Storia di Evgenia malata di fibrosi cistica, che rischia di morire in una cella a Mosca
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Storia di Evgenia malata di fibrosi cistica, che rischia di morire in una cella a Mosca

A Mosca una ragazza ventenne è stata condannata a sei anni di carcere nonostante sia malata di fibrosi cistica. Lei è Evgenia Lomakova, l'accusa è di tentato traffico di droga.

Storia di Evgenia malata di fibrosi cistica, che rischia di morire in una cella a Mosca
Evgenia Lomakova
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6 Ottobre 2025 - 22.14


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A Mosca una ragazza ventenne è stata condannata a sei anni di carcere nonostante sia malata di fibrosi cistica. Lei è Evgenia Lomakova, l’accusa è di tentato traffico di droga. Addirittura, per lei la pubblica accusa aveva chiesto il doppio della pena, nonostante la diagnosi di fibrosi cistica e nonostante con una tale diagnosi siano vietati arresto e detenzione.

In prigione, e senza la terapia necessaria, la salute di Evgenia è peggiorata notevolmente. I suoi parenti temono che Evgenia muoia prima di poter lasciare il carcere. Da parte sua, il Servizio Penitenziario Federale sostiene — non si sa con quali argomenti — che la ragazza non ha gravi malattie. Ora Evgenia è in attesa di un appello contro il primo verdetto. La sua storia è stata raccontata da The Insider, Takie Dela e Novaya Gazeta.

Ad Evgenia la malattia è stata diagnosticata quando aveva due anni, ha raccontato la sorella maggiore Alexandra.

“Avevo 10 anni allora. Non capivo davvero cosa fosse. Il dottore disse semplicemente che la diagnosi era grave e che mia sorella non sarebbe vissuta oltre i 18 anni. È così che ho vissuto a lungo con l’idea che mia sorella sarebbe morta presto”,
dice la ragazza.

La famiglia — ricorda la sorella — si è sempre presa cura di Evgenia fin dall’infanzia. Le difficoltà sono arrivate quando la madre delle due ragazze ha avuto un ictus, è rimasta disabile e ha perso ogni capacità di lavorare. Da allora, è toccato ad Alexandra ed Evgenia prendersi cura della mamma.

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Evgenia è stata arrestata nel dicembre del 2024. A casa sua hanno trovato 27 grammi di mefedrone, bilance e bustine. La ragazza si è parzialmente dichiarata colpevole, spiegando che aveva smesso di spacciare e che ciò che la polizia aveva trovato era solo il residuo della sua precedente attività. In tribunale, Evgenia ha affermato di essere consapevole dell’illegalità delle sue azioni, ma di aver cominciato a spacciare per disperazione: la sua pensione di invalidità, pari a 26mila rubli, non bastava nemmeno per il cibo, figuriamoci per le medicine.

Nel giugno scorso, il tribunale Lyublinsky di Mosca ha riconosciuto Evgenia colpevole di tentato traffico di droga. Il pubblico ministero aveva chiesto 12 anni di carcere, ma a causa del suo stato di salute la pena è stata ridotta a sei anni. Di fatto, lo “sconto” di pena ha riconosciuto ciò che le autorità penitenziarie si rifiutano di ammettere: che la ragazza è gravemente malata.

The Insider e Novaya Gazeta ricordano che le persone affette da fibrosi cistica non possono essere trattenute in un centro di detenzione preventiva fino al processo, né condannate alla reclusione. Le due testate fanno riferimento ai decreti del governo russo n. 3 e n. 54, che stabiliscono che la “fibrosi cistica con manifestazioni polmonari e insufficienza respiratoria di terzo grado” rientra tra le malattie che impediscono la detenzione e l’esecuzione della pena.

E invece, dopo il verdetto, Evgenia è stata portata in manette in un centro di detenzione preventiva.

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Secondo The Insider, la ragazza è stata inizialmente mandata all’ospedale del centro di detenzione preventiva n.1 Matrosskaya Tishina, e poi trasferita al centro di detenzione preventiva n.6.

“Nel primo centro di detenzione — ha denunciato la sorella — non le hanno prescritto nulla, solo una medicina da inalare non specificata, che però non le ha dato alcun sollievo. La fibrosi si affronta con ben altra terapia.”

Nel secondo reparto di isolamento, ad Evgenia sono stati somministrati solo antibiotici generici. A quel punto, Alexandra è riuscita a convincere le autorità a far visitare la sorella da un medico esterno.

Il pneumologo Stanislav Krasovsky, specialista in fibrosi cistica presso l’ospedale clinico cittadino di Yudin, ha constatato che la salute di Evgenia era peggiorata drasticamente durante la detenzione: la funzione polmonare era scesa al 32%.

“Evgenia deve seguire una dieta particolare, non può mangiare ciò che le danno in carcere. Ora pesa 45 chili”,
ha raccontato Alexandra a Takie Dela.

Ogni giorno, Evgenia ha bisogno del farmaco Trikafta, ma può riceverlo solo dopo l’autorizzazione di una commissione speciale, che non ha avuto il tempo di essere convocata prima della condanna. “Tutti ci aspettavamo una sospensione condizionale della pena per motivi di salute…”, ha detto la sorella. Oltre al Trikafta, Evgenia necessita di altri medicinali che Alexandra acquista tra mille difficoltà.

Nel centro di detenzione preventiva n.6, Evgenia è rinchiusa in una maxi cella con altre 36 persone, in condizioni ad altissimo rischio di infezioni. Secondo Novaya Gazeta, le compagne di cella le avrebbero impedito di usare l’inalatore e minacciata per la tosse continua, anche notturna.

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Nelle lettere inviate a casa, Evgenia racconta di sentirsi debole, stanca, con difficoltà respiratorie e vertigini. Teme di morire. L’avvocato ha chiesto due volte alla direzione del centro che venisse disposta una visita medica, ma non ha mai ricevuto risposta. La famiglia ha presentato diverse denunce al Servizio Penitenziario Federale e ad altre autorità.

Il 1° ottobre, la difesa ha appreso che la commissione medica del centro di detenzione ha concluso che “non ci sono malattie gravi che impediscono la detenzione”, proprio alla vigilia dell’udienza d’appello presso il tribunale della città di Mosca.

“Ora la domanda è se vivrò o no. Ho una malattia genetica rara. L’insufficienza polmonare progredisce,”
ha dichiarato Evgenia in udienza.
“Ho 20 anni e ho molta paura che la mia vita finisca. Datemi l’opportunità di morire con la mia malattia a casa, con i miei… Con questa malattia, poche persone arrivano ai 30 anni. Capisco di essere colpevole, ma non credo che la punizione debba essere la morte.”

La difesa sta ora cercando di convincere il tribunale a riclassificare l’accusa in semplice possesso di droga senza scopo di spaccio e a convertire la pena in una misura non detentiva.
La decisione è attesa per il 16 ottobre.

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