Lula replica a Trump su Bolsonaro: "Il Brasile ha difeso la democrazia, no a ingerenze sulla nostra sovranità"

Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha lanciato un appassionato appello in difesa della democrazia del suo Paese, sostenendo che la recente condanna del suo predecessore di estrema destra, Jair Bolsonaro

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23 Settembre 2025 - 19.51


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Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha lanciato un appassionato appello in difesa della democrazia del suo Paese, sostenendo che la recente condanna del suo predecessore di estrema destra, Jair Bolsonaro, dimostra come gli “aspiranti autocrati” possano essere fermati.

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Parlando all’apertura dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, Lula ha ricordato il successo del Brasile nel respingere “un attacco senza precedenti” guidato dal movimento bolsonarista. L’11 settembre, l’ex paracadutista è stato condannato a 27 anni di carcere per aver tentato un colpo di stato militare dopo la sconfitta elettorale del 2022.

Il leader progressista ha però avvertito che la minaccia non è scomparsa: “In tutto il mondo, forze antidemocratiche cercano di sottomettere le istituzioni e soffocare le libertà. Venerano la violenza, glorificano l’ignoranza, agiscono come milizie fisiche e digitali, e limitano la stampa”.

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In un chiaro, seppur indiretto, riferimento a Donald Trump, Lula ha condannato i tentativi stranieri di interferire nel processo a Bolsonaro attraverso pressioni economiche e “sanzioni arbitrarie”.

Le relazioni tra Stati Uniti e Brasile si sono incrinate alla vigilia del vertice, dopo che Washington ha imposto tariffe del 50% sulle importazioni brasiliane, definendo la condanna di Bolsonaro una “esecuzione politica”. Ventiquattr’ore prima del discorso di Lula, l’amministrazione americana ha annunciato nuove sanzioni contro autorità brasiliane: sono stati revocati i visti al procuratore generale Jorge Messias e ad altri sei funzionari, mentre la moglie del giudice della Corte suprema Alexandre de Moraes — che ha presieduto al processo — è stata colpita da misure normalmente riservate a gravi violazioni dei diritti umani.

“Non c’è giustificazione per misure unilaterali e arbitrarie contro le nostre istituzioni e la nostra economia. L’aggressione contro l’indipendenza del potere giudiziario è inaccettabile”, ha replicato Lula all’Onu.

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Subito dopo, è intervenuto Donald Trump, che ha accusato il Brasile di “censura, repressione e corruzione giudiziaria”. Tuttavia, a sorpresa, ha lasciato uno spiraglio al dialogo, raccontando di aver incontrato Lula nei corridoi del Palazzo di Vetro: “Ci siamo abbracciati, abbiamo parlato e ci incontreremo la prossima settimana. Per circa 39 secondi c’è stata un’ottima intesa: è un buon segno”, ha dichiarato, senza mai menzionare Bolsonaro.

La pressione americana non è comunque riuscita a cambiare il destino dell’ex presidente brasiliano. Bolsonaro, 70 anni, è agli arresti domiciliari e dovrebbe essere trasferito entro la fine dell’anno in un carcere di massima sicurezza a Brasília.

Il governo brasiliano ha espresso “profonda indignazione” per le nuove sanzioni statunitensi, definendole un insulto “a una democrazia che si è difesa con successo da un tentato colpo di stato” e a “201 anni di amicizia” tra i due Paesi. Le proteste oceaniche di domenica, con manifestanti che denunciavano l’ingerenza americana e bruciavano bandiere degli Stati Uniti, hanno reso ancora più difficile per Bolsonaro sperare in un’amnistia.

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Paradossalmente, la campagna di pressione di Trump sembra avere rafforzato Lula. Dopo mesi di calo, i suoi consensi stanno risalendo e il presidente si presenta come un patriota deciso a difendere la sovranità nazionale dall’ingerenza straniera, aumentando così le sue chance di conquistare un quarto mandato.

“Davanti agli occhi del mondo, il Brasile ha mandato un messaggio a tutti gli aspiranti autocrati e a chi li sostiene: la nostra democrazia e la nostra sovranità non sono negoziabili”, ha detto Lula, accolto da un applauso.

In un altro affondo indiretto contro Trump, Lula ha criticato anche i recenti attacchi statunitensi a imbarcazioni venezuelane nei Caraibi, che hanno causato almeno 17 morti: “Usare la forza letale in situazioni che non costituiscono conflitti armati equivale a eseguire condanne senza processo”, ha affermato, ribadendo la necessità di mantenere la regione come “zona di pace”.

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