Bolsonaro: la Corte suprema lo ha riconosciuto colpevole del tentato colpo di stato militare dopo la sconfitta del 2022

La parabola politica di Jair Bolsonaro, l’ex presidente che ha trasformato il Brasile in un laboratorio dell’estrema destra globale, sembra avvicinarsi al tramonto. Una maggioranza dei giudici della Corte suprema lo ha infatti riconosciuto colpevole di aver ordito un colpo di stato militare

Bolsonaro: la Corte suprema lo ha riconosciuto colpevole del tentato colpo di stato militare dopo la sconfitta del 2022
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11 Settembre 2025 - 23.15


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La parabola politica di Jair Bolsonaro, l’ex presidente che ha trasformato il Brasile in un laboratorio dell’estrema destra globale, sembra avvicinarsi al tramonto. Una maggioranza dei giudici della Corte suprema lo ha infatti riconosciuto colpevole di aver ordito un colpo di stato militare dopo la sconfitta elettorale del 2022, aprendo la strada a una condanna che potrebbe arrivare fino a 43 anni di carcere.

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Per la giudice Cármen Lúcia Antunes Rocha, che ha espresso il voto decisivo, Bolsonaro ha cercato di “seminare il seme maligno dell’anti-democrazia” e di sovvertire le istituzioni per restare al potere. “La democrazia brasiliana non è stata scossa”, ha dichiarato, celebrando la resistenza di un sistema che, pur sotto attacco, ha saputo difendersi.

Altri giudici hanno confermato che l’ex capitano paracadutista ha guidato una “struttura criminale” finalizzata a trascinare il paese indietro di decenni, verso la dittatura. L’assalto dell’8 gennaio 2023 a Brasília – con le folle bolsonariste che devastarono la Corte suprema, il palazzo presidenziale e il Congresso – è stato il culmine di questa deriva.

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Bolsonaro non era un semplice spettatore: secondo l’accusa era il leader politico e morale di una rete che ha tentato di minare le fondamenta stesse dello Stato. Due dei suoi fedelissimi – l’ex ministro della Difesa Walter Braga Netto e il colonnello Mauro Cid – sono stati riconosciuti colpevoli di aver pianificato addirittura l’assassinio di un giudice supremo per generare il caos necessario a giustificare un golpe.

Eppure, nonostante le prove schiaccianti, Bolsonaro continua a godere di un sostegno radicato. Una parte della destra brasiliana sogna già un ritorno: un’amnistia, un futuro presidente compiacente che gli conceda la grazia, persino pressioni internazionali provenienti da leader a lui affini, come Donald Trump. La sua base, rumorosa e organizzata, non si arrende e punta a condizionare le prossime elezioni.

La condanna di Bolsonaro rappresenta un passo fondamentale, ma non sufficiente. Per anni, la sua presidenza ha significato devastazione ambientale, decine di migliaia di morti evitabili durante la pandemia, attacchi sistematici alle minoranze e alle istituzioni democratiche. Liquidarlo oggi come un leader “finito” sarebbe un errore colossale: il bolsonarismo, come movimento politico e culturale, sopravvive oltre la figura del suo capo.

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Il Brasile si trova davanti a un bivio: lasciarsi sedurre ancora dall’autoritarismo travestito da populismo, o consolidare una democrazia che ha già dimostrato la sua resilienza. La sentenza contro Bolsonaro segna una vittoria della legalità. Ma la vera sfida sarà impedire che la sua eredità tossica continui a inquinare il futuro del paese.


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