Il governo israeliano ha compiuto un passo che rischia di seppellire definitivamente ogni prospettiva di uno Stato palestinese indipendente. L’approvazione del cosiddetto progetto E1, che prevede la costruzione di 3.400 unità abitative nel cuore della Cisgiordania occupata, non è solo un atto urbanistico: è un gesto politico che mira a smantellare in via definitiva la prospettiva dei due Stati, sancita dal diritto internazionale e sostenuta dalla comunità internazionale da decenni.
Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha celebrato la decisione senza alcuna ambiguità: “Un passo significativo che cancella praticamente l’illusione dei due Stati e consolida la presa del popolo ebraico sul cuore della Terra d’Israele”. E ancora: “Lo Stato palestinese viene cancellato dal tavolo non con slogan, ma con i fatti. Ogni insediamento, ogni quartiere, ogni unità abitativa è un altro chiodo nella bara di questa pericolosa idea”. Dichiarazioni che confermano ciò che per anni Israele ha negato davanti ai tavoli diplomatici: la volontà di impedire la nascita di uno Stato palestinese sovrano.
Non è un caso che l’Autorità Nazionale Palestinese parli di “vera e propria prigione”: secondo Ramallah, il piano E1 “frammenta l’unità” del territorio palestinese, “mina le prospettive di attuazione della soluzione dei due Stati” e trasforma la Cisgiordania in una terra smembrata e ingestibile. In altre parole, la promessa di pace si riduce a una farsa mentre la realtà sul terreno viene alterata a colpi di cemento armato e filo spinato.
La reazione internazionale non si è fatta attendere. Bruxelles ha espresso una ferma condanna: “La decisione delle autorità israeliane di portare avanti il piano di insediamento E1 compromette ulteriormente la soluzione dei due Stati e costituisce una violazione del diritto internazionale. L’Ue esorta Israele a rinunciare a tale decisione”, ha dichiarato il Servizio di Azione Esterna dell’Ue. Anche Londra ha preso posizione con nettezza: “Se attuato, dividerebbe in due lo Stato palestinese, rappresenterebbe una flagrante violazione del diritto internazionale e comprometterebbe gravemente la soluzione dei due Stati”, ha avvertito il ministro degli Esteri David Lammy.
Eppure, nonostante i richiami, Israele prosegue implacabile nella sua strategia: trasformare la Cisgiordania occupata in un mosaico di enclavi isolate, rendendo impossibile qualsiasi continuità territoriale palestinese. Il progetto E1, situato tra Gerusalemme e Ma’ale Adumim, è da sempre considerato una “linea rossa” anche dai più stretti alleati di Israele, perché spezzerebbe in due la Cisgiordania, annullando sul piano geografico la possibilità di uno Stato palestinese vitale.
Oggi quelle linee rosse vengono cancellate senza esitazioni. Gli insediamenti non sono più “ostacoli” da superare al tavolo negoziale: sono strumenti di annientamento politico. La scelta di Tel Aviv non lascia spazio a dubbi. Israele non vuole una pace giusta, ma il consolidamento definitivo di un dominio coloniale che trasforma l’occupazione in una condanna perpetua.
Con il varo di E1, lo Stato di Palestina non viene semplicemente minacciato: viene sepolto.
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