Vladimir Putin, in conferenza stampa a Pechino, ha dichiarato di non escludere un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ma ha subito messo in discussione l’utilità di un simile vertice, sostenendo che “il suo mandato è scaduto senza possibilità di proroga”. È un argomento che il Cremlino ripete da mesi per indebolire la figura di Zelenskyj, ignorando il contesto della legge marziale e il fatto che l’invasione russa del 2022 – condotta in violazione del diritto internazionale – ha reso impossibile lo svolgimento di nuove elezioni.
Putin ha aggiunto di non essersi mai rifiutato di un incontro se questo potesse portare a “risultati positivi”. Ha anche raccontato di una conversazione con Donald Trump, spiegando che l’ex presidente americano gli avrebbe chiesto della possibilità di un faccia a faccia con il leader ucraino. La sua risposta: “Sì, è possibile, lasciate che venga a Mosca”. L’offerta, formulata in questi termini, sembra più un invito a sottoporsi alle condizioni di Mosca che un reale segnale di disponibilità a un dialogo paritario.
Sul futuro della guerra, Putin ha sostenuto che “se ci sarà buon senso, allora è possibile concordare un’opzione accettabile per porre fine al conflitto”. Ha persino lodato l’amministrazione statunitense, affermando che “ha la volontà e il desiderio di trovare una soluzione”. Ma subito dopo ha chiarito che, in mancanza di un accordo, “saremo costretti a risolvere tutti i nostri obiettivi con mezzi militari”. Una formula che mantiene viva la minaccia dell’uso della forza e conferma la strategia russa di alternare dichiarazioni concilianti e avvertimenti bellici.
Il presidente russo ha inoltre affermato che le sue forze stanno avanzando “su tutti i fronti” e che l’Ucraina non avrebbe più la capacità di condurre “offensive su larga scala a causa dei mezzi limitati”. È un quadro che riflette la narrazione interna del Cremlino, volta a mostrare una Russia in controllo della situazione, nonostante le difficoltà logistiche e le perdite accumulate in due anni e mezzo di conflitto.
Le dichiarazioni di Pechino si inseriscono in un contesto più ampio, in cui Putin cerca di presentarsi come interlocutore ragionevole e allo stesso tempo come leader inflessibile. Resta però un dato di fondo che le sue stesse parole non possono oscurare: è stata la Russia ad avviare la guerra con un’invasione che ha minato la sicurezza europea e che continua a infliggere devastazione all’Ucraina.