Albanese: "Riconoscere lo Stato palestinese non deve distogliere l’attenzione sulle morti di massa a Gaza"

Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu per i territori occupati, ha avvertito che i passi verso il riconoscimento di uno Stato palestinese non devono distogliere gli Stati membri dall’intervenire per fermare le morti di massa e la carestia a Gaza.

Albanese: "Riconoscere lo Stato palestinese non deve distogliere l’attenzione sulle morti di massa a Gaza"
Francesca Albanese
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13 Agosto 2025 - 16.32


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Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu per i territori occupati, ha avvertito che i passi verso il riconoscimento di uno Stato palestinese non devono distogliere gli Stati membri dall’intervenire per fermare le morti di massa e la carestia a Gaza.

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«Certo, è importante riconoscere lo Stato di Palestina», ha dichiarato Albanese al Guardian, dopo che diversi Paesi hanno annunciato l’intenzione di riconoscere un’area palestinese indipendente in risposta alla crisi alimentare a Gaza. «È incoerente che non lo abbiano fatto prima».

Tuttavia, ha sottolineato che il dibattito prolungato sullo Stato palestinese finora non ha prodotto progressi politici concreti e ha invece favorito l’espansione illegale degli insediamenti israeliani nei territori occupati, rendendo quasi impossibile la nascita di uno Stato palestinese. «Il territorio è stato letteralmente eroso dall’avanzamento dell’annessione e della colonizzazione», ha detto.

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Questa settimana, l’Australia si è unita a Regno Unito, Canada, Francia e altri Paesi nel promettere di riconoscere uno Stato palestinese all’Assemblea generale dell’Onu il prossimo mese. Il primo ministro australiano, Anthony Albanese (senza parentela), ha definito la soluzione dei due Stati «la migliore speranza per rompere il ciclo di violenza in Medio Oriente».

La relatrice speciale ha però avvertito che la spinta verso il riconoscimento non deve «distogliere l’attenzione da dove dovrebbe essere: il genocidio». Ha chiesto l’embargo sulle vendite di armi a Israele e la sospensione degli accordi commerciali, oltre alla responsabilità per i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità contestati da parte della Corte Penale Internazionale ai vertici israeliani. Ha anche sollecitato il completo ritiro israeliano dai territori occupati entro la scadenza del 17 settembre fissata dall’Onu.

«Porre fine alla questione della Palestina nel rispetto del diritto internazionale è possibile e necessario: fermare il genocidio oggi, porre fine all’occupazione permanente quest’anno e all’apartheid», ha detto. «Questo garantirà libertà e diritti uguali a tutti, indipendentemente dal modello di Stato che sceglieranno – uno o due Stati».

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Negli ultimi tre anni, e soprattutto dall’inizio della guerra di Israele a Gaza dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, Albanese è diventata una delle voci più note e critiche a difesa dei diritti palestinesi. Nei suoi rapporti tecnici ha accusato Israele di operare un «regime di apartheid» e di commettere «atti di genocidio», conclusioni poi confermate anche da importanti organizzazioni internazionali e israeliane per i diritti umani.

Lo scorso mese l’amministrazione Trump ha sanzionato Albanese per il suo sostegno ai diritti palestinesi e per quella che i funzionari statunitensi hanno definito la «vergognosa promozione» dell’azione della Corte Penale Internazionale contro ufficiali israeliani.

Albanese ha definito se stessa una «cronista riluttante del genocidio», ma altri l’hanno chiamata «la voce della coscienza globale». Pur ricevendo critiche e attacchi, comprese accuse di antisemitismo, ha precisato: «L’antisemitismo e la discriminazione contro gli ebrei come ebrei sono inaccettabili. A me non interessa se Israele sia governato da ebrei, musulmani, cristiani o atei: voglio solo che Israele rispetti il diritto internazionale».

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Ha descritto la crescente polarizzazione globale sull’azione israeliana a Gaza come «la lotta finale» tra luce e oscurità e ha definito le sanzioni statunitensi contro di lei un segno di colpa, non di forza. Ha criticato anche il segretario generale dell’Onu, António Guterres, per non aver condannato con maggiore fermezza le violazioni dei privilegi e delle immunità tradizionalmente garantite ai rappresentanti Onu.

Albanese ha sottolineato come la guerra di 21 mesi di Israele a Gaza abbia provocato un «profondo cambiamento» nella percezione globale del conflitto, con repressioni brutali verso chi manifesta contro il genocidio. «Milioni di persone scendono in piazza chiedendo la fine del genocidio e vengono picchiate o arrestate, mentre chi è ricercato dalla CPI per crimini di guerra può viaggiare liberamente», ha osservato. «È assurdo, è la fine dello Stato di diritto».

Nonostante le tragedie, Albanese ha mostrato un filo di ottimismo: «Un’intera nuova generazione parla la lingua dei diritti umani. Per me, questo è già un successo». Ha anche denunciato le aziende globali che «traggono profitto dal genocidio», sottolineando che «il potere non è solo nelle mani dei governi, ma anche dei cittadini, che possono scegliere con il loro portafoglio».

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Infine, Albanese ha osservato che, nonostante le enormi sofferenze, i palestinesi «hanno già vinto la battaglia della legittimità. Tutti sanno cosa Israele ha fatto loro negli ultimi 77 anni. Hanno fatto la storia con perseveranza, principi e fiducia nella giustizia, che purtroppo non è stata loro alleata».

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