Il presidente Donald Trump ha detto ben poco, dopo l’annuncio di febbraio che aveva colto tutti di sorpresa, sulla sua idea di trasferire in altri Paesi una parte consistente dei 2 milioni di palestinesi della Striscia di Gaza.
I leader israeliani, invece, hanno fatto propria questa proposta. Il primo ministro Benjamin Netanyahu l’ha persino indicata come una delle condizioni per la fine della guerra, che dura ormai da 22 mesi dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023.
Secondo il governo israeliano, si tratterebbe di una misura “umanitaria”, che permetterebbe ai palestinesi di fuggire dalla guerra e dalle difficoltà, e che dovrebbe avvenire su base volontaria. Israele ha avviato colloqui con diversi Paesi africani – molti dei quali, però, già segnati da conflitti e carestie – per valutare la possibilità di accogliere i profughi palestinesi.
Per i palestinesi, invece, non ci sarebbe nulla di volontario: abbandonare parte della propria terra senza alcuna garanzia di ritorno, dopo che la potenza occupante l’ha resa inabitabile, equivarrebbe a una deportazione forzata. Gran parte della comunità internazionale e numerose organizzazioni per i diritti umani considerano questo scenario una violazione del diritto internazionale.
Il tema rischia di diventare ancora più urgente man mano che Israele estende le operazioni militari nelle ultime zone della Striscia non ancora conquistate e in gran parte distrutte, mentre decine di migliaia di palestinesi continuano a fuggire.
«Questa è la nostra terra, non abbiamo altro posto dove andare», ha detto Ismail Zaydah, rimasto a Gaza City con la sua famiglia nonostante la distruzione del quartiere e della loro casa. «Non ci arrendiamo. Siamo nati qui e qui moriremo».
Cosa hanno detto i leader israeliani
Il ministro della Difesa Israel Katz, 6 febbraio
«Ho dato istruzioni all’esercito di preparare un piano che permetta a qualsiasi residente di Gaza che lo desideri di partire verso un Paese disposto ad accoglierlo. Il piano includerà opzioni via terra, così come disposizioni speciali per partenze via mare e per via aerea».
Benjamin Netanyahu, riunione di governo, 30 marzo
«Hamas deporrà le armi. I suoi leader potranno andarsene. Garantiremo la sicurezza generale nella Striscia di Gaza e permetteremo la realizzazione del piano Trump per la migrazione volontaria. Questo è il piano. Non lo nascondiamo e siamo pronti a discuterne in qualsiasi momento».
Netanyahu, discorso pubblico, 21 maggio
Israele creerà «una zona sterile nel sud della Striscia in cui la popolazione civile sarà evacuata dalle aree di combattimento per essere protetta. In questa zona, libera da Hamas, i residenti riceveranno piena assistenza umanitaria».
«Sono pronto a porre fine alla guerra – a condizioni chiare che garantiscano la sicurezza di Israele. Tutti gli ostaggi torneranno a casa. Hamas deporrà le armi, lascerà il potere, i suoi leader superstiti saranno esiliati, Gaza sarà completamente smilitarizzata e realizzeremo il piano Trump, che è giusto e rivoluzionario, e che dice una cosa semplice: i residenti di Gaza che desiderano partire – potranno farlo».
Netanyahu, intervista ai media israeliani, 12 agosto
«Credo che la cosa giusta da fare, anche secondo le leggi di guerra come le conosco io, sia permettere alla popolazione di andarsene, e poi colpire con tutta la forza il nemico rimasto».
«Date loro la possibilità di partire! Prima dalle zone di combattimento e, se lo desiderano, anche dalla Striscia. Lo permetteremo: all’interno di Gaza durante i combattimenti e, successivamente, anche all’esterno. Non li stiamo spingendo fuori, stiamo solo consentendo loro di andare».