Israele espelle un sacerdote Pax Christi "colpevole" di chiedere pace e giustizia per i palestinesi

Don Ferdinando Capovilla, sacerdote veneziano e membro di un gruppo di pellegrini di Pax Christi, è stato trattenuto per sette ore dalle autorità israeliane all’aeroporto di Tel Aviv e poi espulso

Don Ferdinando Capovilla e Francesco
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12 Agosto 2025 - 16.17


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Don Ferdinando Capovilla, sacerdote veneziano e membro di un gruppo di pellegrini di Pax Christi, è stato trattenuto per sette ore dalle autorità israeliane all’aeroporto di Tel Aviv e poi espulso. Il “diniego di ingresso” è stato giustificato con generiche motivazioni legate a “pubblica sicurezza” e “ordine pubblico”, una formula usata sempre più spesso da Israele per colpire voci scomode e pacifiste.

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Il parroco, che stava andando a Gerusalemme per un pellegrinaggio, è stato costretto a imbarcarsi su un volo per la Grecia. La sua colpa? Essere da sempre impegnato in iniziative per la pace, avere scritto un libro su Gaza e denunciare le violazioni subite dal popolo palestinese.

Gli sono stati riconsegnati valigia e cellulare solo al momento dell’espulsione. Don Capovilla ha fatto sapere di stare bene, tramite i compagni di viaggio – tra cui il presidente di Pax Christi, mons. Giovanni Ricchiuti – che hanno potuto proseguire il loro cammino verso Gerusalemme.

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Sui social, il sacerdote ha raccontato:
“Sono libero! Mi hanno fatto uscire ora. Restituito cellulare e valigia. Tutto bene. Aspetto che se ne vadano le ultime mie due guardie per scrivervi queste righe. Volo per la Grecia stanotte”.

E ha aggiunto parole dure contro lo Stato ebraico:
“Basta una riga – prosegue il post di Capovilla – per dire che sto bene, mentre le altre vanno usate per chiedere sanzioni allo Stato che tra i suoi ‘errori’ bombarda moschee e chiese mentre i suoi orrori si continua a fingere che siano solo esagerazioni. Non autorizzo nessun giornalista a intervistarmi sulle mie sette ore di detenzione se non scrivono del popolo che da settant’anni è prigioniero sulla sua terra”.

Un episodio grave, che dimostra come in Israele il semplice impegno per la pace e la giustizia in favore dei palestinesi possa trasformarsi in un “reato” agli occhi di un governo che non tollera critiche né testimoni scomodi.

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