Dal podio dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Benjamin Netanyahu ha respinto le conclusioni del rapporto della commissione istituita dall’Ufficio diritti umani dell’ONU, che a inizio settembre ha stabilito che Israele ha commesso genocidio a Gaza. La posizione dell’Onu è stata condivisa da osservatori indipendenti, giuristi e accademici di tutto il mondo.
Il premier israeliano ha definito il genocidio «un’accusa falsa», indicando come prova le operazioni militari in corso nella Striscia e gli ordini di evacuazione impartiti dall’esercito israeliano ai civili prima degli attacchi. Durante il suo intervento, gran parte della platea diplomatica ha abbandonato la sala in segno di protesta.
Almeno il 90 per cento dei palestinesi è stato costretto a lasciare le proprie case. Numerosi bombardamenti hanno colpito ospedali, scuole e campi di sfollati, mentre organizzazioni umanitarie ribadiscono che «nessun luogo è sicuro» a Gaza. Netanyahu ha posto una domanda retorica: «Un Paese che commette genocidio chiederebbe alla popolazione civile che si dice di voler sterminare di mettersi in salvo?». Ha poi ribadito l’accusa a Hamas di usare i civili come scudi umani, accusa che esperti di diritto hanno giudicato insufficiente a giustificare attacchi contro obiettivi civili.
«Molti leader ci ringraziano in privato»
Netanyahu ha parlato anche delle crescenti critiche da parte di Paesi storicamente alleati, come Regno Unito, Francia, Australia e Canada, che di recente hanno annunciato il riconoscimento di uno Stato di Palestina. Alla tribuna dell’Assemblea generale ONU, ha definito tali prese di posizione «vuote», sostenendo che Israele «combatte anche per voi».
«Voglio rivelarvi un segreto: molti dei leader che ci condannano in pubblico ci ringraziano in privato», ha dichiarato, sottolineando il valore dei servizi di intelligence israeliani che «hanno più volte sventato attentati nelle capitali occidentali, salvando innumerevoli vite».
Sul conflitto, Netanyahu ha ribadito che l’offensiva non è conclusa: «Hamas è stato ridimensionato, ma resta una minaccia e giura di voler ripetere le atrocità del 7 ottobre. Grazie al coraggio del nostro popolo e dei nostri soldati, Israele è risorto dal suo giorno più buio per compiere una delle più grandi riprese militari della storia. Ma non abbiamo ancora finito».
Dal canto suo, Hamas ha diffuso una dichiarazione in cui afferma di non aver mai rappresentato un ostacolo a un accordo di cessate il fuoco. I suoi negoziatori erano stati presi di mira all’inizio del mese in un bombardamento su un edificio in Qatar, durante un incontro per discutere una proposta di tregua guidata dagli Stati Uniti.