Ben-Gvir, il provocatore fascista: insulta gli attivisti di Flotilla per screditare la missione umanitaria a Gaza
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Ben-Gvir, il provocatore fascista: insulta gli attivisti di Flotilla per screditare la missione umanitaria a Gaza

All’alba di Gerusalemme, subito dopo la conclusione dello Yom Kippur, Ben-Gvir è piombato nel porto di Ashdod come un inquisitore medievale.

Ben-Gvir, il provocatore fascista: insulta gli attivisti di Flotilla per screditare la missione umanitaria a Gaza
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3 Ottobre 2025 - 15.53


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In una sceneggiata intrisa di arroganza e odio politico, il ministro israeliano della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir – leader ultranazionalista che incarna la fusione tra fanatismo religioso e pulsioni fasciste – ha sfruttato la detenzione degli attivisti della Global Sumud Flotilla come palcoscenico per la sua propaganda.

Giovedì, all’indomani dello Yom Kippur, Ben-Gvir si è presentato al porto di Ashdod, dove erano stati condotti circa 450 volontari internazionali fermati dalla marina israeliana mentre tentavano di rompere l’illegale blocco di Gaza per consegnare aiuti umanitari. Medici, giornalisti e difensori dei diritti umani erano stati scortati sotto custodia dopo il sequestro delle navi, che trasportavano forniture mediche, latte in polvere e protesi per la popolazione stremata di Gaza.


Secondo quanto riportato da Associated Press e Reuters, gli attivisti sono stati fatti sedere a terra sotto sorveglianza armata. È in questo contesto che Ben-Gvir, circondato dalla polizia, ha inscenato un confronto umiliante, accusandoli pubblicamente di essere “terroristi” e negando la natura umanitaria della missione.

Nei video diffusi dal ministro sui suoi canali social, lo si vede inveire contro i detenuti seduti a terra, accusandoli di trasportare “droghe e alcol per fare festa” invece di aiuti umanitari. Una menzogna palese, utile a screditare una spedizione che aveva come unico obiettivo portare soccorso in un territorio sottoposto a un assedio denunciato da Nazioni Unite e ONG come una forma di punizione collettiva.

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Ben-Gvir, già condannato per razzismo e noto ammiratore del terrorista Baruch Goldstein, è diventato il volto più estremo del governo Netanyahu. Leader del partito Otzma Yehudit, erede della formazione messa al bando Kach, ha costruito la sua carriera politica sulla retorica della supremazia ebraica e sul sogno del “Grande Israele”, dove i palestinesi non sono partner, ma ostacoli da eliminare.

Come ministro, ha armato le milizie dei coloni, promosso leggi liberticide e guidato provocazioni al complesso di al-Aqsa. Ora porta lo stesso copione anche sul piano internazionale, trasformando gli attivisti occidentali in bersaglio delle sue campagne d’odio, a dimostrazione che la sua guerra ideologica non conosce confini.


Gli avvocati di Adalah, che hanno denunciato le condizioni dei detenuti come “indegne di un paese democratico”, hanno ricordato che per decenni simili abusi sono stati inflitti ai palestinesi nell’indifferenza generale. “Ora – hanno dichiarato – un governo estremista ha iniziato ad applicare le stesse pratiche anche contro i cittadini occidentali”.

La provocazione di Ben-Gvir non è soltanto crudeltà performativa: è un calcolo politico. Serve a galvanizzare la sua base interna e, al tempo stesso, a intimidire chiunque osi mostrare solidarietà con Gaza. Ma il risultato è un’ulteriore delegittimazione internazionale di Israele, sempre più percepito come un regime che piega i diritti umani alle esigenze di propaganda.

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Mentre gli attivisti rischiano l’espulsione, resta il monito: il governo israeliano, stretto nella sua deriva autoritaria, è pronto a trasformare persino la solidarietà umanitaria in un crimine. Ben-Gvir potrà esultare per il suo show virale, ma la storia lo ricorderà per ciò che è: un provocatore fascista, simbolo della decadenza morale di un potere che teme perfino la forza della pace.

Gli avvocati di Adalah, a cui è stato inizialmente negato l’accesso ai detenuti in violazione delle norme giuridiche, hanno definito le condizioni “indegne di un paese democratico”. Un membro dello staff ha dichiarato: “Sono abusi che per decenni sono stati commessi contro i palestinesi nell’indifferenza generale. Ora il governo estremista li applica anche contro gli occidentali”.

Un’accusa pesante che denuncia la deriva fascista di un regime in cui la solidarietà umanitaria viene equiparata al tradimento, e i centri di detenzione diventano palcoscenici per l’ego di un ministro.


A rendere ancora più grottesco il quadro, il portavoce della polizia israeliana Dean Elsdunne ha diffuso un proprio video da una delle navi sequestrate, sostenendo che “per questo hanno rifiutato la nostra offerta di scaricare gli aiuti ad Ashdod: non c’erano aiuti, volevano solo finire sui giornali”.

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Una narrativa che ignora il carico documentato di forniture mediche, latte in polvere e protesi destinati a una Gaza devastata dalla campagna militare israeliana. E che soprattutto rimuove il fatto che il blocco stesso è illegale, condannato dall’ONU e da numerosi organismi per i diritti umani come forma di punizione collettiva.


La messinscena notturna di Ben-Gvir non è solo crudeltà performativa: è una provocazione calcolata, pensata per galvanizzare la sua base e intimidire la comunità internazionale. In un paese lacerato dalla guerra e dalle divisioni interne, questo incendiario fascista prospera nello spettacolo, trasformando la sofferenza umana in propaganda.

Eppure, le sue azioni mettono in luce la fragilità morale del governo israeliano: un potere così insicuro da dover piegare in ginocchio operatori umanitari pur di alimentare i propri miti.

Mentre gli attivisti arrestati rischiano l’espulsione o condizioni peggiori, la comunità internazionale non può voltarsi dall’altra parte. Boicottaggi, sanzioni e isolamento diplomatico non sono più opzioni, ma necessità di fronte a un provocatore fascista che minaccia non solo i palestinesi, ma l’intero tessuto della giustizia globale.

Ben-Gvir potrà oggi esaltarsi nella sua effimera celebrità virale, ma la storia lo ricorderà non come un difensore della fede, bensì come un alto sacerdote dell’odio.


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