Palestina: uno Stato a cui è vietato mantenere un esercito per difendersi non è uno Stato reale

Con la colonizzazione presente già da più di cinquant'anni, e accelerando a tale velocità con il governo fascista presente in Israele, con quello che sta accadendo a Gaza, non può esserci Stato palestinese. 

Palestina: uno Stato a cui è vietato mantenere un esercito per difendersi non è uno Stato reale
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Beatrice Sarzi Amade Modifica articolo

25 Settembre 2025 - 11.20


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Il riconoscimento di uno Stato palestinese è stato qualcosa di necessario, ma anche futile, o vano e necessario, voglio dire è il riconoscimento di una necessità: sì, i palestinesi devono avere uno Stato, perché non sono né giordani né egiziani né siriani, e solo così hanno diritto ad uno Stato. 

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Un’altra cosa è che uno Stato a cui è vietato mantenere un esercito, quindi  potenzialmente difendersi, non è uno Stato reale e un’altra cosa che lo Stato è stato riconosciuto senza confini, o non capisco di quali confini si parli. 

Perché non è un riconoscimento politico: nella situazione politica così com’è, con la colonizzazione presente già da più di cinquant’anni, e accelerando a tale velocità con il governo fascista presente in Israele, con quello che sta accadendo a Gaza, non può esserci Stato palestinese. 

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Non ci può essere perchè “non ci può essere”, a dire la verità, vita normale, una vita civile per gli abitanti non solo di Gaza, ma anche quelli della Cisgiordania. 

Ci può essere una sola vita militare: 

per niente, perché tutti i palestinesi dovrebbero combattere con le armi, no, per niente. Non ci può essere vita civile, perché c’è occupazione militare, e quella, sotto occupazione militare, un’occupazione militare il cui peso non fa altro che intensificare, con l’aiuto delle milizie coloniste, tutta la vita civile diventa una vita in guerra, e questo di cosa si tratta, milioni di persone che vengono fatte vivere in un regime di guerra e di paura quotidiana. 

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E comunque non può più esserci una soluzione a due Stati, ed è con grande tristezza che ho sentito la frase chiave del discorso di Macron, ma di tutti i presidenti che hanno riconosciuto lo Stato di Palestina: 

“È arrivato il momento.”  No, il momento non è arrivato.  Ce l’ha fatta. 

E la domanda non è, qui, per me, in questa cronaca, sapere cosa avrebbe dovuto fare Arafat negli anni ’90. No, nelle circostanze attuali, questo riconoscimento arriva molto, troppo tardi.

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Comunque necessario per due motivi: 

Il primo è quello che ho detto: sì, ovviamente chi vive in Palestina forma un popolo e ha diritto di esistere. Certo che la Palestina, o Israele, è la terra di due popoli, e ovviamente no, Israele non è solo la terra degli ebrei, e non è mai stata storicamente la terra degli ebrei, proprio mai, nemmeno tremila anni fa, e questo, comunque, è assurdo, per non dire grottesco, per rivendicare terre, perché i presunti antenati degli ebrei, ci abitavano 3000 o 2500 anni fa. Alcuni ci hanno vissuto contemporaneamente, altri ci hanno vissuto dopo, e anche i più fanatici fascisti israeliani non fanno nulla per cercare di distruggere questa “verruca”, dicono, domina Gerusalemme, la moschea di Al-Aqsa. 

Insomma, no, ci sono due popoli, e quindi sì, per principio, due paesi.

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Ma era necessario per un altro motivo. Per colpa della politica israeliana, e non solo per affermare, politicamente, che quello che sta accadendo ora è abominevole, nonostante tutto Hamas nel mondo. 

Perché questo riconoscimento è il segno di un movimento fondamentale dell’opinione pubblica mondiale, in paesi diversi come Australia, Gran Bretagna, Belgio o Francia. Voglio dire, anche se il mondo non sta facendo nulla per fermare il massacro di Gaza, la costruzione di “Gaza Beach”, infatti cosa può fare, nello specifico? 

