I potenti decidono ancora il destino della Palestina senza ascoltare i palestinesi: non è pace ma sottomissione
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I potenti decidono ancora il destino della Palestina senza ascoltare i palestinesi: non è pace ma sottomissione

Ancora una volta il destino del popolo palestinese viene scritto altrove, in stanze dorate e lontane, da leader che non hanno mai vissuto sotto l’assedio né conosciuto l’umiliazione quotidiana dell’occupazione.

I potenti decidono ancora il destino della Palestina senza ascoltare i palestinesi: non è pace ma sottomissione
Netanyahu e Trump
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Gianni Cipriani Modifica articolo

30 Settembre 2025 - 12.15


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Dovremmo essere contenti di fronte alla possibilità che la carneficina si fermi e milioni di palestinesi sotto le bombe, senza acqua e né cibo possano mettere fine alle loro sofferenze. Dovremmo, anzi dobbiamo.

Ma quello che sta accadendo non va nella direzione della pace. Nulla affatto. Cesserà la carneficina – forse e non è detto – ma non cesseranno le sofferenze di un popolo senza patria e senza terra.



Ancora una volta il destino del popolo palestinese viene scritto altrove, in stanze dorate e lontane, da leader che non hanno mai vissuto sotto l’assedio né conosciuto l’umiliazione quotidiana dell’occupazione. Si mettono d’accordo potenze occidentali, criminali di guerra e golpisti più qualche petro-monarchia che bada più ai propri conti bancari che ai diritti di chi soffre. Tutti pronti a firmare mappe e trattati, a proclamare “soluzioni storiche”, senza mai chiedere una sola parola a chi dovrebbe essere il vero protagonista: i palestinesi stessi.

È l’ennesima rappresentazione di un copione già visto: decisioni prese sopra le teste di chi dovrebbe viverle, come accadde in molti dopoguerra con spartizioni imposte dall’alto. Oggi si ripete lo stesso schema, con attori diversi ma con identica arroganza. Persino figure screditate dalla storia recente, condannate dai loro stessi parlamenti per aver trascinato popoli in guerre bugiarde, come Tony Blair, vengono ripescate per offrire patenti di legittimità.

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Così la pace diventa uno slogan vuoto, una scatola di cartone senza contenuto. Perché non ci sarà mai pace vera se non si restituisce dignità e voce a chi la guerra la vive ogni giorno sulla propria pelle. Non è questo il cammino della riconciliazione, ma l’ennesima ingiustizia travestita da diplomazia. Uno stato di Palestina sui confini del 1967 con Gerusalemme est capitale e i palestinesi protagonisti del loro destino. Il resto è una finta pace in attesa del prossimo genocidio.

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