per compiere un’impresa del genere? In quanto corpo professionale, ritengono che sia possibile? In quanto organizzazione basata sul popolo, ritengono di avere le risorse umane necessarie per un’impresa del genere?
Persone, alcune delle quali pensatori seri e profondi che amano Israele, che nella vita privata non si comporterebbero mai in questo modo, pensano, parlano e agiscono come se in questo mondo non ci fossero limiti, come se tutto fosse possibile, come se non esistessero la fisica, l’anima umana o la realtà.
Come se, quando parlano i politici, la realtà dovesse adeguarsi. Non stiamo parlando del governo e del suo leader: è evidente che non si tratta di un errore, ma di una manipolazione premeditata il cui unico obiettivo è rendere l’esercito responsabile del mancato raggiungimento degli obiettivi della guerra.
È evidente che, come un giocatore d’azzardo a corto di soldi, il governo continua ad aumentare la posta in gioco, con l’obiettivo principale di prolungare la guerra all’infinito, così da non dover rendere conto di tutto ciò che ha perso (come ogni giocatore d’azzardo, prima o poi arriva il momento della resa dei conti).
L’errore è di chi sostiene questo governo e la conquista dell’intera Striscia di Gaza, nonostante tutto. Persone che, ancora oggi, a quasi due anni dalla più grande calamità della nostra storia, dopo che non sono stati raggiunti nessuno degli obiettivi della guerra, dopo che tutte le tesi presentate all’opinione pubblica si sono rivelate infondate e dopo che è evidente che è Hamas a controllare la situazione, sono convinte che si tratti solo di una questione di “consenso”. Come se l’esercito israeliano fosse onnipotente e, se lo volesse, potesse conquistare Gaza e riportare a casa gli ostaggi, fino a raggiungere la “vittoria totale”.
Se solo l’Idf lo volesse, se solo ascoltasse, se solo eseguisse gli ordini senza fare tante domande. Queste persone non hanno il minimo dubbio, non riesaminano i presupposti di base e non sono disposte ad affrontare la realtà che grida vendetta.
È come un bambino che guarda un cartone animato: il mondo sta crollando, ma lui è sicuro che tutto si risolverà se premerà il pulsante giusto. Non c’è spazio per il dubbio. Nessuno ascolta o vede il muro che si sta avvicinando. C’è solo una mentalità chiusa che si rifiuta di riconoscere la semplice verità: la forza ha i suoi limiti. Ci sono situazioni in cui, anche volendo, non si può fare nulla.
Questo è il fondamento di tutti gli errori commessi in questa guerra: il rifiuto ostinato di riconoscere i limiti del potere o le perdite subite. Il rifiuto di vedere la realtà per quella che è.
Quando il capo di stato maggiore dell’Idf ha detto al gabinetto di sicurezza, la scorsa settimana, che stavano cadendo in una trappola a Gaza, in sostanza stava dicendo loro: “Aprite gli occhi”. Ma la verità è che non è questo che dovrebbe dire.
Quello che dovrebbe dire loro, senza giri di parole, è che l’esercito che comanda è semplicemente incapace di fare ciò che il governo gli chiede; che ci sono dei limiti al suo potere; che non esiste un esercito in grado di fare ciò che vogliono; che siamo in un vicolo cieco; che “decisione operativa” non è una parola magica; che il più grande perdente in una guerra in corso è Israele e che tutto ha i suoi limiti.
Il problema è che i generali non sanno come dire queste cose e noi, con la nostra cultura castrata, siamo intrappolati tra i politici e i generali. E l’autoinganno, come in ogni tragedia greca, finisce sempre con un fallimento”.
L’embargo sulle armi della Germania nei confronti di Israele non è un tradimento, è una resa dei conti morale
Di Israele, Gideon Levy è da sempre coscienza critica. Lo riconferma in queste considerazioni che illuminano la realtà e danno ulteriore credito al giornale per cui scrive.
Rimarca Levy: “L’armamento di Israele, in questo momento, affinché possa portare avanti il suo piano di controllo di Gaza e compiere pulizia etnica e crimini contro l’umanità nel territorio, è una delle misure più antisemite e antisraeliane che si possano immaginare. A questo proposito, la decisione del governo tedesco di sospendere le forniture di armi a Israele è un atto di coraggio e di sincera amicizia nei confronti di Israele, nonché una dimostrazione di valori morali.