L’unico modo sarebbe mandare un esercito, cosa che ovviamente nessuno farà mai, perché l’ONU non esiste più come istituzione di potere. 

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Il fatto è che quando Emmanuel Macron in un’intervista alla televisione israeliana dice che la politica di Israele è un fallimento, “fallimento”, ha assolutamente ragione. 

Un fallimento militare, prima, anche se Hamas è militarmente distrutto, ma non lo è, visto che c’è sempre una resistenza, e morti quasi ogni giorno nell’esercito israeliano, il tempo impiegato per distruggerlo è, di per sé, una grande vittoria per Hamas, perché è la prima volta che Tshal affronta una tale resistenza.

Questo Israele lo ha capito, e siccome Netanyahu non vuole trovarsi nella situazione USA in Iraq o in Afghanistan, ha immaginato una risposta: l’evacuazione di tutta la popolazione palestinese. 

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Non ci sarà più resistenza se non ci sarà più gente, chi rimane sarà prigioniero, nelle città “digitali” che immaginano, o schiavi, pagati anche a fionda, nei nuovi domini dei nuovi coloni. 

Comunque non dovrebbe restare nessuno nel prossimo futuro. 

Questa, di per sé, è una totale, catastrofica sconfitta israeliana, perché è la distruzione, da parte di Israele stesso, quello che io chiamo “vertenza naturale”, visto il regime in vigore, dell’idea stessa di Israele, il tradimento dell’idea di Israele come rifugio, tradimento, per essere specifica dei valori Fondamentali dell’Ebraismo,  tradimento assoluto della memoria.

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Israele è oggi il paese più odiato del mondo, e sebbene sia sempre stato odiato nei paesi arabi, o musulmani, questo odio non è stato provato così tanto nei paesi occidentali. 

Oggi, deve essere chiaro, l’unico sostegno politico ad Israele in Europa sono i partiti di destra, neofascisti, partiti autoritari, e Israele in ultima analisi è sostenuto solo dagli USA. Ma l’appoggio degli USA, non so se sia così sostenibile, perché non sono sicura che abbiano ancora il potere di sostenere questo orrore di cui traggono beneficio, o, più precisamente, di consentire, dai piani di Gaza Plage, a Smotrich e quelli come lui che appartengono ad una joint venture trumpsta-israeliana. 

Sì, ovviamente, l’esercito israeliano, i servizi della difesa, lo spionaggio, e tutto e tutto.., ma la sconfitta reale è politica, è ideologica, e questa sconfitta, che è di gran lunga la più grave, è assolutamente totale.

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Israele ha perso tutto in questa guerra.

Quelli che perdono molto, in tutti i paesi del mondo, sono gli ebrei in generale, e sì, c’è un rialzo, terribile, istintivo, non pensato, ma anche orchestrato, pensato, proiettato nell’arena politica locale, odio verso tutti gli ebrei.

Simbolicamente la voglio definire Idra,

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un’ Idra a vantaggio dei criminali di Gerusalemme, la cui difesa essenziale è l’accusa di antisemitismo. 

Sarei antisemita quando dico che Israele è colpevole, in questo momento, davanti ai nostri occhi, di pulizia etnica, e quindi di genocidio. 

L’unica cosa dei nazionalisti in tutto il mondo è che si essenzializza. 

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Non è che parlano a nome del popolo o della nazione che pretendono di difendere, è che sono questa nazione in quanto tale, questa nazione, questo popolo esiste solo come lo esprime. 

Questa è una legge assoluta, senza eccezioni, dai nazionalisti bretoni a Putin, ed è altrettanto vero per i sionisti oggi.

Eppure l’odio è qui e aumenta. 

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A proposito dello stato di Palestina, esisterà negli arti, almeno per gli anni a venire.

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