Sadiq Khan risponde agli insulti razzisti di Trump: "Londra grande città, lui misogino e islamofobo"

Il sindaco di Londra replica alle parole sguaiate del presidente Usa

Sadiq Khan risponde agli insulti razzisti di Trump: "Londra grande città, lui misogino e islamofobo"
Sadiq Khan
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24 Settembre 2025 - 15.53


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In un mondo già segnato da divisioni profonde e da una politica sempre più polarizzata, le parole pronunciate da Donald Trump all’Assemblea Generale dell’Onu rappresentano non solo un attacco personale gratuito, ma un ennesimo capitolo della sua retorica tossica che alimenta paure irrazionali e discrimina intere comunità. Il presidente degli Stati Uniti ha puntato il dito contro Sadiq Khan, sindaco di Londra, definendolo un “sindaco terribile, terribile” e insinuando che la capitale britannica stia scivolando verso la “legge della sharia”.

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Parole che non sono solo offensive, ma profondamente radicate in un pregiudizio islamofobo, razzista e sessista, come ha giustamente ribattuto Khan stesso, accusando Trump di essere “razzista, sessista, misogino e islamofobo”.

Questa non è la prima volta che Trump scatena la sua bile contro Khan. Dal 2015, quando il sindaco londinese criticò aspramente la proposta del tycoon di vietare l’ingresso dei musulmani negli Stati Uniti, l’ex candidato presidenziale – e ora inquilino della Casa Bianca – ha fatto del primo cittadino britannico un bersaglio privilegiato. L’episodio più recente, avvenuto martedì sera durante il discorso all’Onu, è un’eco perfida di quella campagna d’odio: Trump dipinge Londra come una città “cambiata” in peggio, un monito apocalittico che ignora i fatti e cavalca stereotipi xenofobi per rafforzare la sua base elettorale.

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È lo stesso Trump che, solo la settimana scorsa, ha etichettato Khan come “uno dei peggiori sindaci al mondo” e ha vantato di averlo escluso da un banchetto a Windsor – un’affermazione smentita dalle fonti vicine al sindaco, ma che rivela la meschinità di un leader che preferisce le bugie alle evidenze.

Khan, con la fermezza che lo contraddistingue come difensore dei valori progressisti di inclusione e multiculturalismo, non si è lasciato intimorire. “Penso che il presidente Trump abbia dimostrato di essere razzista, sessista, misogino e islamofobo”, ha dichiarato senza mezzi termini, trasformando l’attacco in un’opportunità per riaffermare i successi di Londra sotto la sua guida. E i numeri parlano da soli: mai, da quando esistono i registri, così tanti americani hanno visitato la città, attratti da un ecosistema culturale, sportivo e di investimento che la posiziona costantemente al primo posto nel mondo.

“Siamo la più grande città del pianeta”, ha proseguito Khan, orgoglioso di un modello urbano che celebra la diversità e permette a ciascuno di realizzare il proprio potenziale, in netto contrasto con la visione claustrofobica di Trump.

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Ma la replica del sindaco va oltre la difesa personale: è un invito pressante a non tacere di fronte all’intolleranza. Khan ha sottilmente criticato figure di spicco del Partito Laburista, incluso il primo ministro Keir Starmer, per non aver condannato apertamente la retorica trumpiana. “Dovrebbero avere la fiducia per farlo”, ha osservato, ricordando che il “rapporto speciale” tra Regno Unito e Stati Uniti implica non solo alleanze commerciali e militari, ma anche il coraggio di chiamare un amico quando sbaglia. “Quando hai un migliore amico, ti aspetti di più da lui”, ha aggiunto, paragonando la relazione bilaterale a un’amicizia autentica, non a un legame superficiale. In un contesto in cui il segretario alla Salute Wes Streeting ha elogiato Khan come colui che “si batte per la diversità di background e opinioni”, il silenzio di altri, come il segretario al Lavoro e alle Pensioni Pat McFadden – che si è limitato a difendere la reputazione di Londra senza nominare Trump –, suona come una reticenza preoccupante. McFadden ha ammesso la “lite di lunga data” tra i due, definendo Londra un “grande asset per il Regno Unito”, ma ha evitato il confronto diretto, optando per una neutralità che, in prospettiva progressista, rischia di normalizzare l’odio.

Nemmeno Nigel Farage, con il suo opportunismo riformista, ha perso l’occasione per cavalcare l’onda: ha dato ragione a Trump affermando che la sharia “è un problema” a Londra, un’eco che rafforza le narrazioni divisive e ignora la realtà di una metropoli che prospera grazie alla convivenza pacifica tra culture. In questo quadro, la posizione di Khan emerge come un faro di resistenza: non solo contro Trump, ma contro un clima politico globale che usa la paura per erodere i diritti e l’uguaglianza.

L’attacco di Trump a Khan non è un incidente isolato, ma il sintomo di una presidenza che ha normalizzato il pregiudizio, minando i principi di tolleranza che definiscono le società aperte. Da una prospettiva progressista, è imperativo non solo celebrare leader come Khan – che incarnano l’inclusività come forza trainante del progresso – ma anche esortare i governi alleati a rompere il silenzio complice. Solo così potremo contrastare efficacemente un’ideologia che, sotto la maschera del patriottismo, semina solo divisione e regresso. Londra, con il suo sindaco al timone, continua a dimostrare che la diversità non è una minaccia, ma la chiave per un futuro migliore.

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