La Germania ha annunciato che sospenderà l’esportazione verso Israele di attrezzature militari che potrebbero essere impiegate nella Striscia di Gaza. La Germania post-Olocausto non poteva che prendere questa decisione: se avesse continuato a fornire armi a un Paese che sta compiendo un genocidio, avrebbe dimostrato di non aver imparato nulla dal proprio passato.
Così come è stato chiaro nel corso degli anni che la Germania non può pronunciarsi contro Israele e che il Paese che ha perpetrato l’Olocausto ha l’obbligo di garantire la sicurezza dello Stato risorto dalle proprie ceneri, è altrettanto evidente che la Germania deve combattere contro qualsiasi genocidio e non può certo contribuire alla sua commissione, anche se l’autore è il suo amato Israele.
Imponendo un embargo parziale sulle armi a Israele, la Germania si è dimostrata all’avanguardia in Europa e ha dimostrato di non aver dimenticato l’Olocausto e le sue lezioni. Se avesse continuato a fornire armi a Israele, la Germania sarebbe diventata complice del genocidio, come tutti gli attuali fornitori di armi di Israele. E questo è qualcosa che la Germania, più di qualsiasi altro Paese al mondo, non può permettersi di fare.
Chiunque aiuti Israele a commettere un genocidio, di fatto, dichiara di odiare lo Stato non meno di chi è indignato dalle sue azioni. Armi a Israele ora non dimostra né amicizia né preoccupazione per il suo destino. Fornire armi a un aggressore in una guerra illegittima, che avrebbe dovuto finire da tempo e i cui obiettivi sono ormai futili e criminali, significa rendersi complici di un crimine.
La Germania ha ribaltato il vecchio paradigma: non si può dare alcun aiuto a Israele, figuriamoci armi. Ogni aereo, ogni proiettile, ogni nave missilistica e ogni cannone uccideranno solo altre persone innocenti. Nel momento in cui l’attacco a Gaza ha cessato di essere un atto di autodifesa, è diventato insostenibile.
Alla luce dell’incredibile sostegno degli Stati Uniti e dell’impotenza dell’opposizione in Israele, non c’è nessuno che possa fermare la guerra. L’Europa può contribuire a fermarla, anche se non immediatamente.
Ma, al di là del desiderio di porre fine alla guerra, fornire armi a Israele è un atto di ostilità nei suoi confronti. Se solo gli americani lo capissero. La Germania ha il potere di imprimere una nuova direzione: la preoccupazione per il destino di Israele non include l’armarlo per mettere in atto i suoi piani folli a Gaza.
Invece di considerare antisemiti tutti i manifestanti contro Israele e contro la guerra, una manipolazione cinica ed efficace della propaganda ebraica e israeliana, dovremmo considerare antisemiti coloro che stanno armando Israele.
Naturalmente, anche all’interno dei circoli che si oppongono a Israele si riscontrano manifestazioni di antisemitismo, ma non rappresentano la cosa principale. La maggior parte dei manifestanti sono persone di coscienza che sono state esposte a cose che gli israeliani non hanno visto e che non possono rimanere in silenzio. Cosa ci si può aspettare dai cittadini del mondo che vedono immagini di fame e morte? Tiferanno per i loro carnefici o si ribelleranno contro di loro e li odieranno?
L’apprezzamento e la simpatia per Israele non torneranno presto. Il mondo non dimenticherà Gaza tanto presto. Il fatto che Israele neghi le proprie azioni e non accetti alcuna responsabilità non farà altro che allontanare il mondo da esso.
Gli israeliani in Europa possono continuare a giocare la carta della vittima con ogni ristoratore che li caccia via, ma questo è il comportamento di chi ha a cuore la situazione. Non sono antisemiti. Sono certamente migliori di coloro che spingono Israele a uccidere centinaia di bambini dall’aria, dalla terra e dal mare e a dotarlo di armi adatte a questo massacro”.
Nostra chiosa finale. Quando Levy potrà scrivere questo anche dell’Italia?
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