Sono un ufficiale di carriera delle Forze Armate della Federazione Russa. E odio questa guerra”.
Inizia così la lettera sulla guerra che un ufficiale russo ha voluto inviare ad un giornale che raccoglie pensieri sul conflitto, da russi come da ucraini. Ovviamente, l’ufficiale firma la lettera con un nome di fantasia, non potrebbe fare altrimenti.
“All’età di 18 anni entrai in una scuola militare. Alla fine dei miei studi, completamente deluso da ciò che avevo visto e imparato, decisi fermamente di smettere e di non tornare mai più in servizio. La mia ragazza stava aspettando, a Mosca, che io mi licenziassi, stavo imparando una nuova professione, facevo piani per una nuova vita, con determinazione.
Peccato che il processo di licenziamento di un ufficiale appena nominato richieda molto tempo e lunghe procedure burocratiche. Mentre le mie carte vagavano da un tavolo all’altro, cominciò la guerra. Ricordo ancora con tremore il momento in cui mi sono reso conto che quell’orrore, appena iniziato, entrava nella mia vita…
Da quel momento in poi non posso andare da nessuna parte. Tutti i miei colleghi presero questa notizia con entusiasmo, mi sembrava che fossi l’unico a vedere la guerra come una guerra, e non come una mossa geopolitica ben ponderata.
Davanti ai miei occhi, colleghi che condividevano opinioni liberali simili alle mie hanno cambiato idea e hanno trovato giustificazioni diverse per quello che stava accadendo. A un certo punto, la discussione pubblica ha raggiunto un punto in cui anche dire una sola parola contro la guerra è diventato inaccettabile.
Ma molto più terribile di tutti gli altri problemi era la vera minaccia per la mia vita, il mio futuro, per le persone che mi erano vicine. La paura della morte è diventata la mia compagna costante. Dopotutto, cosa potrà accadere? O la morte o la prigione.
Allora, ho iniziato ad apprezzare il fatto che la mia specialità non è molto richiesta in prima linea, ma ogni anno quando si formano nuove “squadre” per la prima linea, questo elemento conta sempre meno. Sono diventato uno schiavo che non può né arrendersi né rifiutarsi. E il contratto con il ministero della Difesa è diventato simile a un contratto con il diavolo.
Ci sono due esiti per la disobbedienza: o al “fronte” o in carcere. Non resta che “non brillare” e aspettare.
Fin dai primi giorni ho creduto nell’imminente fine di questo conflitto. Sono passati tre anni così. Ma ci credo ancora, ma sempre meno, con molta fatica.
Allora, con speranza, mi aggrappo a tutte le notizie sui negoziati e sono sconvolto dalle “clownerie” della politica. Quasi tutti pensano che se sei un militare, allora sei per la guerra. No!”.